Le Langhe, le comunità, le sfide del futuro

Lettera di UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani) a Carlin Petrini.

Caro Carlin, la tua analisi che le ultime due domeniche la Stampa ha pubblicato sul futuro delle Langhe – con altri interventi illustri in settimana – è di grande impatto non solo per questo pezzo di Piemonte, ma per moltissime altre aree italiane. Di pregio, destinazione turistica, prima morte e poi rinate, oggetto (o soggetto) di flussi e investimenti notevoli che le hanno cambiate. Ciascuno può dire “quale altra area” oltre la Langa. Ne abbiamo parlato spesso con Barbara Nappini che guida Slow Food e i temi che tu tratti sono anche al centro di un percorso che come Uncem facciamo con l’Organizzazione che hai creato, con l’Università di Scienze Gastronomiche, nelle manifestazioni della Chiocciola di Bra: Terra Madre, Cheese, Slow Fish e, la prossima settimana, Oltre Terra a Santa Sofia. Caro Carlin, poni temi sulla Stampa che già analizzavi negli anni Ottanta con Lido Riba e altri Politici piemontesi che ci guidano...

Riflettere di bar che non fanno più il caffé, perché vendono solo più grandi cru, oppure di migliaia di case trasformate in appartamenti per turisti “altospendenti”, di ettari di collina a quattro milioni di euro, di negozi di vicinato che non ci sono, di real estate che mangia cascine e fienili portandoli a centinaia di euro euro per notte, di tartufi bianchi che (sempre di più) arrivano da molti luoghi, di architetture affascinanti che non si intrecciano con le comunità, impone una riflessione che le Istituzioni devono fare e che forse, non tutte, stanno anche già facendo.

Pensiamo a tanti Comuni della Langa come del Chianti o delle Colline del Prosecco. Non sono certo Comuni che possono chiudersi nel loro blasone. Soli sono vuoti. Sanno, i Sindaci, che senza collaborare e lavorare di più con i Comuni vicini, sono niente. E come mille altri piccoli Comuni italiani, se non lavorano con i vicini, sono già finiti. Sanno bene che la crisi demografica sta ridefinendo anche da loro, tra i vigneti dal milione l’ettaro, la presenza di anziani e per contro di bambini e studenti. Sempre di meno, con edifici scolastici rinnovati o nuovi che rimangono vuoti. I Sindaci sanno che lavorare insieme è antidoto al municipalismo e anche alle contrapposizioni tra “paesi” (e tu opportunamente mai li chiami borghi!) per definire chi ha di più. Il lavoro insieme tocca anche Alba, Bra, Fossano, Mondovì, Asti… e i centri abitati più grandi, dove si muovono i servizi. Qui, come a Torino, c’è da ragionare profondamente sulle relazioni, dei piccoli con le Città più grandi. Curare il territorio, come chiedi, vuol dire secondo noi lavorare sugli antidoti alle sperequazioni, sulle disuguaglianze, costruendo sinergie e letture congiunte nella programmazione urbanistica e fiscale. Le imposte di soggiorno, per esempio. devono essere identiche in tutti i Comuni delle Langhe, indipendentemente dal riconoscimento Unesco o da altri fattori. Investirli per generare coesione tra comunità abitante e turisti in arrivo è decisivo per evitare nuove contrapposizioni. Ce ne sono già abbastanza.

Il bello è anche vedere cosa sta fuori. A dieci chilometri dalla Langa più irrorata di flussi economici e finanziari, ci sono aree montane dove nel giro di vent’anni i paesi saranno sempre più vuoti e dove ripensare oggi l’azione istituzionale delle Amministrazioni diventa strategico. Non ci salveremo da soli, la Langa da sola, i Comuni da soli, i turisti che arrivano negli alberghi e resort da cinque stelle in su. Hai detto tre anni fa, e noi ripetiamo con forza, che “non c’è turismo, senza la felicità degli abitanti”. Hai ragione. Mai come oggi in tanti pezzi di Alpi e di Appennini, in tanti territori rurali a vocazione vitivinicola, abbiamo colpito nel segno. Ma ci sembra che il problema delle interazioni e dei ruoli della comunità residente tutto l’anno sia totalmente sottovalutato pure dai Ministeri competenti. Guai a noi a farne loro una colpa o a creare polemica. Di certo, un lavoro più raffinato di fronte a spopolamento e abbandono dei servizi sui territori, dove invece crescono spesa dei turisti e loro notti dormite, è urgente. La crisi climatica rimette al centro nuove aree che pensavamo fossero escluse da tutto ormai da decenni. Ma dobbiamo evitare che i processi che si innestano siano analoghi a quelli di altri territori che, venti o trent’anni fa “non contavano” e che oggi invece sono diventati fulcro di attenzioni spasmodiche di facoltosi turisti di tutto il mondo. Per carità, Carlin: ogni area ha la sua storia, ma sai bene anche tu che nella Val Maira vuota di abitanti – poche migliaia di residenti in otto, dieci Comuni lungo 50 chilometri di valle alpina – 100mila presenze turistiche l’anno siano un valore, ma impegnano Istituzioni e Operatori turistici a un lavoro più avveduto e aperto. Così in altre aree. Senza più medici di base, scuole, trasporti pubblici e treni. Senza. Dove abitare costa di più.

Tre questioni ti poniamo, con grande semplicità:

1. Possiamo in tanti lavorare per consolidare servizi di rete dei Comuni e delle imprese per chi vive i territori. Per chi risiede nei Comuni delle Langhe. Questo si fa con azioni politiche, scelte legislative delle Istituzioni regionali e statali, lavoro insieme tra Enti locali, Unioni di Comuni che supportino i Comuni. Sanità territoriale e scuole delle valli si devono affrontare. Non bastano crediti d’imposta per medici e per insegnanti. Occorre agire in prospettiva.

2. Il cambiamento climatico impone di fare ricerca e formarci a nuove opportunità. Percorsi che possiamo fare con l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, con tutti gli Atenei piemontesi. Pensiamo al lavoro pder capire cosa sia la nocciola Tonda Trilobata, per i frutteti senza pesticidi, per i terrazzamenti che oggi franano, per i versanti dove l’agrivoltaico non è una soluzione, o per il futuro del Castagno, con il Centro nazionale di Castanicoltura a Cuneo, e con le Organizzazioni datoriali dell’Agricoltura per trovare strumenti che agevolino le imprese che vogliono stare, salire in montagna. Nelle Langhe si toglie (si è tolto) il bosco per far spazio a viti, ed è venuta meno – come scrivi – la biodiversità agro-forestale storica. In molte valli alpine e appenniniche, sai bene che abbiamo il problema enorme del bosco che aumenta (mentre si parla solo di piantare nuovi alberi…) e che mangia prato-pascolo, prati stabili Presidio Slow Food, abbatte superficie agricola. Chiediamo insieme al Ministero percorsi sulla ricomposizione fondiaria, favoriamo da subito la crescita delle Associazioni fondiarie che permettano di ridurre sperequazioni che nascono a pochi chilometri dalla Langa. Chiediamo alle Regioni di togliere i “titoli” del primo pilastro PAC o comunque di ripensare “l’indennità compensativa” per chi fa agricoltura in montagna. Nessuno vuole assistenzialismo o soldi per colmare “gap di sviluppo condizionati da sfavori geografici permananenti. Siamo certi che si possa cambiare e lo abbiamo scritto nel dossier per il G7 di Ortigia.

3. Poni il tema centrale, per agricoltura, silvicoltura, artigianato, tanti altri settori: chi fa che cosa. Potremo continuare nei territori a fare formaggi e a gestire boschi e greggi senza una immigrazione che si fa integrazione e che plasmi le comunità? Non possiamo. E allora, come già facciamo insieme, diciamo che oltre la demagogia sugli immigrati, c’è la concretezza delle soluzioni per attirare flussi e generare stabilità anche nelle comunità dei nostri paesi.

Le riflessioni che fai, Carlin, tolgono di mezzo ogni semplificazione (altrui) sull’overtourism. Chi ne parla a sproposito, di turismo e overtourism, non è in Langa e sulle montagne delle Alpi e Appennini, dove registriamo, oltre alla tua, tante ottime riflessioni, acute.
Lungi da noi intraprendere critiche, polemiche, contrapposizioni. Cerchiamo dialogo. E chi amministra sa quanto sia necessaria.

Ma tutta questa (tua) analisi non è sulla Langa. Non è sul turismo che spende. Non è una condanna per qualcuno. Anzi. Non è sulle imprese turistiche e sulle grandi cantine. Esisteranno sempre! e ben venga se potranno ridistribuire – come tantissime fanno e bene – ricchezza, benefici, servizi, opportunità. Siamo per la crescita e non per la decrescita ideologica e involuta. Siamo per generare comunitari passi che non lascino indietro chi è più fragile. Per i legami tra chi ha di più e chi ha meno, lavorando con efficacia per le comunità vive, attivate anche da lungimiranti politiche delle Regioni (e sono molte, prendiamo il Piemonte l’ottimo utilizzo dei fondi per la montagna, oltre alla buona impostazione del programma di sviluppo rurale, impiegando bene fondi strutturali europei) e dello Stato – con Strategia delle Aree interne, fondi per la montagna, Strategia per le Green Communities, gestioni associate tra Comuni, digitalizzazione che unisce.

Uncem è pronta a proseguire il lavoro. Perché la Langa – come mille altri distretti produttivi, aree geografiche omogenee dell’Italia e dell’Europa – è in un’ansa stretta della sua storia per chi la vive, per chi vi lavora, per chi investe e per chi produce. È nel bel mezzo di una Provincia che si deve ripensare – che si ripensa in un processo continuo generativo e inclusivo, senza polarizzazioni e senza contrasti o tifoserie da stadio – evitando corse solitarie che non fanno bene a chi arriva e a chi risiede in quelle dimensioni avvolte da tante contraddizioni. Vinciamole. Nella bellezza del NOI e della forza di un lavoro comune che parte anche dai Comuni insieme.

Con affetto e stima,

Roberto Colombero
Presidente Uncem Piemonte

Marco Bussone
Presidente nazionale Uncem

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