L'intervento di Alessandro Mortarino (Forum Salviamo il Paesaggio) al convegno "Il giardino della salute: il verde che cura" (Asti, 6 ottobre scorso).
Nella prima metà del Novecento, il secolo scorso, la principale causa di decesso nel nostro Paese derivava direttamente dalla denutrizione o malnutrizione e da malattie infettive e parassitarie ad esse collegate ...
Oggi, a fronte di una situazione demografica molto mutata - con una popolazione più che raddoppiata e aspettative di vita profondamente superiori - possiamo affermare che la «pancia» degli italiani sia ora piena e che si muoia principalmente per malattie ischemiche del cuore, malattie cerebrovascolari e altre malattie del cuore (rappresentative del 29,5% di tutti i decessi); per tumori della trachea, dei bronchi e dei polmoni; per demenza e Alzheimer.
L'alimentazione continua ad essere elemento importante per la salute delle persone, ma è evidente che ci stiamo confrontando con un altro aspetto divenuto, nel tempo, egemone: l'ambiente in cui viviamo.
Il tasso standardizzato di mortalità complessiva attuale è di 85,3 individui per 10 mila residenti.
Un dato emerge su tutti: in Italia, ogni anno, muoiono prematuramente per inquinamento dell’aria ben 87.000 persone su circa 600.000: il 15 % circa dei decessi è dunque causato da una situazione che la razza umana stessa ha creato nel corso degli ultimi 200 anni di «rivoluzione industriale» e che deriva direttamente dall'effetto delle sue scelte.
Siamo nel mezzo di una nuova era, che i geologi hanno battezzato come «Antropocene» per indicare il ruolo essenziale che l'impronta umana ha impresso nel cambiamento del nostro equilibrio sul Pianeta e di cui potremmo stabilire una data d'origine: il 16 luglio 1945, quando negli Stati Uniti fu condotto il primo test nucleare. Esattamente in quel momento l’uomo ha segnato il suo pianeta con un fenomeno artificiale che sta lasciando tracce indelebili su scale millenarie e oggi continua a proseguire in modo indiscriminato.
E senza più attenuanti, dato che, grazie alle rilevazioni della scienza, l'uomo è oggi perfettamente consapevole di ciò che sta facendo, all'ambiente e a sé stesso.
Cambiamento climatico, deforestazioni, perdita della biodiversità, impoverimento della fertilità dei terreni, crescita esponenziale dell'impermeabilizzazione del suolo, produzione di rifiuti non assorbibili, depauperamento delle principali risorse idriche sono alcuni dei principali fattori di questa presenza devastante dell'uomo moderno in un Pianeta in evidente difficoltà.
Noi tutti siamo cresciuti all'ombra di uno slogan «prevenire è meglio che curare»: era il messaggio forte di una campagna pubblicitaria di un noto dentifricio e, nel tempo, è divenuto un motto di sana pratica.
Peccato che troppo spesso la prevenzione si sia trasformata nel consiglio di sottoporsi periodicamente a check up per ispezionare per tempo il proprio corpo e l'insorgenza di possibili malattie anziché entrare nel profondo delle situazioni che determinano quel «guaio».
Pare quasi che ci si accontenti di registrare un problema, il più in fretta possibile, e non di allontanare la fonte che lo determina.
Perchè ?
Ritengo che questo derivi dalla separazione che l'homo sapiens (o, meglio, l'homo oeconomicus ....) ha voluto demarcare tra il proprio nucleo esistenziale e la Natura, l'Ambiente, il Pianeta nella sua interezza.
Molti studi ci dicono che le forme naturali e i paesaggi-luoghi in genere, producono benefici importanti sulla psiche umana. Gli studi del sociologo Peter Groenewegen dell’Università di Utrecht, per esempio, hanno evidenziato che la sola esposizione alla Natura tende ad aumentare la sensazione di benessere psicofisico e che l’esercizio fisico svolto in ambiente naturale fornisce migliori risultati di quello svolto in luoghi artificiali.
Esiste dunque un preciso legame che unisce Psiche e Natura (e in particolare identità e paesaggio), perfettamente descritto dalla psicologia animistica: il mondo interiore e il mondo esteriore si fondono sapientemente tra loro, poggiando su una cultura millenaria tramandata da generazione in generazione e imperniata sul recupero e l’approfondimento del rapporto con l’inconscio tramite la sua proiezione/percezione nella Natura.
Questo implica una particolare forma di dilatazione dell’ego e un rapporto più forte con la Natura stessa e i suoi luoghi. Sentirsi parte di un paesaggio, dipende proprio dalla buona riuscita di una simile esperienza di dilatazione: l’Io si immerge nell’inconscio, percependo le proprie radici e cogliendo il senso della sua esistenza.
La psiche (termine, va ricordato, con cui gli antichi greci definivano l' «anima» cioè il «respiro vitale») rappresenta la via per accedere alla spiritualità, mentre l’inconscio agisce in maniera animistica; purtroppo l'uomo moderno ha perduto questa naturale forma di rapporto esistenziale e si è ridotto a reprimere costantemente l'inconscio animistico, finendo per non più riuscire a comprendere i moti dell’anima stessa.
Natura e anima sono strettamente collegate e noi finiamo per perdere il concetto della sacralità dei luoghi della natura, senza renderci conto che così perdiamo anche la nostra energia vitale.
La natura, quando viene rovinata, cessa di farci da specchio e la nostra identità profonda va in frantumi.
Anche la cura di una malattia, dunque, può trarre benefici innegabili se le condizioni dei degenti ricollegano il paziente e i suoi famigliari all'ancestrale relazione con la Natura.
Una piazza, una chiesa, un giardino ma anche degrado, sporcizia e cementificazione selvaggia, possono cambiare il carattere e la psiche di una persona. E' il rapporto che intercorre tra quella che gli psicologi chiamano «self identity» e «place identity», identità individuale e identità del luogo. Vivere nelle colline del Barolo o nelle banlieu di Parigi, non è la stessa cosa. La morfologia del luogo, i suoi spazi, i suoi suoni e i suoi colori (ma, anche, i suoi silenzi e i suoi non colori) hanno un peso significativo sull'identità delle persone che lo abitano, sul loro comportamento e sul loro benessere psico-fisico.
In risposta a tali stimoli si genera infatti quella che viene definita come «un'organizzazione sincrona» e un aumento di connessione tra diverse aree dell'encefalo, potenzialmente capaci di generare un aumento della socialità.
Per contro, a stimoli ambientali stressanti (traffico, affollamento, alte densità) o ipostimolanti (monotonia, grigiore), corrispondono indesiderabili attivazioni di aree connesse all'allarme, alla chiusura, alla risposta aggressiva.
Negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in molti altri Paesi, medici e scienziati - a cominciare dal prestigioso ricercatore Roger Ulrich - hanno trascorso decenni nel condurre studi per capire quanto significativamente la natura riesca ad influenzare il corpo e la mente, tanto da favorire i processi di guarigione.
I risultati?
A dir poco sorprendenti: è stato accertato che, a parità di altri fattori, i pazienti che durante la loro degenza possono godere di una camera affacciata su un giardino o su un parco guariscono più in fretta, assumono una quantità inferiore di antidolorifici e presentano meno complicazioni rispetto a chi, invece, passa la sua convalescenza in una camera orientata verso un muro di mattoni.
Una passeggiata di un paio d’ore in un bosco può aumentare addirittura la quantità di globuli bianchi nel sangue, contribuendo all’efficienza del sistema immunitario.
Uno studio americano su pazienti infartuati dimostra che chi possiede un cane ha una probabilità di sopravvivenza - a un anno dall’infarto - sei volte maggiore rispetto ad altri soggetti nelle stesse condizioni.
Ai giardini terapeutici sono oggi pienamente riconosciute, anche dalle più importanti riviste medico-scientifiche, le capacità di ridurre e attenuare le sindromi di deficit dell’attenzione e dell’iperattività (ottimo, quindi, per i bambini); sollevare l’umore e calmare lo stato d’animo nei casi di depressione; supportare e aiutare nella malattia di Alzheimer o di altre malattie senili e degenerative; controllare i sintomi del diabete e regolare sindromi legate al cibo; rilassare, calmare e migliorare il sistema immunitario; migliorare le condizioni di lavoro del personale medico e paramedico dell’ospedale (con una minore incidenza del burnout); diminuire l’uso dei medicinali; accelerare i tempi di guarigione soprattutto a seguito di interventi operatori o episodi legati ad eventi traumatici.
Un giardino terapeutico si basa principalmente sulla presenza di piante: le specie vanno scelte in modo da ricreare un’atmosfera di quiete e armonia che stimola al tempo stesso le sensazioni e la creatività, anche attraverso attività dirette come il giardinaggio e l’orticoltura. Generalmente è bene prediligere piante comuni, già conosciute, che possano allenare la memoria del paziente, integrate con aiuole dalle caratteristiche olfattive (come le aromatiche o le specie dalla fioritura profumata) e tattile, che regalano sensazioni diverse grazie, ad esempio, alla trama del fogliame. E’ necessario però evitare piante che presentano spine o foglie pungenti, per ridurre al minimo il rischio che un paziente particolarmente fragile possa ferirsi.
Importanti anche gli abbinamenti tra i colori, basandosi sugli effetti psicologici che offre la cromoterapia: i colori caldi evocano sensazioni di vivacità, mentre quelli freddi invitano al relax e alla calma. La scelta varietale non si limita alle sole specie ornamentali, ma può includere anche specie orticole e fruttifere.
Anche il design del giardino e gli elementi artificiali vanno studiati con cura per rispondere a differenti esigenze: ad esempio, nel caso di malati affetti da Alzheimer o demenza senile, è bene sviluppare percorsi circolari che non impongono la scelta di una direzione ma consentono di visitare il giardino nella sua interezza. Sedute collocate in luoghi riparati ed avvolti dalla vegetazione possono costituire un luogo che invita al riposo ed alla meditazione.
Aggiungerei, quindi, che la Salute non ha prezzo; ma se proprio vogliamo ridurre comunque il tutto a un dato meramente economico, possiamo affermare che all’accelerazione dei tempi di guarigione - con conseguente diminuzione dei giorni di ricovero - e al minor uso di farmaci non può che corrispondere un notevole risparmio di denaro pubblico ed un evidente vantaggio in termini di disponibilità dei posti letto, di cui c’è sempre più bisogno.
Noi sappiamo che il paesaggio è universalmente definito come la particolare fisionomia di un territorio determinata dalle sue caratteristiche fisiche, antropiche, biologiche ed etniche.
E non a caso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la salute umana come un completo stato di benessere fisico, mentale e sociale.
Il legame innato tra gli uomini e la natura provoca una dimensione di vita in cui l’uomo trova il sostegno per riacquisire l’equilibrio necessario alla sua rigenerazione e al raggiungimento di un Benessere psichico che contribuisce alla capacità di concentrazione, stimola sentimenti positivi, evoca buone emozioni e riduce le frustrazioni, gli atti violenti, la criminalità e lo stress.
Senza trascurare il Benessere sociale: gli spazi verdi, principalmente urbani, contribuiscono in misura significativa all’integrazione sociale, all’impegno e alla partecipazione delle persone nelle attività comuni.
Anche se questi principi sembrano ormai trovare un’ampia accettazione, molti fattori minacciano l’equilibrio instabile della relazione paesaggio/salute. Considerando l’aumento esponenziale della popolazione mondiale e che più della metà di essa vive inurbata nelle città, non ci resta che dedicare il massimo del nostro impegno a fa sì che siano rispettate ogni giorno concrete norme di buon governo dell’ambiente e di tutela del benessere degli individui nella comunità.
Secondo un processo ciclico e influenze reciproche l’uomo, con le sue attività, svolge un ruolo preciso non solo nel plasmare il paesaggio, ma anche nel determinare la salute e il benessere della specie.
Per tutto ciò, è chiaro che spetta a noi il compito della preservazione ambientale, con l'obiettivo di riequilibrare il rapporto tra paesaggio e salute, in mancanza del quale sarà l’uomo stesso a subirne i danni.
Mi viene ancora da aggiungere che l’Ospedale, in onore all’etimo del suo nome, deve essere accogliente.
La sfida che abbiamo dinanzi a noi è, quindi, quella di far sì che l’Ospedale diventi sempre più ospitale ...
Il percorso che Asl, Ordini Professionali, Associazioni e singoli cittadini hanno avviato per la progettazione di questo Giardino della Salute all'interno dell'Ospedale Cardinal Massaia, ritengo possa rappresentare una risposta concreta e importante per riavvicinare natura e anima di quanti si trovano a combattere la battaglia con la malattia, per le loro famiglie, per le centinaia di persone che vi lavorano.
Un passo importante che credo - ed è questa la mia speranza e il mio/nostro impegno - possa rappresentare il primo step di un ritrovato senso dell'equilibrio armonico tra Uomo e Natura, in grado di orientare le energie di tutti verso un'attenzione vera al rispetto dell'ambiente in cui viviamo.
E' questione di vita o di sofferenza.
Al termine di questa nostra Giornata di approfondimenti credo sia indispensabile lasciarci con un preciso impegno, ovvero: cosa faremo domani. E il giorno successivo. E ancora i giorni successivi. Cioè un preciso programma che renda fluido il nostro percorso progettuale e ne preveda i passi cadenzati.
Prevenire è meglio che curare, dicevamo. E una società cosciente, oggi, conosce le scelte da compiere per migliorare la qualità di vita e anche quella di cura.
Noi abbiamo scelto di occuparci della qualità di cura, ma già sappiamo che questo non può che essere un semplice primo buon esempio da esibire a quanti hanno ancora sguardi intorpiditi sul futuro della nostra specie e della nostra unica Terra.
«I luoghi hanno un’anima. Il nostro compito è di scoprirla. Esattamente come accade per la persona umana» diceva James Hillman.
A noi spetta ri-scoprirla, questa Anima che sta al centro della nostra stessa esistenza e del futuro di chi ci seguirà ...