A cura della Commissione Pari Opoortunità del Comune di Asti.
Anche i territori hanno il diritto di vedersi riconosciute pari opportunità. Per maggior precisione: i cittadini e le cittadine devono godere degli stessi diritti e delle stesse opportunità, a prescindere dal luogo in cui hanno la ventura di nascere o di vivere.
Questo vale in primis per la salute, per cui non è accettabile che lo stesso malore possa avere esiti mortali in un territorio ed essere curabile in un altro, meglio provvisto di servizi sanitari. Ma vale ugualmente per l'istruzione così come per altri servizi di pubblica utilità ...
Se si concorda con quanto sopra esposto, non si può fare a meno di guardare con una certa preoccupazione ai movimenti che stanno avvenendo sul nostro territorio, cioè l'emigrazione verso Alessandria di reparti (qualificati!) del nostro Ospedale nonché, recentemente, di Questura e Prefettura. Cos'altro ancora?
Si sente parlare della necessità di un rilancio, si fanno convegni in cui si esalta il potenziale turistico della città, che potrebbe diventare il fulcro di un’economia da reinventare: benissimo! Ma tali ottimi proponimenti entrano in rotta di collisione con il progressivo svuotamento di uffici pubblici e relativi servizi. C'è da temere, al contrario, che la città si impoverisca ulteriormente.
Asti diventerà una città sempre più vuota non solo di persone (cittadini!), che dovranno svolgere la loro attività lavorativa in un’altra sede, ma di esercizi commerciali che chiuderanno, di bar che vedranno dimezzati i propri clienti, di cittadini che si sentiranno meno sicuri, di scuole che perderanno occasioni di prevenzione per i loro studenti, di processi di integrazione lasciati senza regia.
Sarà affollata solo la stazione, anche perché saranno soprattutto gli utenti a doversi recare in un’altra città per incombenze amministrative e/o esami medici che non saranno più possibili sul territorio. A proposito, anche prendere un caffè prima di salire sul treno sarà complicato, visto che la nostra stazione è forse l'unica in Italia, tra quelle di pari importanza, a non avere un bar....
Quali pari opportunità, dunque, per i cittadini di Asti? La bozza di riordino resa pubblica non lascia intendere l’equa distribuzione di servizi accorpati ma equamente ripartiti tra i due territori: tutto pare che convergerà su Alessandria.
L’accorpamento di due realtà territoriali non può già sancire che un territorio perda tutto a vantaggio di un altro!
Durante le riprese televisive che hanno trasmesso il Palio di Asti 2015 è stata più volte sottolineata l’importanza storica che Asti ha avuto nei secoli.
Antichissime origini romane, secondo libero Comune autorizzato a battere moneta, popolo orgoglioso che sospende il suo Palio piuttosto che obbedire all’imposizione del regime fascista, a seguito di pretese senesi, di cambiarne il nome in “certame cavalleresco”.
A tal proposito è molto avvincente la storia del drappo del Palio del 1938 narrata sull’ ultimo numero della rivista “Astigiani” di settembre.
Girando per la città è stato facile, in questi weekend settembrini, incontrare gruppi di turisti affascinati dalla bellezza del nostro centro storico, smarriti di fronte all’imponenza delle nostre chiese e con il naso all’insù alla ricerca di tracce di quelle famose cento torri medievali.
Così come è stato illuminante, chiacchierando con alcuni di loro, provare a vedere con altri occhi la nostra città e scoprirne semplicemente le bellezze, apprezzarne il fascino senza farci condizionare dai problemi quotidiani.
Asti ha dimostrato nei secoli una forte personalità ed un attaccamento notevole ai propri valori, alla propria storia ed ai propri colori, così come gli astigiani hanno sempre saputo affrontare gli eventi negativi - valga per tutti l’alluvione del ’94 - con coraggio, determinazione e capacità di ricominciare. E poi sanno accogliere, magari mugugnano un po’ davanti alla novità ma poi sanno diventare un modello per capacità di offrire professionalità, solidarietà, beni di conforto, amicizia e sorrisi.
Che dire allora, forza astigiani vecchi e nuovi, rispolverate un po’ dell’antico orgoglio e non lasciate che ancora una volta il potere centrale, emulando il Barbarossa, rada metaforicamente al suolo i nostri servizi e ci sparga pure sopra il sale facendo diventare Asti vassallo di qualcun altro.
Chiediamo alla classe dirigente locale - politica, economica e culturale – di difendere l'identità di una città di cui, già nelle antiche cronache, si diceva “Aste nitet mundo…”, cioè “Asti risplende nel mondo…”, motto riportato nel cartiglio sotto lo stemma comunale.
Noi crediamo che la città lo meriti.