di Franco Negro.
Avevo letto da piccolo il Moby-Dick, un’edizione tradotta e forse ridotta, chissà da chi (era un’edizione per ragazzi) e non ne fui particolarmente attratto. Già grande ma ancora studente mi appassionai a Cesare Pavese e cominciai leggendo le poesie e poi i libri...
Alcuni li lessi d’un sol fiato altri impiegai parecchio tempo - altri li lasciai a metà - l’entusiasmo a tutto tondo per l’autore si raffreddò. Un giorno vidi in una libreria, allora abitavo a Torino, il Moby Dick, era una copertina azzurro scuro, e campeggiava sulla fascetta “Traduzione di Cesare Pavese”, entrai sfogliai l’edizione e ne apprezzai le note, l’introduzione e varie altre cose. Mi convinsi dell’acquisto e ne uscii soddisfatto.
Non sono sicuro che Melville abbia voluto esprimersi proprio come tradusse Pavese ma certamente quel Moby Dick non aveva niente a che vedere con quello che lessi da adolescente.
Ora ne uscirà un’altra versione tradotta da Ottavio Fatica che leggerò.
Leggerò per capire cosa ci mise di suo Pavese (conoscessi l’inglese leggerei l’originale di Pavese perché credo sia il modo migliore per capire) certo è che ne rimasi affascinato così tanto da ritenerlo scritto proprio da Pavese: errori di gioventù.
A distanza di anni m’interrogai su cosa mi aveva rapito del libro e tra tutte le spiegazioni stilistiche di Melville, il personaggio che mi “tormentava” era il capitano Achab. I libri che parlano dell’epopea marinaresca di quei tempi mi hanno sempre affascinato e ne ho sempre letto volentieri ma dei personaggi di quei libri quello che mi colpiva rispetto alla vita attuale figlia dei nostri tempi era che chi si imbarcava, scommetteva puntando tutto su quel tavolo, come se non ci fosse un domani a terra. Chi si imbarcava sapeva a cosa andava incontro e la disinvoltura con la quale mettevano in gioco la loro vita è quello che ci attrae. Ma non basta.
Achab, per me ateo per bisogno, vedeva, e io con lui, il travestimento di una divinità, la balena bianca come forza malefica: come Dio provasse piacere a farci soffrire ma Achab in modo blasfemo lo vuole far fuori assolutamente; è un finale bestemmia dove si capisce chi avrà la meglio ma non si vede. Un finale tra venti terribili e ondate che si scagliano dappertutto.