di Maurizio Bongioanni.
"Faticai molto a superare il suo odore dovuto al sego di capra di cui erano intrisi i suoi capelli, e ancora di più a stabilire con lei un rapporto sessuale perché era fin dalla nascita infibulata: il che oltre a opporre ai miei desideri una barriera insormontabile (ci volle per demolirla un brutale intervento della madre) la rendeva del tutto insensibile". Indro Montanelli scrisse queste parole nel 2000, per rispondere alla domanda di una lettrice che chiedeva di farsi raccontare la prima "avventura matrimoniale" (sempre parole di Montanelli) del giornalista, avvenuta quando lui aveva 25 anni ed era impegnato nella campagna di Abissinia. La ragazza con cui si sposò aveva 12 anni...
Ora, non c'è bisogno di dire che i tempi erano diversi, il contesto sociale e mondiale era differente dal nostro, così come i valori e la cultura fra popoli (sebbene oggi molte di queste culture si siano appiattite e standardizzate, nel bene e nel male, esistono ancora grandi differenze). Tutto ciò però non deve suonare come una giustificazione nei confronti di Montanelli, quanto piuttosto giustificare l'atto, definito vandalico, di imbrattamento della statua di Montanelli, nell'omonimo parco, a Milano.
Tutto questo parlare, che ha dato sfoggio della bassessa del discorso mediatico - fatte le dovute eccezioni - di oggi, dovrebbe spingere a fare una riflessione sull'atto in sè: una statua è stata vandalizzata, evviva, significa che la storia non è morta. Vandalizzare quella statua è stato un gesto democratico, più di quanto credono i difensori della libertà di opinione che ora stanno difendendo Montanelli. La libertà di chi non ha voce mainstream è stata rappresentata da una secchiata di vernice.
Chiariamo subito una cosa: non sto dicendo che chi ha versato quella vernice fosse consapevole del suo gesto. Però - seppur inconsapevolmente - ha incarnato bene la semiotica della protesta in corso.
Chi di voi ricorda il grande murales con il volto del duce, murales che salutava chiunque entrasse a Montà d'Alba, ora quasi invisibile se non del tutto rimosso dal tempo? Ebbene, ricordate che quel dipinto portava i segni di qualcuno che aveva lanciato secchiate di vernice a mo' di sfregio? Eppure sia il murales di Mussolini che le secchiate sono rimaste lì, a imperitura memoria, a ricordare allo stesso tempo un periodo storico che ha lasciato un'eredità sia materiale che non, sia il gesto di chi si è ribellato a quell'eredità.
Credo sia molto più preoccupante dimenticare la storia, o dimenticare di discuterne, come succede con la statua del general Govone nel bel mezzo di piazza Michele Ferrero ad Alba, accusato di crimini contro l'umanità durante il regno sabaudo in Sicilia. Una vicenda storica poco conosciuta.
Sarà una secchiata a riaprire il dibattito?