Ma esistono davvero due tipi di amministratori pubblici?



di Alessandro Mortarino.

Gli incontri culturali hanno sempre uno scopo: far riflettere. Non sempre, però, ci riescono. Ma quando ci riescono, scatenano (appunto) riflessioni. Giovedì scorso, nella sala Pastrone di Asti, gli amici del compianto Silvio Ciuccetti hanno organizzato una serata intelligente e ricca di stimoli per tenere viva la sua memoria e discorrere attorno ad un tema singolare "Non c'è più tempo da perdere - La nevrosi del tempo". Una specie di salotto intimo, guidato da un acuto ed ironico Beppe Rovera, impreziosito dai brani interpretati da Aldo Delaude e dalle canzoni originali dei Grattagatto & Banda Cirquasi alternati alle sollecitazioni di due psichiatri e di tante altre voci tra il pubblico. Tra esse, quella di un assessore comunale, che mi ha stimolato una riflessione ...

A scanso di equivoci (sempre dietro l'angolo, di questi tempi ...) non nomino l'assessore perchè non ci sarà nelle mie considerazioni alcuno spunto polemico. Nè sottile, nè velato. Nessuna nebbia, ma solo una riflessione. Appunto. (Culturale, se volete ...).

Che scaturisce da una sua frase che, più o meno, sintetizzava il concetto secondo cui oggi in politica è normale incontrare due "specie" di homo sapiens: l'amministratore onesto, che si impegna, suda, cerca di fare del suo meglio e spera poi di ottenere i risultati attesi dai suoi cittadini (elettori e non). E l'amministratore che, invece, ricopre una carica per ambizione personale o, peggio, per specifici interessi individuali: un soggetto che purtroppo non pare sporadico nel nostro arcipelago istituzionale.

Una frase simile, pronunciata nel caldo alone di un salotto di pensieri, mi ha colpito con delicatezza all'incirca all'altezza della bocca dello stomaco, là dove i reflussi gastrici incontrano quasi casualmente l'ansia. E vi è rimasto per un po' di ore; non tante per trasformarsi in gastrite, fortunatamente, ma sufficienti per generare una acidità innaturale permanente.

Perchè riflettendoci, la frase del nostro assessore (che non me ne voglia ...) poteva passar liscia in un qualunque cerimoniale, ma in un salotto di idee era destinata a lasciar tracce residuali.
Credo, infatti, che sia difficile pensare che possano esistere in natura due tipi di amministratori pubblici: uno "buono" e uno "cattivo". L'amministratore pubblico può essere solo "buono".
Deve esserlo.
L'altro è solo un pericolo (pubblico, ovviamente), un nemico della comunità, un soggetto che non può e non deve appartenere alla classe dei decisori.

E quello "buono" (non ho dubbi che il nostro assessore lo sia) ha il dovere di vestire un abito mentale privo di autocondizionamenti, non può accettare a priori la sua convivenza con quello "cattivo"; non deve, cioè, essere succube di una alterità negativa conclamata e, inconsciamente, accettata.

E' questione di clima, di purezza, di vita.

Non c'è più tempo da perdere. Davvero.

Occorre svestire i panni dell'ambiguità: e questo è il primo dovere di ogni cittadino. Figuriamoci se, a maggior ragione, non deve essere l'abitudine nella norma quotidiana di un buon amministratore.

Impariamo a non accettare il guasto della e nella nostra società: ma esistono scuole che ce lo insegnino o tutto lo lasciamo al caso e alla presunta innata consapevolezza del sè ?


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