A cura di Slow Food/Slow Wine.
Che qualcosa di strano potesse accadere (ancora) in Langa lo avevamo purtroppo annusato. Per questo avevamo fatto qualche telefonata ai vignaioli per informarci, anche se un po’ tutti ci avevano assicurato che dopo i fatti legati al caporalato del 2015, denunciati tra i primi proprio sulle pagine del nostro sito (ricorderete la nostra inchiesta sul caporalato e il nostro articolo sul caporalato nelle vigne spiegato a mia figlia) – la situazione era migliorata...
L’impressione era che le aziende fossero in affanno, cominciando a scarseggiare la manodopera tra i filari, al punto che alcune di esse hanno scelto di uscire dal regime biologico, formalmente solo per problemi legati al clima impazzito e alla flavescenza. In seguito alla pandemia molti cittadini stranieri, in particolare macedoni e rumeni, hanno fatto ritorno ai paesi di origine, senza farsi più rivedere in Piemonte. Da non trascurare, poi, il fenomeno della concorrenza rappresentata da altre aziende tedesche e francesi, disposte a pagare di più e a offrire servizi migliori rispetto ai nostri.
La situazione che potevamo notare tra i filari, anche grazie alla nostra posizione privilegiata di unica guida “vinosa” che visita ogni anno tutte le cantine, era perciò di una scarsa presenza di lavoratori, obbligati a un surplus di straordinari, e di una sostanziale difficoltà delle cantine nel far fronte agli impegni quotidiani in vigna (tanto più in un millesimo carico di piogge).
Ma veniamo a noi e alle immagini vomitevoli fornite dalla Polizia in seguito alle indagini che hanno portato all’arresto di alcuni caporali tra Astigiano e Langa. Persone picchiate e sfruttate, frustate e percosse, un campionario che riporta il nostro territorio a situazioni inumane che speravamo fossero state debellate per sempre. E invece, un territorio di assoluta eccellenza, come quello legato alla produzione vitivinicola del basso Piemonte, viene accomunato a quelli in cui prevalgono invece coltivazioni che spuntano quotazioni da fame.
«Lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura, il caporalato, la violenza delle aggressioni come quelle segnalate dalle forze dell’ordine in questi giorni – dice Federico Varazi, vicepresidente di Slow Food Italia – non sono assolutamente giustificabili. Mai! Né laddove la produzione vitivinicola rende troppo poco, né tanto meno dove ettari di vigna spuntano prezzi spropositati come nei territori più pregiati delle Langhe. Ora, oltre che una rapidità nelle indagini e nel giudizio dei colpevoli, ci aspettiamo una levata di scudi da parte dei produttori di vino, che non devono più tollerare comportamenti di questo tipo che ledono la loro immagine, creano concorrenza sleale e ci riportano a pratiche medievali inumane e intollerabili. Chiediamo che i consorzi di tutela interessati prendano le distanze in via definitiva e irreversibile da tutte quelle cantine che verranno ritenute responsabili di questo ennesimo caso di vile sfruttamento lavorativo».
Caporalato, ci vuole una rivoluzione culturale
Negli ultimi dieci anni la viticoltura di Langa si è incredibilmente arricchita e soprattutto rinnovata, con investimenti importanti e un’attenzione maniacale nella gestione delle campagne, anche assumendo agronomi e consulenti di grido. Non ci pare che sia stato fatto molto, al contrario, per far sì che le persone che tengono in piedi la viticoltura di questo territorio, ovvero gli stranieri, siano maggiormente integrate nel tessuto economico e sociale di questo territorio. Insomma non è partita la rivoluzione culturale che tanto auspicavamo e che poteva (e doveva) ridisegnare l’intero settore.
Scuole ad hoc, servizi dedicati, educazione delle maestranze e rincongiungimenti massicci delle famiglie con inclusione maggiore dei figli e dei coniugi sono cose che non si possono più rimandare. Gli imprenditori agricoli, giunti ormai nel gotha della produzione mondiale, non si possono permettere più passi falsi ed essere considerati degli sfruttatori. Sanare una situazione così grave deve essere il punto numero uno all’ordine del giorno. Il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, che ha un nuovo Presidente al comando, Sergio Germano, dovrà farsi carico della situazione e affrontarla senza scendere a compromessi. La formazione delle maestranze e la loro professionalizzazione, con corsi e incentivi per raggiungere una sempre maggiore specializzazione (pensiamo a scuole di potatura, di trattoristi, o con maggiori nozioni in campo agronomico), è un passaggio obbligato.
Noi appassionati di vino abbiamo poi una responsabilità non di poco conto. Dobbiamo cominciare a valorizzare, al pari della bontà del prodotto e della sua sostenibilità, anche l’eticità delle cantine, premiando quelle che creano progetti sociali, offrono case ai dipendenti, incentivano l’assunzione degli stessi. La trasparenza in questo campo deve diventare un pilastro su cui fondare la viticoltura di Langa dei prossimi vent’anni.
Continuare a minimizzare e a dire che si tratta di poche mele marce non fa bene a nessuno. In primis ai vignaioli seri e capaci.