Emergenza sociale? Non servono solo azioni di riduzione del danno!

A cura del Comitato Asti Est.

"La Stampa" di sabato 9 agosto raccoglie, in due pagine, l’orientamento dei nuovi eletti in Consiglio Comunale sul tema dell’emergenza casa. Una sorta di presentazione della nuova Assessora alle politiche sociali, la signora Zollo, nonché dei suoi più sperimentati sponsor, il signor Verrua e la signora Cotto. Quest’ultima dà il tono alla musica del nuovo governo cittadino, nonché alla composizione delle due pagine del giornale. La narrazione dell’ex Assessora non si discosta di una virgola dalle innumerevoli precedenti. Potremmo dire che attraversa, sempre uguale, intere fasi storiche e cicli geologici. Dalla crisi del 2008 dei subprime alla presente crisi sociale, passando dall’olocene all’antropocene, preciserebbe Mercalli...

Così, come si legge nella intervista, la “casa delle donne e dei bambini”, viene riaccreditata come una delle risposte all’emergenza di “casa e povertà”. In realtà, come già abbiamo detto in altre occasioni, si tratta di un provvedimento che procede per separazioni e disciplinamenti: donne e bambini da una parte e uomini in improbabili dormitori, autorizzati ad incontrare i loro familiari solo in certe ore del giorno. Se ne dovrebbe dedurre che la proprietà privata è sacra, la famiglia no.  

Dunque è dal 2008 che la crisi sociale si aggrava, in un contesto nazionale che ne mette drammaticamente in luce le dinamiche sociali e culturali. C’è stata, tra il 2021 e il 2022, una esplosione senza precedenti delle disuguaglianze e delle povertà, documentata dall’Istat appena qualche giorno fa. Così, pure, sono decenni che i bandi per le case popolari non danno il via a delle assegnazioni ma a delle scommesse: scommesse sulla modestia del reddito, sulla composizione del nucleo famigliare e, con un definitivo distacco dai valori costituzionali e dalle norme della legge 3/2010, anche sulla differenza etnica.

Una emergenza senza fine, tenuta sotto controllo per decenni facendo funzionare come dispositivi di assoggettamento i bandi, le graduatorie, le “azioni di riduzione del danno”, nonché la filantropia della “banca del dono” e della “mensa sociale”.
Nel corso di questi decenni, il diritto all’abitare è stato consegnato alla retorica, cioè sottratto ad una pratica sociale conseguente insieme agli articoli della Costituzione che gli facevano da sottostante, vale a dire l’art. 2 (che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia come individuo associato), l’art. 3  (che impone alla Repubblica la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini), l’art. 42 (che assicura la funzione sociale della proprietà pubblica e privata). Un costituzionalismo che l’attuale Papa richiama nei punti 116 e 117 della enciclica Fratelli tutti, sviluppandone le norme nel segno dei beni comuni e della uguaglianza di fatto.

A conferma di quanto detto, la annunciata riapertura del cantiere di via Ungaretti prevede un drastico ridimensionamento degli alloggi di Erp del progetto originario a favore dell’edilizia convenzionata. Una risposta di mercato al bisogno abitativo di un ceto medio in gran parte impoverito. Ci pare evidente l’intenzione di decimare, nel senso proprio del termine, le centinaia di aspiranti assegnatari della graduatoria Atc.

Analogamente si procede con il progetto della Zona Enofila, in cui la già programmata riqualificazione energetica degli edifici non cancella i confini della povertà, dell’esclusione sociale, delle varie fragilità che lì vengono confinate. Da novecentesco welfare della fabbrica storica a ghetto. Questa è la trasformazione che è avvenuta lì e che nessuno degli intervistati disconferma.

Ma le immagini che corredano le due pagine evocano manifestazioni per il diritto all’abitare, svoltesi in più luoghi della città nel 2010. Più precisamente in Piazza. S. Secondo e nella casa (di proprietà del demanio) di via Allende, allora sottratta all’abbandono con l’occupazione da parte di un collettivo di famiglie. Tali immagini rimandano ad una fase storica ormai consumata ed evocano i suoi protagonisti: un’associazione - il Coordinamento Asti Est - e diversi collettivi di famiglie sfrattate e senza alternativa abitativa. Protagonisti condotti alla sconfitta con processi, delegittimazioni e azioni repressive sistematiche.

Anche i poteri politici e amministrativi non sono rimasti gli stessi. Dal 2010 sono passati ben 12 anni; però quelli nuovi, il Sindaco Rasero e i suoi assessori, esattamente come quelli di allora, si tengono lontani da ogni pratica sociale partecipativa, accompagnando/favorendo/legittimando a colpi di varianti del PRG, i flussi del capitale finanziario. Vale a dire Whirlpool e Poltrone Sofà a gogò, con le annesse cessioni di sovranità cittadina e di territorio.

Il Coordinamento Asti-Est che di quella fase, con centinaia di famiglie sfrattate e sotto sfratto, è stato uno dei protagonisti, è oggi una componente della cittadinanza attiva di Asti. In questo ruolo non ripropone se stesso ma si riconosce in quell’insieme di pratiche sociali che portano in sé l’annuncio e la speranza di una società liberata dal dominio della merce, composta da individui cooperanti e solidali. “Dalla società del profitto alla società della cura”, c’è scritto infatti nel logo dell’Associazione. Non ci facciamo arruolare come “risorsa” delle politiche di “riduzione del danno”. Pur non sottraendoci al confronto e alla discussione, restiamo fedeli al nostro atto costitutivo, ci consideriamo risorsa di una buona politica sociale e di una non astratta cultura dei diritti.

Il Prefetto e il Viceprefetto, qualche giorno fa, ne hanno preso atto. Una sintesi del nostro orientamento, lo stesso che anima centinaia di iniziative sul tema dell’emergenza casa su tutto il territorio nazionale, è rimasta sul suo tavolo.  Abbiamo sollecitato ovviamente la costituzione di una “cabina di regia” per l'esecuzione degli sgomberi e degli sfratti, con le graduazioni e le azioni supplementari necessarie per garantire “il passaggio da casa a casa”. Come è noto, a partire dal 1° luglio sono riprese le esecuzioni degli sfratti, in applicazione delle sentenze emesse fino al 29 febbraio 2020.
Inoltre, per le sentenze emesse oltre quella data, le esecuzioni sono riprese con le scadenze del 30 settembre 2021 e del 31 dicembre 2021.

Ma quelle immagini riportate da ‘La Stampa’ mostrano, forse involontariamente, una percezione del tempo non cronologica. E’ quella di Salvador Dalì, con gli orologi che si liquefanno, quella di Ernst Bloch quando argomenta che la storia “non è un catalogo e neppure una fila indiana”. La storia può conservare le tracce di un futuro possibile. Dalle sue macerie, può sorgere inaspettatamente una esperienza “con i colori dell’alba di un nuovo giorno” (Ernst Bloch “Filosofia del Rinascimento"). Quel genere di esperienza descritta da John Reed ne “I dieci giorni che sconvolsero il mondo”. Oppure quella libertaria e autogestionaria della Comune di Parigi, analizzata con straordinario acume intellettuale da Carlo Marx (Karl Marx “La guerra civile in Francia 1870-71”).

Siamo sicuri che anche nel capitalismo delle piattaforme, dei flussi del capitale finanziario, sia possibile cogliere le tracce di un futuro possibile. Nella tecnologia degli algoritmi e delle identità digitali, nella cooperazione che implica l’uso delle “piattaforme. E’ dentro quel capitalismo, dentro le sue attuali opacità, dentro le disuguaglianze che ha  moltiplicato con la pandemia e la guerra, che ci ostiniamo, con la nostra narrazione e i nostri legami sociali, a cercare le tracce di un futuro possibile. Accompagnati dallo sguardo utopico di Ernst Bloch e dall’acume intellettuale di Carlo Marx, dalla stima e dall’affetto delle persone con le quali ci siamo accompagnati e che ci accompagnano.

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