Teleriscaldamento: le vaghe risposte di AEC



Il 3 marzo è convocata una nuova riunione della Conferenza dei Servizi che dovrà esprimersi sulla fattibilità del progetto di teleriscaldamento cittadino. Dopo la parziale "bocciatura" dell'ottobre scorso, quando tutti gli Enti avevano richieste numerose e sostanziali richieste di integrazioni ad AEC (tanto che si era ventilata l'ipotesi di una nuova presentazione dell'intero progetto), l'azienda aveva chiesto una proroga di ulteriori 45 giorni (in aggiunta ai canonici 45) per soddisfare tutte le segnalazioni critiche ricevute e alla fine di gennaio ha presentato le sue nuove "carte" in Provincia. Molti dati. Ma poche risposte, in particolare ai punti più "nodali" ...

Gli Enti coinvolti nella Conferenza dei Servizi stanno ora valutando le documentazioni prodotte dai tecnici di AEC e lo stesso stanno facendo anche i cittadini e le associazioni/movimenti che già ad ottobre avevano prodotto corposi documenti di analisi critica e che paiono ora profondamente sorpresi dalla mancanza di attenzioni ricevute dalle loro indicazioni (dai nuovi documenti di AEC non emerge infatti nessuna replica alle criticità evidenziate dai cosiddetti "soggetti privati" ...) e dalle non risposte offerte agli stessi Enti.

Paolo Montrucchio, a nome di oltre 2.600 persone firmatarie di una specifica petizione, ha già provveduto a depositare in Provincia un'articolata analisi critica delle integrazioni offerte da AEC alla Conferenza dei Servizi.
Ve la proponiamo in anteprima:

In relazione alla istanza di richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale presentata alla Provincia di Asti dalla Società ASTI ENERGIA E CALORE SpA, in merito alla costruzione ed esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica e di teleriscaldamento a servizio dell'Ospedale Card. Massaia e della città di Asti, Il sottoscritto Paolo Montrucchio, facendo anche riferimento alle osservazioni presentate in data 2/10/2015 protocollo 47754, che qui richiama integralmente, presenta le ulteriori seguenti osservazioni ed informazioni in base alle quali è giunto alla conclusione che costruire all'interno dell'area dell'Ospedale, un grande impianto industriale per produrre energia elettrica ed acqua calda per teleriscaldamento (da vendersi all'Ospedale, agli Astigiani e l'eventuale eccedenza alla rete elettrica cittadina) sia un progetto che non può essere da codesta Amministrazione approvato con autorizzazione unica per i motivi qui subito a seguire indicati  in sintesi  e nel prosieguo dettagliatamente argomentati:

1) ancorché previsto dalle norme nazionali e regionali, il progetto non tiene conto della sottoutilizzata capacità produttiva nazionale di energia elettrica: non ha senso, ne si giustifica, la costruzione ad Asti di una ulteriore centrale elettrica, spendendo direttamente ed indirettamente denaro pubblico a carico dei cittadini, contribuenti, con agevolazioni fiscali a carico della fiscalità generale;

2) il progetto prevede l'utilizzo di combustibili fossili, anziché l'uso di FER (fonti energetiche rinnovabili: solare, eolico, idroelettrico), come è invece previsto dalle più recenti norme nazionali e regionali. Nei recenti decreti regionali e nel Piano Regionale piemontese Energetico ed Ambientale, gli obiettivi verticali ed orizzontali si incrociano sullo SVILUPPO della produzione di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e la SOSTITUZIONE della produzione di energia da fonti fossili a fonti FER. Gli stessi obiettivi sono richiamati dal Piano Energetico Provinciale astigiano. È quindi del tutto evidente che, stante l'assenza di utilizzo di fonti FER e la non sostituzione dell'uso delle fonti fossili,  il progetto non è legittimo ne in una visione locale, che regionale, che nazionale (e tanto meno internazionale) e si muove in senso antitetico ed antistorico rispetto all'evoluzione del mercato e del sentimento generale di preoccupazione per l'aumento dell'inquinamento e del surriscaldamento ambientale, nel più ampio quadro degli orientamenti sfociati  anche nei recenti accordi globali di Parigi sul clima. Sarebbero in alternativa coerenti, in riferimento all'Ospedale di Asti, altri interventi quali ad esempio:
-completare il processo di efficientamento degli attuali impianti termici,
-completare la coibentazione dell'involucro,
-applicare il fotovoltaico ed il solare termico,
-ridurre i consumi energetici.
Parimenti, in riferimento al patrimonio immobiliare privato della Città di Asti (ben più delle 500 palazzine di cui al progetto), sarebbero coerenti dei piani di incentivazione per interventi di coibentazione, fotovoltaico, solare termico, riduzione dei consumi.

3) il progetto non persegue come finalità il soddisfacimento di un bisogno prioritario dei Cittadini Astigiani, essendo il riscaldamento domestico prodotto già attualmente principalmente da caldaie a metano di ultima generazione ed anche in parte da macchinari alimentati a fotovoltaico. Le attuali caldaie a condensazione installare dai privati hanno un'efficienza superiore al 100%, rispetto al 75% dichiarato per il nuovo impianto proposto. Inoltre non risultano essere state fatte, ne tanto meno rese disponibili, ricerche di mercato sul gradimento degli Astigiani, né sulla a effettiva esigenza/necessità di sostituirle con il teleriscaldamento; tale aspetto stupisce alquanto, perché nessun imprenditore investirebbe 40 milioni di euro senza prima aver fatto studi approfonditi sul gradimento del mercato. Quanto alla contrarietà dell'opinione pubblica, si allegano (ALL. 1 sub a)) una lista di 655 petizioni digitali firmate su supporto Change.org e (ALL. 1 sub b)) numero 2002 firme manuali su numerosi supporti cartacei per un complessivo numero di 2.657 Cittadini-utenti dell'Ospedale-contribuenti.
Per quanto possa valere, a titolo informativo, le firme sono state raccolte da circa un centinaio di volontari in modo casuale e trasversale fra le persone che hanno deciso di aderire, firmando, alla petizione, e non tengono conto ovviamente della adesione morale di tutte le altre persone avvicinate, che pur aderendo non si sono sentiti di apporre la firma. La loro valenza quantitativa è valutabile ancora maggiore rispetto al numero delle firme, considerato il fatto che i nuclei familiari dei firmatari si possono stimare composti mediamente da ulteriori due o più persone;

4) il progetto, ancorché AEC lo affermi, non dimostra che ne conseguirà una riduzione dell'inquinamento chimico ed acustico ambientale; i dati ed i calcoli dimostrativi, ancorché sollecitati da Provincia, ARPA e ASL per valutare la fondatezza della asserita riduzione dell'inquinamento chimico ed acustico sia generale a livello cittadino che particolare in area Ospedale, non sono stati adeguatamente e dettagliatamente forniti; omettendo AEC di fornire la descrizione dei cicli produttivi, descrizione delle BAT di settore, la relazione di riferimento, piano monitoraggio, nonché omettendo di indicare i dati ed i criteri di stima di tutti i dati quantitativi di emissioni, consumi e produzione, viene di fatto impossibilitata la Provincia, gli organi tecnici e gli Enti interessati a fondare l'autorizzazione unica su basi scientifiche oggettive. Tra l'altro non viene neppure negato da AEC un +473% di incremento di CO in area Ospedale, così aumentando l'inquinamento proprio in tale sito sensibile, finalizzato istituzionalmente al miglioramento e non al peggioramento della qualità della vita;

5) non avendo in più circostanze AEC integrato il progetto originario con i dati quantitativi richiesti su consumi, inquinamento, produzioni e cicli produttivi, viene da chiedersi su quali basi sia stato formulato il budget di oltre 40 milioni di spesa e sia stato valutato l'inquinamento cessante, che sarebbe attualmente originato dalle 500 caldaie private potenzialmente dismittibili;

6) AEC non ha fornito adeguata risposta alle richieste di ASL ed ARPA circa la previsione di inquinamento con impianti a regime (adesione totale dell'Ospedale e dei 500 palazzi) e scenari alternativi di mancata adesione totale o parziale sia dell'Ospedale che dei 500 palazzi, facendo venir meno la possibilità di effettuare una valutazione tecnica da parte della Provincia, ASL ed ARPA;

7) AEC non ha compiutamente risposto alle richieste circa l'inquinamento indotto dallo smaltimento dei filtri in discarica e delle acque reflue industriali nella rete fognaria poste da ASP;

8) AEC non ha compiutamente risposto su quali, in caso di incendio o scoppio, si presumono i rischi e gli effetti, sopratutto dei fumi, e le altre conseguenze sulle persone utenti dell'Ospedale, ed in particolare sui degenti con gravi patologie non facilmente evaquabili, o in corso di interventi delicati. Non ha fornito alcuno studio sul rischio e prevenzione della legionellosi;

9) consumo di suolo: non è vero che il progetto non determina consumo di suolo. Lo comporta al 100%.
La grande superficie di 6700 metri quadri di terreno che sarebbe occupata dall'impianto è attualmente tenuta principalmente a gerbido ed in parte coltivata ad orto terapeutico; già sono allo studio anche ipotesi di utilizzo a giardino per scopi terapeutici. Inoltre nessuno può escludere che fra qualche anno potrebbe servire a produrre nuovi servizi ospedalieri per far fronte ad accresciute esigenze sanitarie.  

10) Componente paesaggio: non è vero che "la fascia arborea ne riduce la percezione dall'esterno": infatti, a parte il fatto che gli alberi non sono molti e certo non alti 35/40 metri, (tali da coprire alla vista i 4 camini), non servono a nulla per esempio a chi transita lungo il percorso pedonale/salutistico che costeggia la cinta del terreno su cui dovrebbero sorgere gli impianti. Infatti gli impianti sorgerebbero pressoché in aderenza, ed in piena vista.
Ma che dire circa la percezione dall'interno dell'Ospedale? I degenti, utenti in genere e dipendenti cosa vedrebbero dalle loro finestre? Non più colline, prati, alberi verdi, ma uno stabilimento industriale alto 15 metri, 4 torri alte 35 metri, altre attrezzature, fumi inquinanti. E con quale effetto terapeutico?
Manca completamente la consapevolezza dell'importanza della qualità dell'ambiente ospedaliero - in termini di vedute esterne/qualità degli spazi verdi - come parte integrante del percorso di cura.
Siamo tornati indietro di 40/50 anni, con un atteggiamento che può ancora valere per la progettazione di una centrale termo-elettrica in area industriale, ma non certo in una moderna realtà ospedaliera, così come oramai avviene - su questi temi  a livello internazionale - per qualunque struttura di cura di eccellenza.
Lo scenario è inaccettabile da chiunque dotato di normale buon senso e buona coscienza.
Una tale ingombrante presenza aliena sarebbe un ulteriore argomento per muovere critiche all'Ospedale di Asti e procedere sulla strada del suo progressivo smantellamento, con gravi danni agli Astigiani ed ai dipendenti attuali e potenziali.

11) l'affermata  ottimizzazione della localizzazione dal punto di vista del produttore, a parte i propri risparmi fiscali ribaltati a carico della fiscalità generale e quindi di tutti i contribuenti, non è giustificabile dalla presunta esistenza di un vincolo tecnologico per la prossimità tra il luogo della produzione del raffrescamento ed il luogo della sua ipotetica usufruizione. Sarebbe sufficiente cambiare approccio, ma AEC non ha risposto alle richieste ARPA di proporre scenari alternativi, quale ad esempio la sola ed esclusiva produzione autonoma del raffrescamento dell'Ospedale mediante propri due nuovi gruppi frigoriferi ad energia elettrica acquistabile sul mercato (di cui quasi la metà prodotta da fonti FER non inquinanti);

12) l'ASL ha già avviato importanti lavoro di efficientamento ed ammodernamento, con notevoli investimenti che andrebbero sprecati in caso di adesione ai servizi prospettati da AEC. Fra l'altro "ha aderito alla Convenzione Consip MIES1 per la fornitura di un multi servizio tecnologico integrato con la fornitura di energia per gli immobili ad uso sanitario", "la realizzazione di nuovi gruppi frigoriferi e nuove caldaie ad alta efficienza e la produzione di energia elettrica con pannelli fotovoltaici collocati sulla copertura dell'Ospedale", con risparmio atteso di 1563 Tep, (ALL. 2)

13) è di immediata intuizione che il sito proposto non è idoneo all'insediamento di un'industria insalubre;

14) parimenti il sito proposto, in quanto di classe 1, non è idoneo, sia attualmente che in prospettiva, cioè in conseguenza automatica di una inaccordabile autorizzazione unica. Non è concepibile miracolare un sito, cambiandolo con una astratta delibera da reale sito inadatto ad altrettanto reale sito adatto. È privo di fondamento tecnico e morale la presunzione che ne possa essere modificata la destinazione urbanistica, con una argomentazione dialettica fumosa, pretestuosa e superficiale che azzera i valori  fondamentali che hanno ispirato la formulazione del piano urbanistico astigiano stesso. Mancano i requisiti per l'approvazione, e quindi viene meno l'automatismo della modifica di destinazione urbanistica.
AEC S.p.A richiede in automatico una  sostanziale modifica della destinazione urbanistica delle aree di proprietà dell'Ospedale (aree per attrezzature sociali, sanitarie ed ospedaliere) ad "aree per attrezzature pubbliche di tipo direzionale, di supporto logistico e tecnologico, aree per attrezzature di tipo direzionale di società che svolgono un servizio di interesse generale ed aree cimiteriali".  
In assenza di adeguate risposte da parte AEC a specifici quesiti formulati dalla Provincia, dall'ASL, dall'ARPA, rimane difficile credere che un voluminoso impianto industriale destinato a produrre prodotti e servizi da vendere al mercato  possa essere classificato una semplice attrezzatura pubblica di supporto logistico e tecnologico: innanzitutto non è una attrezzatura pubblica, bensì privata, stante la partecipazione indiretta del Comune di Asti al 5% o 7,5% di AEC S.p.A ; e poi a quali soggetti, sarebbe di supporto,  visto che è esso stesso il soggetto produttore? Supporto all'Ospedale?  No di certo, l'Ospedale è al più un cliente, al pari dei 500 palazzi potenzialmente acquirenti dell'acqua calda ed al pari  della rete cittadina potenzialmente acquirente dell'energia elettrica. Si tratta di aree che svolgono un ruolo di interesse pubblico e come tali devono essere preservate e riservate a servizi di interesse pubblico.

15) Il sito è di proprietà dell'Ospedale e non risulta al momento evidenza dei titoli di disponibilità da parte AEC;

16) Compromette, limitandole per il futuro, le finalità istituzionali proprie dell'Ospedale. Per le ragioni esposte nella presente nota e sopra ogni cosa, per il comune buon senso, non è concepibile ne è giustificabile che la costruzione e gestione di tale grande ed inquinante impianto industriale possa essere autorizzata, anziché in un'area a destinazione industriale, all'interno di una area a destinazione residenziale, dove si genererà la maggior concentrazione di inquinamento, dove ci sono parchi pubblici che accolgono bambini ed anziani, impianti sportivi, scuole di vario grado, case di riposo, luoghi di culto, oratori, villette e palazzi residenziali e, ovviamente, l'Ospedale. Sono  parecchi i palazzi limitrofi e nelle immediate vicinanze (di tutta evidenza il vicinissimo e nuovo fabbricato di 14 piani nato dalla ristrutturazione dell'ex torre dell'acquedotto, che svetta su tutti gli altri della zona) le cui quote altimetriche ed altezze di colmo sono di molto al di sopra dell'altezza di sbocco dei fumi del nuovo impianto.
In particolare, essendo l'Ospedale deputato alla cura ed al miglioramento dello stato di salute degli utenti,  è un luogo in cui prioritariamente, senza se e senza ma, per semplice comune buon senso, tutti pensano si dovrebbe escludere un aumento dell'inquinamento ambientale; sarebbe inconcepibile peggiorare la condizione  dei degenti, degli altri utenti in generale e dei dipendenti con ulteriori emissioni di inquinamento chimico, acustico e olfattivo. Inoltre, previe sostanziali modifiche al piano regolatore, si concederebbe ad un privato di costruire l'impianto industriale addirittura all'interno dell'area dell'Ospedale, occupando una grande superficie di 6700 metri quadri di terreno che fra qualche anno nessuno può escludere potrebbe servire a produrre servizi ospedalieri per far fronte ad accresciute esigenze sanitarie.  Quando si pensa all'Ospedale, si pensa ad un luogo di cura delle malattie e della sofferenza, non ad uno stabilimento industriale inquinante. L'Ospedale ha già tanti altri problemi, lo si  lasci concentrare sulla cura delle malattie, senza farsi carico ed occuparsi di faccende ed affari di altri.

PIÙ IN DETTAGLIO:
il progetto non ha i requisiti per essere approvato:
-sia per i motivi di cui alle precedenti osservazioni e informazioni formulate in data 2/10/15, che qui si richiamano integralmente; la maggior parte di tali concetti fu, con maggior tecnicismo e cognizione dei fatti, sollevata anche da Provincia! ASL, ARPA ed altri Partecipanti alla Conferenza dei servizi.
-sia con riferimento alle inadeguate integrazioni presentate da AEC ad inizio del corrente anno, per quanto segue:

INTEGRAZIONI DI AEC IN RISPOSTA AI QUESITI DI ASP:

(1) ASP chiede, relativamente alle interferenze con acquedotto e fognature, sinergie ed impegni economici per sostituzioni/spostamenti di condotti, e/o allacciamenti alla rete idrica ed a quella fognaria.

AEC risponde che di norma la rete passerà sopra o sotto. Ma "di norma" è  troppo generico, non vuol dire sempre. Per rispondere adeguatamente, avrebbero dovuto considerare almeno  i casi in cui non si ritiene possibile passare sopra o sotto.

(2) ASP , circa il consumo di acqua potabile e gli scarichi in fognatura, chiede dati presunti di consumo e tipologia e quantitativi reflui scaricati in fognatura.

AEC, non risponde adeguatamente, non fornisce alcuno dei dati richiesti. Non si sa, o si preferisce non dichiarare quali e quanti tipi di inquinanti reflui verranno sversati dagli impianti nelle reti fognarie cittadine.


INTEGRAZIONI DI AEC IN RISPOSTA AI QUESITI  DI ARPA:

(1) QUADRO PROGRAMMATICO/PIANO ENERGETICO REGIONALE.

(1. A) Obiettivi verticali:
-Favorire lo sviluppo delle FER (fonti energetiche rinnovabili: solare, eolico, idroelettrico).
-Ridurre i consumi energetici nelle strutture pubbliche ospedaliere-sanitarie.
-Favorire la riduzione dei consumi energetici nel patrimonio immobiliare privato, negli edifici e nelle strutture pubbliche.
-Sostituire, nelle altre aree urbane del Piemonte (ie Asti), la produzione di energia da fonti fossili con fonti FER.

Il cosiddetto "progetto di teleriscamento" non è coerente con gli obiettivi verticali, che si incrociano con quelli orizzontali di Piano, in quanto non è coerente:
-Costruire un nuovo impianto di produzione di energia elettrica, pur  in presenza in Italia di una capacità produttiva sottoutilizzata al 50%.
-costruire un sistema di teleriscaldamento che funziona bruciando combustibile fossile metano anziché FER, pur essendo in Italia l'energia elettrica già prodotta al 40% / 50% con FER.

Sarebbero in alternativa coerenti, in riferimento all'Ospedale, altri interventi:
-Completare il processo di efficientamento degli attuali impianti termici
-completare la coibentazione dell'involucro
-applicare il fotovoltaico ed il solare termico.
-ridurre i consumi energetici.

Anche in riferimento al patrimonio immobiliare privato della Città di Asti (ben più delle 500 palazzine di cui al progetto), sarebbero coerenti interventi di coibentazione, fotovoltaico, solare termico, riduzione dei consumi.

Senza contare interventi finalizzati a ridurre drasticamente il traffico automobilistico in centro città.

Non rilevano, in quanto riguardanti l'esclusivo interesse del proponente,
- gli obiettivi di sostenere la qualificazione professionale (in quanto volti ad istruire eventuali artigiani locali solo su come fare per intervenire su un impianto specifico, non trattandosi di formazione in generale circa il settore energetico)
- ne' gli obiettivi di realizzare azioni di sensibilizzazione ed informazione nei confronti dei cittadini (fin'ora di fatto sono state solo condotte iniziative a prevalente scopo promozionale e pubblicitario dello specifico progetto e non della problematica in generale, delle alternative, di interventi di altra natura ma aventi il medesimo scopo etc).

In particolare, con riferimento alle integrazioni denominate "Analisi del progetto con riferimento agli ", in aggiunta a quanto esposto in precedenza, si rileva:

(1 B) componente ARIA: ad Asti non si genera inquinamento per produrre l'energia elettrica attualmente consumata dall'Ospedale.
Con riferimento alla tabella n. 4.2.10 di cui al paragrafo 4.2.4.3 del SIA , le tonnellate/anno 2940 di CO da energia elettrica da rete nazionale non possono essere sommate  nel bilancio a scala locale in quanto non sono prodotte ad Asti,dove non risultano centrali elettriche convenzionali. In ogni caso genererebbero altrove solo circa la metà delle 2940 ton/anno, in quanto l'energia elettrica consumata ad Asti è prodotta al 40%  / 50% da fonti rinnovabili FER).

- componente ARIA: non è veritiera l'affermazione che il progetto fornisce un "contributo al miglioramento della qualità dell'aria nell'area ...dell'ospedale" né una "riduzione delle emissioni di CO nell'area dell'Ospedale.
Tale affermazione è contraddetta dalla citata tabella n. 4.2.10: il bilancio a scala locale (perimetro area ospedale)  è sempre disastroso, con un + 473% d incremento del CO, proprio in una zona sensibile, dove è inconcepibile qualunque aggravio di inquinamento chimico.
Non è concepibile ne è giustificabile che la costruzione e gestione di un grande impianto industriale possa essere fatta, anziché in un'area a destinazione industriale, in un'area a destinazione residenziale, dove si genererà la maggior concentrazione di inquinamento, dove ci sono parchi pubblici che accolgono bambini ed anziani, impianti sportivi, scuole di vario grado, case di riposo, luoghi di culto, oratori, villette e palazzi residenziali e, ovviamente, l'Ospedale di Asti.
In particolare, essendo l'Ospedale deputato alla cura ed al miglioramento dello stato di salute degli utenti,  è un luogo in cui prioritariamente, senza se e senza ma, per comune buon senso tutti pensano si dovrebbe escludere un aumento dell'inquinamento ambientale; sarebbe poco saggio peggiorare la condizione  dei degenti e degli altri utenti in generale con ulteriori emissioni di inquinamento chimico, acustico ed olfattivo.
Per giunta, previe sostanziali modifiche al piano regolatore,  si produrrebbe un considerevole consumo di suolo concedendo ad un privato di costruire l'impianto industriale addirittura all'INTERNO DELL'AREA DELL'OSPEDALE, occupando una grande superficie di 6700 metri quadri di terreno che fra qualche anno nessuno può escludere potrebbe servire a produrre nuovi servizi ospedalieri per far fronte ad accresciute esigenze sanitarie.  Quando si pensa all'Ospedale si pensa ad un luogo di cura delle malattie e della sofferenza, non ad uno stabilimento industriale inquinante. L'Ospedale di Asti ha già tanti altri problemi, lo si  lasci concentrare sulla cura delle malattie, senza farsi carico ed occuparsi di faccende ed affari di altri.

(1 C) componente ACQUA: "non sono attesi impatti sulla componente acqua".
Nulla è mai stato approfondito circa gli impatti ambientali delle acque reflue rilasciate dagli impianti nel sistema fognario astigiano, né dello smaltimento in discarica dei filtri di depurazione dei fumi.

(1 D) componente SUOLO: non è vero che il progetto non determina consumo di suolo. Lo comporta al 100%.
La grande superficie di 6700 metri quadri di terreno che sarebbe occupata dall'impianto è attualmente tenuta principalmente a gerbido ed in parte coltivata ad orto terapeutico; già sono allo studio anche ipotesi di utilizzo a giardino per scopi terapeutici. Inoltre nessuno può escludere che fra qualche anno potrebbe servire a produrre nuovi servizi ospedalieri per far fronte ad accresciute esigenze sanitarie.  

(1 E) Componente PAESAGGIO: non è vero che "la fascia arborea ne riduce la percezione dall'esterno": infatti, a parte il fatto che gli alberi non sono molti e certo non alti 35/40 metri, (tali da coprire alla vista i 4 camini), non servono a nulla per chi transita lungo il percorso pedonale/salutistico che costeggia la protezione del terreno su cui dovrebbero sorgere gli impianti. In fatti gli impianti sorgerebbero pressoché in aderenza.
Ma che dire circa la percezione dall'interno dell'Ospedale? I degenti ed utenti in genere cosa vedrebbero dalle loro finestre? Non più colline, prati, alberi verdi, ma uno stabilimento industriale alto 15 metri, 4 torri alte 35 metri, altre attrezzature, fumi inquinanti. E con quale effetto terapeutico? E l'impatto per chi si affaccia dall'area giochi del Parco Rio Crosio?
Manca completamente la consapevolezza dell'importanza della qualità dell'ambiente ospedaliero - in termini di vedute esterne/qualità degli spazi verdi - come parte integrante del percorso di cura.
Siamo tornati indietro di 40/50 anni, con un atteggiamento che può ancora valere per la progettazione di una centrale termo-elettrica in una periferia urbana, ma non certo in una moderna realtà ospedaliera, così come oramai avviene - su questi temi  a livello internazionale - per qualunque struttura di cura di eccellenza.
Lo scenario è inaccettabile da chiunque dotato di normale buon senso e buona coscienza.

(2) CLIMA ACUSTICO
AEC nega un peggioramento acustico senza fornire ulteriori elementi, si limita a richiamare il capitolo 4.6 del SIA già noto, affermando, senza precisare quali, che ci saranno interventi compensativi attualmente in via di definizione (quali? Di quale natura? Quanto efficaci?) che "portano ad una previsione(?) di miglioramento del clima attuale. Della serie, in altre parole: abbiate fede, ci pensiamo noi.

ARPA poneva anche la questione della variante urbanistica, sollevando dubbi di compatibilità con l'essere tale area di classe 1 acustica e chiedendo di esplicitare le modalità tecnico/procedurali per evitare accostamenti critici ed il peggioramento locale del clima acustico. AEC NON FORNISCE ALCUNA RISPOSTA.

(AEC sostanzialmente non risponde neppure alle puntualizzazioni dell'ASL: si limita a sostenere genericamente che
(1) SE l'esercizio della attività prevista rispetta i limiti di classe 1 della Tabella 1 del DPCM 14/11/97 e
(2) SE tale destinazione d'uso è consentita dal piano urbanistico,
(3) SE le aree destinate a servizi afferenti alle aree residenziali e lavorative assumono la classificazione acustica di tali zone,
allora l'impianto non è incompatibile.

Ma i limiti di cui al punto (1) non sono rispettati e l'attuale destinazione d'uso di cui al punto (2) non consente un tale insediamento.
Infatti la citata Relazione tecnico architettonica (13ARCHASL) indica, per l'edificio di cogenerazione, in 50 dB il livello di pressione sonora all'esterno (115dB all'interno), costante, senza distinzione fra fasce orarie, mentre in classe 1 il valore limite di emissione è 35 (dalle 22 alle 6) e 45 (dalle 6 alle 22), il valore limite di immissione è rispettivamente 40/50.
Stranamente nulla viene precisato circa i livelli di rumore prodotti dall'edificio caldaie.

Inoltre, incredibilmente, visto che l'attività industriale prevista dal progetto attualmente non è previsto possa essere svolta in un'"area destinata a servizi sociali ed attrezzature di interesse generale (sociali, sanitarie ed ospedaliere)", allora la geniale soluzione proposta è quella di modificare le regole, modificando la destinazione d'uso ad "area per attrezzature pubbliche di tipo direzionale, di supporto logistico e tecnologico ed area per attrezzature di tipo direzionale di società che svolgono un servizio di interesse generale ed aree cimiteriali".

Ammesso che sia ammissibile un tale trattamento di favore ad un privato, tale modifica non sarebbe sufficiente a consentire l'installazione di un così grande impianto industriale.
È lapalissiano che un voluminoso impianto industriale privato destinato a produrre prodotti da vendere al mercato  non può essere classificato una semplice "attrezzatura pubblica di tipo direzionale", ne di semplice "supporto logistico e tecnologico", per i seguenti motivi.
Innanzitutto perché non è una attrezzatura "pubblica", bensì privata, stante la partecipazione minoritaria indiretta del Comune di Asti (a regime 5% o 7,5%) in AEC S.p.A.
Inoltre, in quanto industria finalizzata essa stessa alla produzione di energia elettrica ed acqua calda, non sarebbe una semplice attrezzatura "di tipo direzionale", ne sarebbe una semplice attrezzatura di "supporto" logistico e tecnologico. Non di supporto si tratta, ma di produzione diretta.
A quali soggetti, sarebbe di supporto,  visto che è esso stesso il soggetto produttore? Supporto all'Ospedale? Ma l'Ospedale sarebbe uno dei  clienti, al pari dei 500 palazzi potenzialmente acquirenti del calore ed al pari  della rete cittadina potenzialmente acquirente dell'energia elettrica.

Quanto al punto (3) (le aree destinate a servizi afferenti alle aree residenziali e lavorative assumono la classificazione acustica di tali zone) si tratta di una interpretazione troppo estensiva, come dire che, siccome altre centinaia di attività di produzione afferiscono l'area dell'ospedale e quella residenziale, vi si potrebbero impiantare per assurdo industrie che producono sale operatorie, macchinari sanitari, gas sanitari, trattamento rifiuti ospedalieri, trattamento rifiuti domestici, produzione di mobili e suppellettili, estrazione di gas metano, etc.
Come dichiarato nella relazione tecnico-architettonica (doc 13ARCHASL, presentata fra le integrazioni) i due edifici di cogenerazione e per le caldaie,  contenenti i motori, le caldaie etc., "avranno caratteristiche industriali" .
L'esistenza di  apparecchiature industriali (motori, caldaie, cisterne etc.) sommate al fatto che sono contenute in un edificio industriale comportano evidentemente lo svolgimento di una attività industriale e quindi  costituiscono un insediamento industriale, che la Tabella 1 del DPCM 13/11/97 colloca in classe 5, non 1.
Trattandosi di produzione di energia elettrica e di acqua calda, non si può quindi sostenere che si tratti di servizi afferenti all'area residenziale: non sono servizi, bensì  sono i prodotti di una attività industriale.)


(3) Definizione dei DIVERSI SCENARI RISPETTO AI 500 EDIFICI STIMATI ALLACCIATI, da cui discende  l'effettivo fabbisogno elettrico e termico.
AEC non risponde, se non laconicamente.
Di fatto però, asserendo che i fabbisogni di energia termica sono stati definiti sulla base di dati statistici.... ridotti in previsione dell'efficientamento energetico (quale efficientamento? perché? di quali utenti?), conferma che non sono state condotte  idonee analisi di mercato, sondaggi, valutazione della domanda, etc.
È incredibile! Nessuna azienda deciderebbe di investire 42 milioni senza Ver fatto prima studi approfonditi. E se gli studi ci fossero, ma controproducente renderli pubblici?
In ogni caso la situazione delle potenziali utenze negli ultimi mesi è cambiata: attualmente, sulla base dei riscontri da me avuti in occasione della promozione della petizione e la raccolta firme, gli Astigiani sono più informati rispetto a prima, la stragrande maggioranza di loro rigetta istintivamente l'idea che tale grande ed inquinante impianto industriale possa essere fatto dentro l'Ospedale, si dichiarano contrari a rottamare le loro attuali caldaie che hanno installato recentemente ed a spendere altri soldi per acquistare scambiatori ed altra attrezzatura utile al passaggio al teleriscaldamento.

(4). QUADRO PROGETTUALE

(4 A) soluzioni  alternative, inclusa quella di non realizzare il progetto.
(4 B) valutazione del contributo da interventi di riqualificazione energetica, analisi costi/benefici.
(4 C) valutazione specifica del progetto ASL  di migliorie dell'impianto di raffrescamento mediante due nuovi gruppi frigoriferi e relative ricadute sul progetto di AEC (affermato vincolo tecnologico)?

AEC non risponde a nessuna delle tre richieste.
Si limita a rinviare ai documenti originariamente prodotti, richiama il concetto di vincolo tecnologico per il raffrescamento (mai però ricorda i vantaggi di esenzione fiscale a danno della fiscalità generale e, quindi,  di tutti i contribuenti), ignorando la specifica segnalazione / richiesta di ARPA circa il fatto che l'ASL ha recentemente presentato un progetto di migliorie all'impianto di raffrescamento mediante l'installazione di due nuovi gruppi frigoriferi, che presumibilmente farebbero venir meno il cosiddetto "vincolo tecnologico" per la localizzazione.
AEC afferma, senza documentare, che "l'inserimento di generatori di calore aventi la potenzialità richieste dall'utenza complessiva rispetto a quelli richiesti dal solo ospedale, non modifica significativamente i volumi comunque necessari".  Anzi, la scelta adottata ha il merito di ridurre l'occupazione complessiva del suolo rispetto all'adozione di soluzioni disgiunte di produzione. ( quali soluzioni? Perché non rispondono semplicemente alla domanda ARPA circa il progetto ASL di efficientamento?).
AEC ribadisce la promessa che sarà garantito un miglioramento della qualità dell'aria "....sia e soprattutto, in corrispondenza del complesso ospedaliero...." , contraddicendosi  per l'ennesima volta rispetto a quanto altrove ( tabella SIA 4.2.10) dichiarato (+473% di CO)

(4 D) (4 F) attuale centrale termica: rendimenti, efficienza energetica, analisi costi/benefici della semplice sostituzione degli impianti?
AEC ribalta le domande all'ASL.


(4 F). Rete 40km di tubature: aspetti operativi, realizzativi e temporali. Quali soluzioni per non interferire con la rete cittadina dei sottoservizi, con la mobilità, ricadute ambientali legate agli aspetti emissivi e di rumore?
AEC non risponde puntualmente, afferma che "non è possibile definire precisamente l'avanzamento di tutti i cantieri".
Fornisce degli schemi teorici ritrovabili in qualunque buon manuale scolastico di cantieristica.

(5) QUADRO AMBIENTALE: RUMORE E VIBRAZIONI.

(5 A) valutazione dell'area (su cui si intende realizzare gli impianti produttivi) dal punto di vista del vigente Piano di Classificazione Acustica, avente l'obiettivo di prevenire il deterioramento di zone acusticamente sensibili e non inquinate?

AEC non risponde, limitandosi ad argomentare che l'autorizzazione unica costituisce, di per se, variante allo strumento urbanistico. Il concetto ormai è  chiaro, ma manca la valutazione dei presupposti, cioè la garanzia della prevenzione dal deterioramento della zona, che,  per le sue obiettive caratteristiche attuali,  è acusticamente sensibile e non inquinata.
Non è che lo diventerà automaticamente, non è che continuerà ad essere tale anche dopo la costruzione dell'impianto, sic et simpliciter, solo per l'effetto della autorizzazione unica.

(5 B)
Spiegare il riferimento al D.Lgs 115/2008 ed in particolare all'art.11, dal momento che l 'articolo stesso, al comma 7, precisa che l'autorizzazione unica è rilasciata nel rispetto delle norme vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio  etc...?
AEC non risponde, continuando ad argomentare sul piano dialettico, ad avvitarsi sui concetti come un mantra ed entrando in loop.
La conclusione ovviamente è una sola:  
siccome il progetto non rispetta le normi vigenti in materia di tutela dell'ambiente e di tutela del paesaggio, l'autorizzazione non può essere concessa.
Conseguentemente non vi sarà modificazione di destinazione urbanistica.

(5 C) chiarire come possa un impianto produttivo essere collocato in un'area classe 1

AEC si limita ancora una volta  a richiamare il progetto, ribadendo che gli impianti sono progettati in modo da rispettare i limiti per la classe 1, ma senza fornire alcun elemento dimostrativo ulteriore.  Viene peraltro assicurato che saranno da altri fatti " alcuni (quali?) interventi di insonorizzazione su altre sorgenti proprie dell'Ospedale" . Cioè, insomma, sarà l'Ospedale stesso che provvederà a risolvere il problema (come? dove? quando? a spese di chi?). Ma non risulta che ASL abbia preso impegni in tal senso.


(6) QUADRO AMBIENTALE: ATMOSFERA.

(6 A) analizzare possibili scenari in cui quantificare le diverse modalità di dispersione a diverse altezze dei camini ed in riferimento a i diversi ricettori sensibili presenti nell'aria?
+473 CO?

AEC non risponde, non fornisce nuove informazioni, si limita a rinviare al progetto, ribadendo che la altezza dei camini, 35 metri, è proprio quella giusta, in quanto ideale compromesso di equilibrio fra due esigenze: impatto visivo ed efficienza dispersiva.

(6 B) non viene trattata la fase di allacciamento al teleriscaldamento. Cronoprogramma?

AEC non risponde. Fornisce un  cronoprogramma  delle fasi della posa dei tubi, mentre la richiesta è relativa alla fase di allacciamento, non fornisce informazioni sul previsto inquinamento rilasciato dai mezzi d'opera in tale fase, ne il cronoprogramma, ne le mitigazioni.


(6 C)  (6 D).  scenari in cui non tutte le utenze termiche civili stimate aderiscano all'utilizzo del teleriscaldamento. Valutazione della situazione di funzionamento delle macchine a pieno carico?

AEC ignora la domanda e conseguentemente non fornisce alcuna risposta.


(7) SUOLO
Relazione a parte



(8) PAESAGGIO ED ECOSISTEMI


(9) AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE

(9A) integrare la documentazione prodotta, presentando:
-Descrizione dettagliata dei cicli produttivi
-descrizione delle BAT di settore, in relazione alle emissioni ambientali previste
-relazione di riferimento secondo le linee guida CE ART 22 par 2 Direttiva IED 2910/75/UE
-proposta di piano di monitoraggio e controllo dell'attività, contenente in particolare  i bilanci di materia e di energia
-piano di emergenza
-impianti a rischio d'incidente rilevante
-piano di dismissione delle attività.

AEC risponde che, essendo elementi strettamente riconducibili alle apparecchiature  e macchinari che verranno necessariamente installati, non è ora in condizione di fornire tali elementi di dettaglio e quindi non fornisce nulla di quanto richiesto.
Non si capisce la difficoltà a descrivere i cicli, redigere una relazione secondo normativa, piani di monitoraggio, piani di emergenza, rischi rilevanti, piano di dismissione. Sono i normali argomenti sviluppati nei piani industriali.
Come se tali documenti fossero, per ipotesi che si formula ma non si pensa veritiera, tutti dettagli che si decideranno day by day, ad avanzamento lavori, avendo i tecnici di AEC tutto ben chiaro nella loro mente, dal momento che sono già stati in grado di calcolare consumi complessivi, volumetria degli edifici, volumi complessivi di emissioni, etc. Viene meno la possibilità per ARPA di svolgere il proprio ruolo valutativo.

(10 A)

(10 B)

(10 C) Indicare i criteri della stima di tutti i dati quantitativi di emissioni, consumi, produzione; produrre le schede tecniche delle due caldaie da 30 MWt, dei due relativi sistemi di abbattimento, dei due generatori e dei relativi sistemi di abbattimento.
Si chiede cioè di dimostrare con calcoli dettagliati le asserzioni esposte nel progetto. È certamente una delle domande fondamentali per consentire di formulare un giudizio serio, professionale e fondato, difendibile davanti a chiunque.
Valgono le stesse considerazione  formulate al punto (9A): non si capisce la difficoltà per AEC di fornire dati quantitativi e calcoli che dovrebbero essere già disponibili, in quanto costituiscono la base fondante delle loro asserzioni valutative. AEC non viene richiesta di fornire marca e nome del fornitore, ma semplicemente le specifiche tecniche dei parametri ambientali ed energetici che dovrebbero indicare nei documenti d'asta per l'acquisto dei macchinari.

La risposta è: "AEC non è ora in condizione di fornire tali elementi di dettaglio, trattandosi di elementi strettamente riconducibili alle apparecchiature ed ai macchinari che verranno necessariamente installati".


(10 D) invito al rispetto delle norme per i camini delle caldaie
AEC risponde: "I singoli impianti rispetteranno il limite indicato per le polveri totali",
anziché fornire documentazione

(10 E) stimare l'intervallo di temperatura ottimale di processo, al fine di evitare ulteriori inquinanti o danni al sistema di abbattimento.

R   AEC risponde puntualmente: 200-350C

(10 F) scheda tecnica ed altre informazioni sul gruppo elettrogeno di cui a pag 9/76 del progetto definitivo.

AEC  indica che presso la centrale di trigenerazione è previsto un gruppo elettrogeno da 400kWA alimentato esclusivamente a gasolio. Potenza di combustibile in ingresso  circa 900 kW.
AEC Non fornisce ulteriori risposte, solo la solita: " trattandosi di elementi strettamente ........
Valgono le stesse considerazioni di cui al punto (10 C)


INTEGRAZIONI DI AEC IN RISPOSTA AI QUESITI DI ASL

(A).   LOCALIZZAZIONE:
AEC non risponde allASL, si limita a ribadire che la localizzazione discende dall'obiettivo di soddisfare i fabbisogni di raffrescamento dell'Ospedale (necessità peraltro dichiaratamente mai esplicitata, ne richiesta da ASL), obiettivo che costituirebbe vincolo di carattere tecnologico (prossimità del luogo di produzione dell'acqua refrigerata e luogo di utilizzazione (ospedale).

Ma secondo il progetto la refrigerazione verrebbe prodotta per oltre il 50% dai 3 gruppi frigo elettrici, utilizzando l'energia che sarebbe generata dai 2 nuovi motori co generatori. (la restante parte sottraendo calore all'impianto per il teleriscaldamento)

Ma se la refrigerazione fosse prodotta usando direttamente l' energia elettrica acquistata dalla rete nazionale, non ci sarebbe bisogno di produrla in loco e quindi cadrebbe il vincolo di carattere tecnologico. Tanto più con i macchinari propri di cui sopra, di cui è in corso la pratica autorizzativa.

Inoltre, l'impianto non sarà utilizzato, come si legge, per fornire "principalmente" raffrescamento e calore all'Ospedale, (che, per quanto riguarda il calore, ne sarebbe destinatario solo per una quota) bensi la restante produzione sia di calore ma anche energia elettrica sarebbe destinata ad altri utenti astigiani che nulla hanno a che fare con la vicinanza all'ospedale, tant'è che per la distribuzione sono progettati più di 30 Km di tubature.
Per tali utenti sicuramente non ci cono vincoli di carattere tecnologico, forse potrebbero essere più razionali altre localizzazioni, ma AEC, pur richiesta, non fornisce alternative.
Anche per l'Ospedale, cosa cambierebbe se il calore arrivasse da una centrale a qualche chilometro di distanza?

In conclusione producendo refrigerazione con energia elettrica proveniente direttamente dalla rete nazionale e calore proveniente da altra localizzazione a pochi km dall 'Ospedale, verrebbero meno tutti i presunti vincoli tecnologici che secondo il progetto non ammetterebbero altra localizzazione.



(B).    RUMORE:
AEC sostanzialmente non risponde alle puntualizzazioni dell'ASL: si limita a sostenere genericamente che
(1) SE l'esercizio della attività prevista rispetta i limiti di classe 1 della Tabella 1 del DPCM 14/11/97 e
(2) SE tale destinazione d'uso è consentita dal piano urbanistico, e
(3) SE le aree destinate a servizi afferenti alle aree residenziali e lavorative assumono la classificazione acustica di tali zone,
allora l'impianto non è incompatibile.

Ma i limiti di cui al punto (1) non sono rispettati e l'attuale destinazione d'uso di cui al punto (2) non consente un tale insediamento.
Infatti la citata Relazione tecnico architettonica (13ARCHASL) indica, per l'edificio di cogenerazione, in 50 dB il livello di pressione sonora all'esterno (115dB all'interno), costante, senza distinzione fra fasce orarie, mentre in classe 1 il valore limite di emissione è 35 (dalle 22 alle 6) e 45 (dalle 6 alle 22), il valore limite di immissione è rispettivamente 40/50.
Peraltro nulla viene precisato circa i livelli di rumore prodotti dall'edificio caldaie.

Inoltre, argomentando solo dialetticamente, visto che l'attività industriale prevista dal progetto attualmente non è previsto possa essere svolta in un'"area destinata a servizi sociali ed attrezzature di interesse generale (sociali, sanitarie ed ospedaliere)", allora la soluzione proposta è quella di modificare le regole, modificando la destinazione d'uso ad "area per attrezzature pubbliche di tipo direzionale, di supporto logistico e tecnologico ed area per attrezzature di tipo direzionale di società che svolgono un servizio di interesse generale ed aree cimiteriali".

Ammesso che sia ammissibile una tale eccezione al comportamento ordinario, tale modifica non sarebbe sufficiente a consentire l'installazione di un così grande impianto industriale.
È lapalissiano che un voluminoso impianto industriale privato destinato a produrre prodotti da vendere al mercato  non può essere classificato una semplice "attrezzatura pubblica di tipo direzionale", ne di semplice "supporto logistico e tecnologico", per i seguenti motivi.
Innanzitutto perché non è una attrezzatura "pubblica", bensì privata, stante la partecipazione minoritaria indiretta del Comune di Asti (a regime 5% o 7,5%) in AEC S.p.A.
Inoltre, in quanto industria finalizzata essa stessa alla produzione di energia elettrica ed acqua calda, non sarebbe una semplice attrezzatura "di tipo direzionale", ne sarebbe una semplice attrezzatura di "supporto" logistico e tecnologico. Non di supporto si tratta, ma di produzione diretta.
A quali soggetti, sarebbe di supporto,  visto che è esso stesso il soggetto produttore? Supporto all'Ospedale? Ma l'Ospedale sarebbe uno dei  clienti, al pari dei 500 palazzi potenzialmente acquirenti del calore ed al pari  della rete cittadina potenzialmente acquirente dell'energia elettrica.

Quanto al punto (3) (le aree destinate a servizi afferenti alle aree residenziali e lavorative assumono la classificazione acustica di tali zone) si tratta di una interpretazione troppo estensiva, come dire che, siccome altre centinaia di attività di produzione afferiscono l'area dell'ospedale e quella residenziale, vi si potrebbero impiantare per assurdo industrie che producono sale operatorie, macchinari sanitari, gas sanitari, trattamento rifiuti ospedalieri, trattamento rifiuti domestici, produzione di mobili e suppellettili, estrazione di gas metano, etc.
Come dichiarato nella relazione tecnico-architettonica (doc 13ARCHASL, presentata da AEC fra le integrazioni) i due edifici di cogenerazione e per le caldaie,  contenenti i motori, le caldaie etc., "avranno caratteristiche industriali" .
L'esistenza di  apparecchiature industriali (motori, caldaie, cisterne etc.) sommate al fatto che sono contenute in un edificio industriale comportano evidentemente lo svolgimento di una attività industriale e quindi  costituiscono un insediamento industriale, che la Tabella 1 del DPCM 13/11/97 colloca in classe 5, non 1.
Trattandosi di produzione di energia elettrica e di acqua calda, non si può quindi sostenere che si tratti di servizi afferenti all'area residenziale: non sono servizi, bensì  sono i prodotti di una attività industriale.

(C). INDUSTRIA INSALUBRE DI PRIMA CLASSE.
AEC non risponde, non nega si tratti effettivamente di industria insalubre di prima classe, ma si limita a rimandare al progetto originario, dove, afferma, grazie alla "adozione di nuovi metodi e speciali cautele" ( quali? ne è mai stata dimostrata l'efficacia?)  "non si reca nocumento alla salute del vicinato", dimenticando di ricordare che progetto originale espone un peggioramento del 473% di monossido di carbonio proprio nell'area dell'Ospedale. Non essendo stato negato, anzi, essendo stato richiamato in toto il capitolo 4 Quadro Ambientale, il +473% di peggioramento in  perimetro area Ospedale viene confermato.


(D). ATMOSFERA/ SCENARI DI PARZIALE ADESIONE DELLA CLIENTELA
RICONSIDERARE IPOTESI ALTERNATIVE
L' ASL pone la questione che una eventuale non saturazione degli impianti a regime (nel caso non aderisse l' ASL in tutto od in parte o non aderissero in tutto od in parte  i 500 altri clienti) comporterebbe una contemporanea emissione di inquinanti sia da parte del nuovo impianto che da parte degli utenti non allacciati. Chiede la ripresentazione dello studio di emissioni di inquinanti,  anche quelli attesi da nuove caldaie ospedaliere di nuova generazione in sostituzione delle attuali obsolete, su cui si erano fondati i calcoli di progetto.
AEC non risponde adeguatamente, ignora la richiesta di riformulazione dei conteggi.

- AEC si limita a negare la possibile contemporaneità di emissione di inquinanti,
sia perché cesserebbero le emissioni dell'attuale centrale dell'Ospedale (dando per scontato che l'Ospedale aderirà al 100% alle forniture; sulla base di che, visto che l' ASL ha negato ogni tipo di impegno ad accettare le forniture?),
sia perché cesserebbe "il consumo di energia elettrica nazionale"( ignorando il fatto sostanziale che gli impianti nazionali sono sfruttati solo al 50% e l'energia nazionale è prodotta quasi al 50% da fonti non inquinanti; che senso ha fare una nuova centrale elettrica a metano a pochi metri dall'Ospedale e poche centinaia di metri dal centro cittadino?)
- afferma che l'attuale caldaia ospedaliera sarà mantenuta in funzione solo per le emergenze ( ma se è obsoleta? E se è tale, quanto prima non lo sarà più grazie ai lavori di efficientazione già avviati),
- afferma la cessazione delle emissioni delle caldaie delle abitazioni secondo un "cronoprogramma" definito in accordo con la Amministrazione Comunale (ma si tratta di autonome decisioni dei Cittadini o sarebbero decisioni di competenza dell'Amministrazione Comunale? Né il Comune ne AEC hanno reso pubblico un tale documento),
- afferma che "in ogni caso, comunque già in questa prima fase le emissioni sono notevolmente inferiori a quelle attuali, come evidenziato dalle diverse elaborazioni prodotte" (quali elaborazioni? Non sono stati presentati scenari per fasi, quale sarebbe la prima fase? Non sono state fornite le dimostrazioni),
- promette che saranno predisposte ipotesi operative alternative al fine di valutare le ricadute in termini ambientali. (i 45+45 giorni di proroga non sono bastati a fare le simulazioni? quando saranno prodotti i calcoli? Non c'è un impegno sui tempi? Come impatta sul calcolo dei 180 giorni totali del procedimento?),
- ribadisce il concetto di vincolo di carattere tecnologico del raffrescamento ai fini della localizzazione,
- afferma che ci sarebbe "sostituzione" degli attuali impianti, contraddicendosi con  quanto affermato circa  la necessità di mantenere in vita i vecchi impianti.


(E) LEGIONELLOSI
L' ASL chiede apposita relazione sulle misure di prevenzione e controllo del rischio.
AEC non fornisce alcuno studio, si limita a promettere: "ogni esatto adempimento in sede progettuale, assicurandone l'attuazione in fase di realizzazione e gestione


(F) STAGIONALITÀ DELLE EMISSIONI/QUALITÀ DELL'ARIA
AEC fa alcune considerazioni di principio, non suffragate da calcoli dimostrativi.



(G) MONOSSIDO DI CARBONIO
AEC ribadisce quanto già esposto nel progetto originario: promessa di riduzione della CO  nell'ambito urbano della città di Asti, grazie alla dismissione ipotetica delle caldaie di  500 abitazioni .
Nella tabella 4.2.10 di cui al paragrafo 4.2.4.3, a parte un errore di  calcolo dovuto ad un errore concettuale (cioè nello scenario attuale, le tonnellate/anno 2940 di CO da energia elettrica da rete nazionale non possono essere sommate  nel bilancio a scala locale in quanto non sono prodotte ad Asti,dove non risultano centrali elettriche convenzionali. In ogni caso genererebbero altrove solo circa la metà delle 2940 ton/anno, in quanto l'energia elettrica è prodotta fra il 40% ed il 50% da fonti rinnovabili FER), il bilancio a scala locale (area urbana di Asti) si chiuderebbe con una minor produzione di CO: escludendo dal calcolo le 2940 tonn/anno da energia elettrica di produzione nazionale, se tutti i 500 palazzi si allacciassero, si otterrebbe, secondo i calcoli AEC ) una minor produzione di  5970 ton/anno di CO.

Ma cosa accadrebbe se non tutti i 500 si allacciassero?


Quale sarebbe il punto di indifferenza (bilancio a scala locale a  variazione zero di ton/anno)?
AEC non ha fornito calcoli


Ma il punto è un altro: il bilancio a scala locale (perimetro area ospedale)  è sempre negativo, con un + 473% d incremento del CO, proprio in una zona sensibile, dove è inconcepibile qualunque aggravio di inquinamento chimico.

Le ulteriori affermazioni di AEC, di cui alle integrazioni, non mutano le conclusioni di un aggravio del +473% di CO nell'area dell'Ospedale già evidenziate nella tabella 4.2/10 del SIA del progetto originario.

Non è concepibile ne è giustificabile che la costruzione e gestione di un grande impianto industriale possa essere fatta, anziché in un'area a destinazione industriale, all'interno di una area a destinazione residenziale, dove si genererà la maggior concentrazione di inquinamento, dove ci sono parchi pubblici che accolgono bambini ed anziani, impianti sportivi, scuole di vario grado, case di riposo, luoghi di culto, oratori, villette e palazzi residenziali e, ovviamente, l'Ospedale di Asti.
In particolare, essendo l'Ospedale deputato alla cura ed al miglioramento dello stato di salute degli utenti,  è un luogo in cui prioritariamente, senza se e senza ma, per comune buon senso tutti pensano si dovrebbe escludere un aumento dell'inquinamento ambientale; sarebbe poco saggio peggiorare la condizione  dei degenti e degli altri utenti in generale con ulteriori emissioni di inquinamento chimico, acustico ed olfattivo.
Per giunta, previe sostanziali modifiche al piano regolatore,  si concederebbe ad un privato di costruire l'impianto industriale addirittura all'INTERNO DELL'AREA DELL'OSPEDALE, occupando una grande superficie di 6700 metri quadri di terreno che fra qualche anno nessuno può escludere potrebbe servire a produrre nuovi servizi ospedalieri per far fronte ad accresciute esigenze sanitarie.  Quando si pensa all'Ospedale si pensa ad un luogo di cura delle malattie e della sofferenza, non ad uno stabilimento industriale inquinante. L'Ospedale di Asti ha già tanti altri problemi, lo si  lasci concentrare sulla cura delle malattie, senza farsi carico ed occuparsi di faccende ed affari di altri.


INTEGRAZIONI DI AEC IN RISPOSTA AI QUESITI DELLA PROVINCIA:

La Provincia richiede integrazioni ad allegati tecnici ed alla Relazione illustrativa, fra cui in particolare le motivazioni per cui si ritiene compatibile l'impianto con la destinazione urbanistica proposta post modifica.

AEC non risponde adeguatamente, se non ribadendo concetti già esposti.

Paolo Montrucchio
19/2/2016

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