di Costanza Gaia.
Racconterò, in maniera breve e, spero, convincente l'idea di un progetto di volontariato che sto cercando di promuovere e che ho denominato "progetto Aristide". In particolare cerco compagni di avventura, come associazioni, con il quale portarlo avanti.
Buona lettura! ...
In poche parole: cos' è Progetto Aristide?
Il cuore del progetto è la progettazione partecipata, ovvero una forma di progettazione che punta al coinvolgimento attivo di ogni attore, con lo scopo di generare un prodotto utilizzabile da tutti.
L'idea è di recarsi sia in luoghi dove di solito le persone convivono ma non parlano tra loro (come ad esempio i condomini, le case popolari) sia dove chi abita magari deve subire la routine imposta da altri (comunità, case di riposo).
E domandare loro: quali sono i principali problemi che avete? Cosa vorreste cambiare? Cosa vorreste di più dal vostro spazio, dal vostro tempo?
Ma soprattutto: come mi posso mettere a disposizione? Cosa posso offrire io alla comunità?
Chiunque può partecipare?
La premessa maggiore è che chiunque è indispensabile. Chiunque può mettere a disposizione le proprie competenze, che siano tecniche, linguistiche, culturali o sportive; o che sia un mestiere, sapere suonare uno strumento, sapere cucinare, sapere cucire, recitare, raccontare storie. Oppure, si può mettere a disposizione l'elemento più prezioso del mondo: il tempo. Persone anziane in pensione o giovani disoccupati possono offrire qualche ora per andare a prendere a scuola i figli dei vicini, per fare spese, commissioni, ritirare pacchi postali. Cosa hanno in comune queste due categorie di persone? Che la nostra società tende a marginalizzarle e sminuirle. Non produrre reddito è sinonimo di inutilità. Ma non è affatto vero.
Quali altre misure si possono avviare?
Si può generare una nuova cultura comunitaria, materiale e immateriale. Fare grosse spese in comune, privilegiando forniture etiche; mettere a disposizione ricette esotiche o tradizionali. Preparare merende o pranzi per alleviare le fatiche di famiglie. Creare una rete di passaggi, pomeriggi durante i quali gli anziani possono tenersi compagnia. Organizzare gite per usufruire di sconti. E vivere il proprio territorio, prendersene cura prestando più attenzione ai vicini che vivono soli, a genitori single, a persone svantaggiate. Raccogliere i ricordi, i racconti delle persone anziane, le tradizioni per renderle fruibili a chi verrà dopo. Ma anche a chi è qui ora, come persone straniere o appena trasferite. C'è chi non ha radici, ma c'è anche chi ne ha di ben radicate.
Coinvolgimento attivo
E' il coinvolgimento per innescare un circolo virtuoso di solidarietà, una rete con nodi forti per attivare circuiti affacciati verso futuro. Un mutuo soccorso ma che non guardi al passato o a come si viveva un tempo, ma calato nel nostro presente. Purtroppo la parola d'ordine di questi anni è crisi, una crisi che ci lega, ci blocca e anche solo immaginare delle alternative sembra un lusso e una velleità da illusi. Invece dobbiamo partire da noi stessi, da quello che abbiamo. E metterci assieme. E poi, raccogliere idee. Quante volte si sente dire: vorrei fare qualcosa. Ecco questo è il momento e l'occasione.
Mi piace pensare che ognuno di noi sia un mattone. Poca roba, si dirà. Forse, ma per fare un ponte, serve ogni mattone possibile. E ogni mattone è essenziale. Basta toglierne uno e non si avrà più un ponte.
Si può applicare anche ad altri settori?
Non solo il no profit, anche il profit, con certi distinguo. Ad esempio ci si può recare nelle aziende, negli uffici o nelle cooperative e domandare a soci e dipendenti cosa vorrebbero per migliorare l'alternanza vita privata-lavoro. Proporre dei pacchetti di convenzioni (palestre, mostre, ristoranti, cinema, librerie), una banca del tempo, attraverso la quale si mettono a disposizione delle ore a favore dei colleghi.
Per concludere?
Stesso territorio, un'altra mappa. La mancanza di risorse e le difficoltà economiche sono oggettive. Ma ripartiamo da qui. Però ripartiamo. Colmiamo i vuoti, affinchè diventino vuoti a rendere, cambiamo il nostro sguardo. Prendiamo il profilo della nostra città e proviamo a sovrapporvi una carta trasparente: disegneremo una fisionomia diversa, la fisionomia che vogliamo. La città è nostra e da soli non si va da nessuna parte. E non deleghiamo. Non più "si dovrebbe", ma neanche "si può" o "si deve".
Possiamo. E facciamo.
di Costanza Gaia.
Racconterò, in maniera breve e, spero [convincente?], l'idea di un progetto di volontariato che sto cercando di promuovere e che ho denominato
"progetto Aristide". In particolare cerco compagni di avventura, come associazioni, con il quale portarlo avanti. Buona lettura! ...
In poche parole: cos' è Progetto Aristide?
Il cuore del progetto è la progettazione partecipata, ovvero una forma di progettazione che punta al coinvolgimento attivo di ogni attore, con lo scopo
di generare un prodotto utilizzabile da tutti.
L'idea è di recarsi sia in luoghi dove di solito le persone convivono ma non parlano tra loro (come ad esempio i condomini, le case popolari) sia dove chi
abita magari deve subire la routine imposta da altri (comunità, case di riposo).
E domandare loro: quali sono i principali problemi che avete? Cosa vorreste cambiare? Cosa vorreste di più dal vostro spazio, dal vostro tempo?
Ma soprattutto: come mi posso mettere a disposizione? Cosa posso offrire io alla comunità?
Chiunque può partecipare?
La premessa maggiore è che chiunque è indispensabile. Chiunque può mettere a disposizione le proprie competenze, che siano tecniche, linguistiche,
culturali o sportive; o che sia un mestiere, sapere suonare uno strumento, sapere cucinare, sapere cucire, recitare, raccontare storie. Oppure, [si può
mettere a disposizione] l'elemento più prezioso del mondo: il tempo. Persone anziane in pensione o giovani disoccupati possono offrire qualche ora per
andare a prendere a scuola i figli dei vicini, per fare spese, commissioni, ritirare pacchi postali. Cosa hanno in comune queste due categorie di persone?
Che la nostra società tende a marginalizzarle e sminuirle. Non produrre reddito è sinonimo di inutilità. Ma non è affatto vero.
Quali altre misure si possono avviare?
Si può generare una nuova cultura comunitaria, materiale e immateriale. Fare grosse spese in comune, privilegiando forniture etiche; mettere a
disposizione ricette esotiche o tradizionali. Preparare merende o pranzi per alleviare le fatiche di famiglie. Creare una rete di passaggi, pomeriggi durante
i quali gli anziani possono tenersi compagnia. Organizzare gite per usufruire di sconti. E vivere il proprio territorio, prendersene cura prestando più
attenzione ai vicini che vivono soli, a genitori single, a persone svantaggiate. Raccogliere i ricordi, i racconti delle persone anziane, le tradizioni per
renderle fruibili a chi verrà dopo. Ma anche a chi è qui ora, come persone straniere o appena trasferite. C'è chi non ha radici, ma c'è anche chi ne ha di
ben radicate.
Coinvolgimento attivo
E' il coinvolgimento per innescare un circolo virtuoso di solidarietà, una rete con nodi forti per attivare circuiti affacciati verso futuro. Un mutuo
soccorso ma che non guardi al passato o a come si viveva un tempo, ma calato nel nostro presente. Purtroppo la parola d'ordine di questi anni è crisi,
una crisi che ci lega, ci blocca e anche solo immaginare delle alternative sembra un lusso e una velleità da illusi. Invece dobbiamo partire da noi stessi,
da quello che abbiamo. E metterci assieme. E poi, raccogliere idee. Quante volte si sente dire: vorrei fare qualcosa. Ecco questo è il momento e
l'occasione.
Mi piace pensare che ognuno di noi sia un mattone. Poca roba, si dirà. Forse, ma per fare un ponte, serve ogni mattone possibile. E ogni mattone è
essenziale. Basta toglierne uno e non si avrà più un ponte.
Si può applicare anche ad altri settori?
Non solo il no profit, anche il profit, con certi distinguo. Ad esempio ci si può recare nelle aziende, negli uffici o nelle cooperative e domandare a soci e
dipendenti cosa vorrebbero per migliorare l'alternanza vita privata-lavoro. Proporre dei pacchetti di convenzioni (palestre, mostre, ristoranti, cinema,
librerie), una banca del tempo, attraverso la quale si mettono a disposizione delle ore a favore dei colleghi.
Per concludere?
Stesso territorio, un'altra mappa. La mancanza di risorse e le difficoltà economiche sono oggettive. Ma ripartiamo da qui. Però ripartiamo. Colmiamo i
vuoti, affinchè diventino vuoti a rendere, cambiamo il nostro sguardo. Prendiamo il profilo della nostra città e proviamo a sovrapporvi una carta
trasparente: disegneremo una fisionomia diversa, la fisionomia che vogliamo. La città è nostra e da soli non si va da nessuna parte. E non deleghiamo.
Non più "si dovrebbe", ma neanche "si può" o "si deve".
Possiamo. E facciamo.
Racconterò, in maniera breve e, spero [convincente?], l'idea di un progetto di volontariato che sto cercando di promuovere e che ho denominato
"progetto Aristide". In particolare cerco compagni di avventura, come associazioni, con il quale portarlo avanti. Buona lettura! ...
In poche parole: cos' è Progetto Aristide?
Il cuore del progetto è la progettazione partecipata, ovvero una forma di progettazione che punta al coinvolgimento attivo di ogni attore, con lo scopo
di generare un prodotto utilizzabile da tutti.
L'idea è di recarsi sia in luoghi dove di solito le persone convivono ma non parlano tra loro (come ad esempio i condomini, le case popolari) sia dove chi
abita magari deve subire la routine imposta da altri (comunità, case di riposo).
E domandare loro: quali sono i principali problemi che avete? Cosa vorreste cambiare? Cosa vorreste di più dal vostro spazio, dal vostro tempo?
Ma soprattutto: come mi posso mettere a disposizione? Cosa posso offrire io alla comunità?
Chiunque può partecipare?
La premessa maggiore è che chiunque è indispensabile. Chiunque può mettere a disposizione le proprie competenze, che siano tecniche, linguistiche,
culturali o sportive; o che sia un mestiere, sapere suonare uno strumento, sapere cucinare, sapere cucire, recitare, raccontare storie. Oppure, [si può
mettere a disposizione] l'elemento più prezioso del mondo: il tempo. Persone anziane in pensione o giovani disoccupati possono offrire qualche ora per
andare a prendere a scuola i figli dei vicini, per fare spese, commissioni, ritirare pacchi postali. Cosa hanno in comune queste due categorie di persone?
Che la nostra società tende a marginalizzarle e sminuirle. Non produrre reddito è sinonimo di inutilità. Ma non è affatto vero.
Quali altre misure si possono avviare?
Si può generare una nuova cultura comunitaria, materiale e immateriale. Fare grosse spese in comune, privilegiando forniture etiche; mettere a
disposizione ricette esotiche o tradizionali. Preparare merende o pranzi per alleviare le fatiche di famiglie. Creare una rete di passaggi, pomeriggi durante
i quali gli anziani possono tenersi compagnia. Organizzare gite per usufruire di sconti. E vivere il proprio territorio, prendersene cura prestando più
attenzione ai vicini che vivono soli, a genitori single, a persone svantaggiate. Raccogliere i ricordi, i racconti delle persone anziane, le tradizioni per
renderle fruibili a chi verrà dopo. Ma anche a chi è qui ora, come persone straniere o appena trasferite. C'è chi non ha radici, ma c'è anche chi ne ha di
ben radicate.
Coinvolgimento attivo
E' il coinvolgimento per innescare un circolo virtuoso di solidarietà, una rete con nodi forti per attivare circuiti affacciati verso futuro. Un mutuo
soccorso ma che non guardi al passato o a come si viveva un tempo, ma calato nel nostro presente. Purtroppo la parola d'ordine di questi anni è crisi,
una crisi che ci lega, ci blocca e anche solo immaginare delle alternative sembra un lusso e una velleità da illusi. Invece dobbiamo partire da noi stessi,
da quello che abbiamo. E metterci assieme. E poi, raccogliere idee. Quante volte si sente dire: vorrei fare qualcosa. Ecco questo è il momento e
l'occasione.
Mi piace pensare che ognuno di noi sia un mattone. Poca roba, si dirà. Forse, ma per fare un ponte, serve ogni mattone possibile. E ogni mattone è
essenziale. Basta toglierne uno e non si avrà più un ponte.
Si può applicare anche ad altri settori?
Non solo il no profit, anche il profit, con certi distinguo. Ad esempio ci si può recare nelle aziende, negli uffici o nelle cooperative e domandare a soci e
dipendenti cosa vorrebbero per migliorare l'alternanza vita privata-lavoro. Proporre dei pacchetti di convenzioni (palestre, mostre, ristoranti, cinema,
librerie), una banca del tempo, attraverso la quale si mettono a disposizione delle ore a favore dei colleghi.
Per concludere?
Stesso territorio, un'altra mappa. La mancanza di risorse e le difficoltà economiche sono oggettive. Ma ripartiamo da qui. Però ripartiamo. Colmiamo i
vuoti, affinchè diventino vuoti a rendere, cambiamo il nostro sguardo. Prendiamo il profilo della nostra città e proviamo a sovrapporvi una carta
trasparente: disegneremo una fisionomia diversa, la fisionomia che vogliamo. La città è nostra e da soli non si va da nessuna parte. E non deleghiamo.
Non più "si dovrebbe", ma neanche "si può" o "si deve".
Possiamo. E facciamo.