di Sara Marani e Gabriele Proglio.
La domanda non è banale né inopportuna.
Molti storici, oggi, recitano il ruolo di terapeuti dell’identità nazionale e da questo pulpito rivendicano la necessità di continuare a parlare di Resistenza, di tenere duro ogni anno con le celebrazioni ufficiali del 25 aprile etc. Senza un momento fondativo e condiviso, dicono, la collettività non potrà mai davvero riconoscersi nelle sue istituzioni statali e diventare una Repubblica maggiorenne, consapevole. Spesso questa posizione nasce dal tentativo di arginare pericolosi revisionismi e qualunquismi beceri. Tuttavia riteniamo che una visione del genere sia pre-politica e insufficiente. Aprire un dibattito collettivo, anche in una piccola comunità come Alba, deve sempre essere una scelta politica: infatti riflettere insieme sull’uso pubblico della memoria della Resistenza significa anche interrogarsi sui rapporti di potere che giocano la loro partita non solo nella sfera economica, ma anche in quella culturale e nella memoria collettiva ...