Martedì 9 aprile il Consiglio comunale di Asti si è riunito in Seduta Aperta per ospitare le riflessioni di molti rappresentanti civici sui progetti per il Collegamento Asti Sud-Ovest (C.A.S.O.). Vi proponiamo l'intervento di Daniele Allara a nome del Movimento Stop al Consumo di Territorio/Forum Salviamo il Paesaggio e della Rete Asti Cambia che propone una rilettura complessiva delle ipotesi formulate dall'ANAS: partire dai veri bisogni della città a prescindere dai fondi stanziati...
Questo il testo integrale dell'intervento, anche consegnato come memoria scritta all'attenzione dell'intero Consiglio comunale, diametralmente opposto rispetto alle posizioni espresse - ad esempio - dall'Unione Industriale di Asti.
Vi ringrazio innanzitutto per l’invito, che ci consente di esprimere alcune valutazioni sul progetto del collegamento Sud/Ovest a nome del Movimento Stop al Consumo di Territorio Astigiano/Forum Salviamo il Paesaggio e dell’intera Rete di Asti Cambia.
Ci sono alcuni aspetti su cui crediamo sia necessaria una riflessione attenta a prescindere dal fatto che in questo momento la città disponga di cinque ipotesi progettuali elaborate dall’ANAS e un rilevante finanziamento da parte del CIPES; ci riferiamo ai vantaggi – ambientali e sociali – di cui necessita Asti. In particolare ne evidenziamo due che, ripetiamo, riteniamo occorra valutare con estrema obiettività.
Il primo riguarda il rapporto delicatissimo tra mobilità e salute, cioè la situazione connessa all’emergenziale condizione dell’inquinamento atmosferico urbano.
Il secondo, peraltro non scollegato, concerne la funzione del suolo naturale per il benessere ecosistemico e umano.
Potrebbe apparire come una riflessione teorica, ma a nostro parere si tratta, invece, del punto di partenza di un corretto approccio al problema; sarebbe erroneo ridurre la questione al semplice dilemma su quale strada sia meglio realizzare, senza porci il quesito superiore: quali sono le vere criticità su cui agire?
Sentiamo dire che Asti ha bisogno di “spostare” parte del traffico veicolare privato verso le periferie.
Perché?
Vogliamo dire che il traffico urbano è oggi così congestionato da paragonarci alle insidie di una metropoli?
E su quali dati basiamo questa affermazione? Conosciamo i dati sul traffico odierno, ovvero quante auto/ora transitino in ingresso e quante di queste non si dirigano dalla periferia alla città ma da un lato al suo opposto?
Se questi dati sono noti, che vengano allora resi pubblici per tutte le opportune valutazioni di tecnici e semplici cittadini…
Noi oggi sappiamo con certezza solo che Asti è uno dei capoluoghi di provincia dell’Italia intera afflitto dal più alto tasso di rischio sanitario collegato al grave fenomeno dell’inquinamento dell’aria, di cui le emissioni veicolari rappresentano uno dei fattori più rilevanti.
Poichè “prevenire è meglio che curare”, un obiettivo primario dovrebbe essere quello di ridurre le emissioni e non di spostarle di pochi metri o chilometri grazie ad una nuova via tangenziale che non toglierebbe neppure un’auto (e le sue emissioni) dalle strade ma, semplicemente, le porterebbe “un po’ più in là”, senza incidere sul vero problema.
Capovolgendo quindi la riflessione progettuale, e potendo riflettere su precisi dati rilevati, a nostro avviso la questione andrebbe analizzata attraverso un differente approccio: quali azioni/strategie possiamo e dobbiamo mettere in campo per ridurre drasticamente l’ingresso di mezzi privati in città (che rappresenta, secondo noi, il vero problema) e per stimolare una mobilità non urbana su trasporto pubblico?
Qui i 104 milioni del CIPES, che si aggiungono ai 40 milioni di euro già stanziati nel 2022, ci farebbero molto comodo per ipotizzare risposte ben diverse dal collegamento sud/ovest: metropolitana leggera sfruttando le linee ferroviarie già riattivate, riprogrammazione di una rete capillare del Trasporto Pubblico Locale, nuova definizione delle linee urbane, piste ciclabili a rete, servizi di mobilità collettiva e soprattutto un piano strategico di sensibilizzazione, comunicazione ed educazione rivolto alla cittadinanza, capace di stimolare un vero cambiamento nelle nostre abitudini in tema di mobilità.
Ricordiamo che i trasporti generano un quarto delle emissioni di gas a effetto serra e il 70% di esse sono causate dall'auto privata. Dato che ha indotto l'Unione Europea ad emanare una Strategia che ha l'obiettivo, entro il 2030, di ridurre le sue emissioni nette di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990. Per contribuire all'obiettivo, il settore dei trasporti deve subire una trasformazione che richiederà una riduzione del 90% delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2050, con step progressivi a cui gli Stati membri sono obbligati.
Una nuova tangenziale risponde a questi obiettivi?
Il secondo aspetto che vogliamo richiamarVi questa sera riguarda il consumo di suolo. Anche in questo caso occorre ricordare che è in discussione una Proposta di Direttiva Europea sul suolo che indica con chiarezza che “il consumo di suolo arreca un danno permanente all’ambiente”.
A livello nazionale il Piano per la transizione ecologica (PTE), trasmesso dall'Italia all’Unione Europea, ha fissato l’obiettivo di giungere a un consumo netto pari a zero entro il 2030, allineandosi alla data fissata dall’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile.
Non sono dati trascurabili: significa che l’Unione Europea intende tutelare il suolo naturale e che anche l’Italia si è impegnata a fare la sua parte.
E Asti no?
Per essere ancora più chiari: tutte e cinque le ipotesi progettuali definite dall’ANAS prevedono impatti molto rilevanti sul suolo naturale esistente, sia in termini di impermeabilizzazione perenne e sia sotto il profilo dei prevedibili numerosi cantieri temporanei.
Il collegamento sud/ovest andrà a devastare prati, colline, coltivi, intere aziende agricole, paesaggio. Una situazione che confligge pesantemente con gli orientamenti indicati dall’Unione Europea e che fatichiamo a ritenere come un’opera indispensabile tale da giustificare una deroga dagli impegni assunti dal nostro Paese.
Vi ricordiamo che la perdita di suolo genera un "danno" non soltanto sotto il facilmente intuibile profilo ambientale, ma anche sotto quello economico-finanziario: un aspetto, purtroppo, poco valutato dalle nostre amministrazioni. Il suolo è uno "strumento" essenziale per contrastare il cambiamento climatico e fornisce molteplici preziosi servizi ecosistemici, in particolare: stoccaggio e sequestro di carbonio, qualità degli habitat, produzione agricola, produzione di legname, impollinazione, regolazione del microclima, rimozione di particolato e ozono, protezione dall’erosione, regolazione del regime idrologico, disponibilità di acqua, purificazione dell’acqua.
La perdita di suolo, cioè la sua impermeabilizzazione, rappresenta dunque un costo anche in volgare moneta: l’Istituto Superiore di Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA), Ente scientifico dello Stato, lo ha calcolato pari a 88 mila euro per ogni ettaro di suolo consumato. Suolo che perde tutte le sue funzioni, vitali per l’essere umano.
Oggi dovremmo preoccuparci di aggiungere suolo e spazi verdi naturali, non certamente eliminarli. Tanto meno per progetti che non offrono altri contributi utili al benessere di una comunità.
Per questi motivi, qui appena accennati per ovvie esigenze di orario, vogliamo esprimere a tutta la cittadinanza - e, ovviamente, all’intero consiglio comunale - l’invito accorato a voler riflettere con cautela e provvedere ad ulteriori approfondimenti non sulle singole ipotesi prospettate da ANAS ma sui reali bisogni della città e su soluzioni alternative che, se basate su strategie di medio/lungo termine, sono alla nostra portata.
Se, naturalmente, lo vogliamo.
Restiamo a Vostra disposizione per ogni ulteriore opportuno approfondimento e Vi ringraziamo per l’attenzione.