di Alessandro Mortarino.
Ieri ho stretto forte nel pugno della mano
una manciata di semi di Pace.
Nel bordo del mio piccolo orto famigliare
la zappa ha tracciato un solco lieve, diritto,
sicuro come una strada abituale.
Il pugno si è fatto palmo
e uno a uno i miei semi della Pace hanno trovato dimora
e poi giaciglio
e poi caldo abbraccio.
Attorno rumori. Sempre più forti. Sempre più vicini.
Ho alzato lo sguardo: una fila interminabile
di carri.
Armati.
Ho continuato, smosso terra per ricoprire il mio segreto.
Rumori. Forti. Vicini.
Mi sono allontanato, senza voltarmi.
Non c'era bisogno di osservare, i carri armati tiravano dritti
verso il bordo del mio piccolo orto.
Senza arrestarsi.
Uno in fila all'altro, tutti inseguendo la linea immaginaria
che da un punto d'origine (confine?) insegue una propria meta.
La linea del mio solco.
I cingoli feroci sulla terra ancora umida
poi violentata e resa compatta.
Lo schiaffo della morte.
In primavera qualche seme si scoprì piantina,
nonostante tutto.
Divenne fiore e colore, addirittura profumo.
Due bimbi, correndo, videro quelle piccole teste gialle
e rosse e verdi
si fermarono ad ammirarle
strapparono qualche stelo e corsero dalla loro mamma.
Guarda che belli.
Non avreste dovuto reciderli.
Ma li abbiamo trovati noi.
Senza terra non vivranno a lungo.
Oh...
Proviamo a metterli in un piccolo vaso, annaffiamoli, curiamoli
e forse ce la faranno.
Qualcuno ce l'ha fatta.
Semi che diventano piante da piante recise,
piante che tornano.
Piante che diventano forti e diventano fiori.
E' ora di portarle nel campo e rimetterle nella loro terra.
Sì, è l'ora.
Bimbi e mamma raggiunsero il mio piccolo orto
e io ero lì, la zappa stava disegnando un altro solco.
Ma più in basso.
Perchè il vecchio solco squassato era tutto fiorito.
Fiori gonfi da cui esplodevano semi.
Non ci furono parole,
i bimbi appoggiarono a terra i loro vasetti come navi al varo.
Dal mio pugno altri semi sposavano il rito della natura.
Rumori. Deboli. Lontani.
Il tramonto sa custodire segreti.
Per chi li sa ascoltare.