A cura di CPIA 1 Asti.
E’ capitato a molti di dover rivoluzionare il proprio lavoro, a tutti di rivoluzionare la propria vita, ma iniziare una nuova esperienza di volontariato quale il Servizio Civile Universale e dopo un giorno trovarsi immersi in una pandemia e in una realtà nuova è una situazione difficile...
E’ ciò che è capitato alle tre volontarie del servizio civile universale Ana, Irene e Susanna del CPIA. Perché ve lo raccontiamo? Perché è uno di quei piccoli miracoli che sono avvenuti in questo periodo triste per il nostro paese e loro hanno saputo trasformare uno stress, una crisi come quello del lockdown in un'opportunità.
Venerdì 20 febbraio erano entrate in servizio, alcune ore di formazione, un tour veloce nelle classi, mille spiegazioni da parte del Dirigente Davide Bosso e del suo staff di come funziona il CPIA: un mondo complesso in cui per muoverti hai bisogno di tempo. Si poteva intuire dai primi istanti la bravura delle “Civiline”, ma partivano però con un gap: “Hanno dovuto affrontare subito uno scoglio: dimostrare di essere brave almeno quanto i volontari precedenti: Lucia, Emanuel e Valeria” dice la Prof.ssa Piera Medico. In quel weekend, ci sarebbe stato il ponte di Carnevale e i nuovi volontari fremevano per iniziare, ma si ha il primo stop della scuola e della didattica.. Si compensa con un po’ di formazione, discussioni di film sull'educazione e sulle migrazioni, lettura di articoli, ma essere sul campo è un'altra cosa.
Mentre la scuola subisce il primo scossone e ciò provoca smarrimento, le tre volontarie iniziano a capire con i professori come essere di aiuto, la scuola si reinventa e loro pure. Da lì a poco il lockdown metterà una pietra tombale su ogni possibilità di didattica in presenza, sembra un ostacolo insormontabile riuscire a impiegarle, ma non per loro. Non ci si potrà più incontrare in presenza. Volontarie e studenti, insegnanti e volontarie e neppure le volontarie si sono potranno più incontrare tra loro. Tutta la formazione si basava sull’incontro, la prossimità come poter dare il supporto ai docenti e agli studenti senza essere in presenza? Piano piano col supporto di insegnanti e di una storica figura dell’informatica astigiana Elio Montagna, le volontarie hanno iniziato a riformulare il loro impegno. il ponte tra culture, l’impegno antidispersione viaggia attraverso connessioni, piattaforme, messaggi,la rete, i bit, chat, telefonate e tanto cuore: il loro. “Le nuove volontarie all'inizio le ho viste un solo giorno, poi tutto è precipitato e ho cominciato a parlare con loro attraverso uno schermo. Piano piano, con timore, ho cominciato a scartare il mio regalo e quello che ho trovato è stato sorprendente, piacevolmente sorprendente. Mi hanno colpito per la loro intraprendenza, il loro entusiasmo e la grande disponibilità.” ci racconta Laura Basso, maestra.
L’altro tema è come tenere ancorati ai percorsi studenti con difficoltà linguistica e gap informatici, gli insegnanti si inventano di tutto e le “civiline” gettano il cuore oltre l’ostacolo.
Non perdono un’ora di servizio, durante la possibile sospensione del servizio, chiedono di rimanere in servizio e si adoperano più di ciò che gli viene chiesto. Conoscono gli insegnanti attraverso uno schermo, supportano la costruzione del sito di didattica a distanza, usano varie piattaforme di istruzione , diventano un riferimento per gli studenti delle medie, per gli studenti che imparano l’italiano, per la realizzazione di materiale didattico, per i comunicati stampa e gli eventi culturali in streaming. Imparano a conoscere il mondo colorato e eterogeneo del CPIA attraverso lo schermo. La cosa più difficile era organizzare i gruppi di studio, come si potevano fare a distanza, senza una relazione tra volontari e studenti?
”E’ scattato qualcosa in loro, che già avevano nel cuore, quella che si chiama resilienza” dice il loro OLP Mario Malandrone.
La loro intraprendenza le ha portate fin da subito a fare un appello a studiare insieme rivolto agli studenti. All’inizio era impensabile ciò che è avvenuto. Gli studenti che intercettano si collegano, instaurano un rapporto, rimangono agganciati alla scuola. Nonostante le distanze gli obiettivi di coinvolgimento del progetto sono raggiunti.
Floriana Basso, storica maestra astigiana, che lascerà il CPIA perché andrà in pensione a fine anno racconta: “Le ho viste il primo giorno durante una mia lezione in alfa e ovviamente, erano spaesate e confuse tra i miei allievi di varia età, cultura che entravano ed uscivano dalla classe.Poi è arrivata la pandemia, la chiusura della scuola e tutti noi abbiamo dovuto reinventarci. Abbiamo iniziato ad incontrarci in Meet, da subito quegli incontri sono stati per me una sferzata di energia, un modo per non scoraggiarmi nel mio isolamento personale e per continuare a lavorare con i miei più di 300 allievi , spaesati e confusi quanto me. Si è creato da subito un rapporto fatto di condivisione , di risate , di domande....Per me è periodo particolare, fine di 44 anni passati nella scuola , in questo anno scolastico, diverso da tutti gli altri è stato come passare a loro il testimone della mia esperienza nel mondo della scuola.”
Questo testimone è idealmente passato alle tre volontarie, che distanti si son fatte vicine agli studenti, hanno saputo organizzarsi le giornate tra studio e volontariato, aiutare gli studenti a fare i compiti, a studiare, conversare, a fare curriculum e poi in prossimità dell’esame sostenerli per l’elaborato finale, discuterne con loro, suggerire come impostarlo. Giusi, una studentessa “speciale” che a 63 anni ha preso la licenza media, parlando di una volontaria riassume perfettamente questo autentico miracolo che hanno fatto Ana, Irene e Susanna: “Sono ragazze stupende, a me hanno aiutato moltissimo. La volontaria che avevo con me è stata paziente, mi aiutava a capire. Poi è nata un’amicizia vera, ci siamo affezionati l'un l'altra. Mi chiama per sapere come sto. Ora non è solo una volontaria, è un’amica”.
Quasi dopo quattro mesi Ana, Irene e Susanna si sono incontrate nella galleria del CPIA, unite dal lavoro svolto insieme, da un’amicizia a distanza, con le loro mascherine colorate, distanti quanto basta e unite da questo piccolo miracolo di resilienza che è stato il loro impegno con gli studenti e che ora riprenderà sul campo a scuola, anche se la scuola quella vera ancora non c’è.