di Gianfranco Monaca.
Attorno al 1980 Paolo De Benedetti mi aveva proposto di illustrare – a titolo di amicizia – alcuni racconti destinati alla pubblicazione di una rivistina per i bambini delle comunità ebraiche in Italia intitolata “Per noi” ...
Onorato della proposta, ho assicurato la mia collaborazione, che si è realizzata per diversi numeri. Nel settembre del 1982 il mondo seppe del massacro in cui furono trucidate oltre tremila persone inermi nel campo profughi di Sabra e Chatyla (Libano) dalle milizie cristiano-falangiste con la collaborazione dell'esercito israeliano comandato da Ariel Sharon, e mi parve moralmente doveroso esprimere alla direzione di “Per noi” la mia indignazione per il coinvolgimento dell'esercito israeliano in questo crimine, assicurando comunque la prosecuzione della mia collaborazione con la rivista destinata ai bambini delle scuole ebraiche in Italia.
Ricevetti una risposta piuttosto polemica e mi preparavo a controbattere.
Paolo, condividendo il mio disagio (e lo condivideva anche Amos Luzzatto che, al tempo, abitava e lavorava ad Asti come primario di chirurgia dell'ospedale civile) mi propose di “considerare come non partite” la mia lettera e la risposta dell'editore.
Però non ricevetti più i testi dei racconti da illustrare.
Fu questa l'occasione in cui capii concretamente l'insegnamento di Paolo De Benedetti, che ci aveva sempre spiegato l'importanza di distinguere tra ebraismo, ebraicitità, sionismo e politica della stato di Israele.
Un'altra lezione di vita me la impartì quando mi disse che ad Asti la portineria del cimitero israelitico di Via Lamarmora era stata affidata a un musulmano.
Un maestro così, che non si limita a parlare di dialogo, ma lo testimonia con la vita, merita tutta la nostra più sincera riconoscenza, e non può fare di più.
Perchè c'è differenza tra insegnare una lingua straniera (o la storia) e insegnare la civiltà.
Lui diceva che le due cose sono vicinissime ma lontanissime, come le due facce di uno stesso foglio di carta.