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Vendere o riqualificare ? Una proposta per il complesso dell’ex Ospedale di Asti


di Massimo Longo.

Gli immobili di proprietà ASL, la cui prima asta di vendita è andata ovviamente deserta, sono ancora in cerca di acquirenti. Pare, infatti, che la vendita sia l’unica possibilità nell’orizzonte progettuale dell’Amministrazione comunale e soprattutto dell’Asl, che deve rientrare abbastanza in fretta da un debito contratto con la Regione. La vendita è sicuramente una delle operazioni possibili, forse una scelta quasi obbligata. Potrebbe tuttavia essere considerata anche come una resa, un’abdicazione.
Ritengo, infatti, che di fronte alla possibilità di fare qualcosa di utile e bello per la città e i suoi abitanti, un’amministrazione debba fare tutti gli sforzi economici possibili ...

Il Comune si avvia invece a indire una nuova asta al ribasso (speriamo che non si traduca in una svendita), con un prezzo base che sarà stabilito a seguito di una nuova perizia. L’ultima perizia è datata 2010: a buon senso non sembrerebbe comunque tanto tempo fa.
Del 2010 è anche la pregevole tesi di laurea di Serena Grattapaglia e Beatrice Campia, laureatasi a Torino con uno studio  proprio sul recupero dell'ex Ospedale. L'abstract della tesi è visionabile al link: http://webthesis.biblio.polito.it/1902/. La tesi stessa è consultabile presso la Biblioteca di Asti.
Prendendo spunto dalla tesi mi permetto alcune considerazioni.

La tesi, premiata anche dalla Cassa di Risparmio di Asti, si articola in parti descrittive, analitiche e progettuali. Un capitolo è dedicato all’analisi delle caratteristiche e delle criticità del territorio astigiano, che sono nel seguito raffrontate con le vocazioni funzionali del complesso dell’ex ospedale. Dal raffronto le autrici hanno evidenziato una serie di potenziali utilizzi dell’ospedale che andrebbero a soddisfare effettive esigenze territoriali.
Gli utilizzi così definiti dalle autrici sono stati poi confrontati con altri possibili impieghi, ovvero quelli previsti da uno Studio di fattibilità proposto in passato proprio dal Comune di Asti per la riqualificazione del complesso. Quindi un pensiero in questa direzione era già stato fatto.

Dal confronto fra le due proposte emergono nella tesi svariati possibili usi (integrati tra loro), degli spazi del complesso, tra cui:

-    Struttura turistico ricettiva: albergo tre stelle con 100 camere nel chiostro, il nucleo più antico del complesso. (Tale utilizzo è stato proposto in passato nella forma di Albergo Etico, credo proprio da elementi dell’attuale Giunta comunale).
-    Ristorante di alta cucina.
-    Caffè letterario.
-    Enoteca.
-    Locali commerciali vari, tra cui uno stand di vendita prodotti locali.
-    Punto d’informazioni turistiche.
-    Baby parking.
-    Sale riunioni e sale congressi.
-    Autorimessa con parcheggi privati e parcheggi a pagamento.
-    Orti in città: fazzoletti di terreno per alberi da frutto, orti e fiori, anche con valenza didattica per le scuole.

Nell’insieme, quindi, è proposta una riqualificazione aggregata, ispirata sia a logiche interne d’integrazione e interdipendenza degli spazi, sia all’apertura al quartiere, alla città, al territorio.

Tuttavia, è bene non sottacere gli aspetti economici. La riqualificazione proposta sarebbe successiva a interventi, di demolizione e di ristrutturazione, piuttosto impegnativi, i cui costi sono stimati dalle autrici in circa venticinque milioni di euro (sempre anno 2010).
È evidente che, a fronte di un tale impegno economico per la ristrutturazione del solo ex-ospedale, la base di acquisto complessiva di 31.520.680 euro per la prima asta dei tre immobili ASL fosse già un prezzo piuttosto alto per un potenziale acquirente. È ancora più evidente che un eventuale acquirente sia interessato più a un guadagno di cubatura edificabile, da utilizzare in altre aree. E, infatti, l’attuale linea d’indirizzo dell’Amministrazione comunale e dell’Asl va concretamente in tale direzione. Un indirizzo, ci sia permesso dire, che guarda più alla speculazione immobiliare che a una logica di riqualificazione dello spazio urbano.

L’area e gli edifici dell’ex ospedale sono, infatti, un “vuoto”, uno di quei tanti vuoti che si aprono nei tessuti urbani quando si procede a un’intensa zonizzazione funzionale. Nel caso in specie, la funzione dell’assistenza sanitaria e dell’ospedalizzazione è stata zonizzata in fondo a Corso Dante, parecchio in alto, lontano dalla stazione.
Ora, si tratta di scegliere se riempire quel vuoto, iniettandogli la linfa di una nuova pianificazione urbanistica pregna di senso civico, sociale, economico e ambientale, o lasciarlo tale, in parte demolendolo e in parte destinandolo a usi alieni al resto della città.
La mia idea è che si debba invece intravedere l’occasione di dare un nuovo impulso alla vita cittadina, proprio dalla riqualificazione del complesso ospedaliero di via Botallo.

Auspico quindi un intervento diretto del Comune che, vincoli di bilancio permettendo, mantenga pubblica la gestione del complesso. Il rientro dei costi di ristrutturazione sarà sul medio - lungo termine, affidando la gestione di alcune delle attività realizzate a privati, cui richiedere canoni di locazione. Diversamente, si potrebbe comunque procedere alla vendita, vincolando tuttavia il complesso di via Botallo, in tutto o in parte, agli usi precedentemente elencati. Ai quali, tuttavia, mi sento di aggiungerne altri:

1.    Spazio di co-working (come ce ne sono in molte parti d’Italia e del mondo). Uno spazio attrezzato per supportare e ospitare, a prezzi accessibili, micro attività impenditoriali di giovani e meno giovani, studi di nuove tecnologie, studi professionali (architettura, ecc.), laboratori artigianali e artistici, officine, sartorie, servizi alla persona (medicina tradizionale, medicina olistica, massaggi, trattamenti, ecc.), scuole e corsi, spazi eventi, e altro ancora.

2.    Ostello per la gioventù con servizio di ristorazione. Un servizio di ospitalità diretto ai ragazzi, italiani e stranieri, che potrebbero così fare volentieri, e a prezzi accessibili, una tappa ad Asti e dintorni. Il servizio di ospitalità e la ristorazione, improntate a criteri di sostenibilità e con uso prevalente di prodotti locali, sarebbe usufruibile anche dagli utenti dello spazio co – working e da altri ancora.

3.    Casa della salute - Sportello salute - Poliambulatorio (ad esempio come da esperienze già in essere di Medicina Democratica o di Emergency). Una struttura che, in collaborazione con le Autorità Sanitarie e Amministrative locali, offra assistenza e orientamento sanitario gratuito a chi (immigrati, indigenti, ecc.) ha accesso difficile a tali servizi.

4.    Casa accoglienza per persone con difficoltà psichiche e/o fisiche. Un progetto di nuova residenzialità con spazi privati e spazi comuni (mensa, laboratori creativi, spazi attrezzati, ecc.), facilmente accessibile e utilizzabile.

5.    Casa popolare: piccoli appartamenti per famiglie e singoli con difficoltà nell’ottenimento di una situazione abitativa adatta alle loro esigenze e possibilità (soluzione alla quale sembra sia destinato la palazzina di Via Orfanotrofio).

Complessivamente, suggerisco quindi un utilizzo creativo, innovativo, sociale, di uno spazio storicamente situato al centro della vita cittadina, facilmente raggiungibile dalla stazione.
La riappropriazione di un patrimonio comune, al di fuori da logiche speculative di qualsiasi tipo. La creazione di un luogo di lavoro e d’incontro, di assistenza e istruzione, di ospitalità e convivialità. Insomma, un bel posto.



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