La domanda è provocatoria, perché in genere noi (noi chi? Diciamo quelli di sinistra in senso lato ...) amiamo rispondere che tutti gli essere umani hanno gli stessi diritti, che le barriere nazionali non hanno senso (“il proletariato non ha nazione, internazionalismo, rivoluzione” ... si gridava una volta nei cortei), che l'apporto di nuove culture non può che rendere più ricca e variegata la nostra società, che le differenze sono una ricchezza ... Nel frattempo, le persone a cui dovremmo rivolgerci, quelli che come noi vorrebbero cambiare questo mondo, in buona parte ci guardano di storto e ci capiscono sempre di meno. Chi pratica l'attività sindacale lo percepisce in modo quasi fisico ...
Sarà colpa dell'imbarbarimento dei nostri tempi ? Dei media ? Dell'esasperata ricerca di un capro espiatorio su cui scaricare le difficoltà ?
C'è tutto questo, sicuramente. Ma forse c'è anche uno sbaglio che noi facciamo dal punto di vista della comunicazione, del modo con cui ci approcciamo al problema. L'impressione, banalizzando un po', è che mentre noi tessiamo le lodi della società multietnica, le classi popolari sentano gli immigrati come i loro diretti concorrenti: concorrenti sul lavoro, nell'assegnazione delle case popolari, nei posti all'asilo nido.....Con un'espressione semplificatoria ma efficace, si potrebbe dire che gli immigrati in genere stazionano nelle periferie, sia logistiche sia economiche, e con gli abitanti delle periferie entrano in conflitto. Forse, invece, i militanti dell'”altro mondo possibile” abitano in altri luoghi, meno disagiati, sentono quindi meno questo impatto e non riescono a darsi ragione delle violente ondate di insofferenza che stanno montando.
Queste ondate di insofferenza, inutile nasconderlo, sono più facilmente interpretabili dalla destra, soprattutto dalla Lega. Per dire o scrivere “fuori i negri o i rumeni o gli albanesi dall'Italia” ci vogliono pochi secondi, è un messaggio facile, a misura di spot pubblicitario, tutti lo capiscono e dà soddisfazione a chi si sente defraudato. Spiegare perché questo slogan è sbagliato....richiede più tempo, richiede un discorso articolato, richiede la pazienza di ascoltare o di leggere per più di qualche secondo. Peggio, non dà nessuna facile consolazione, non prospetta una soluzione immediata.
Sia ben chiaro, neanche la destra ha una soluzione immediata, però fa finta, e l'effetto le riesce abbastanza bene. E allora? E allora noi proviamo lo stesso ad articolare il discorso, poi vediamo se riusciamo a renderlo agibile dal punto di vista comunicativo.
Per far questo, proverò a ricordarmi (a braccio!) la conferenza di Agnoletto ad Asti, organizzata da Rifondazione Comunista l'anno scorso, proprio su questo tema, senza nessuna pretesa di riportare esattamente il suo pensiero, ma affidandomi alle suggestioni che sono rimaste impresse nella memoria.
Diceva Agnoletto, tanto per iniziare, che l'immigrazione è decisamente un male, prima di tutto per chi la fa. Si emigra perché nel proprio paese di origine non si ha lavoro, non si hanno mezzi di sussistenza, non si ha la possibilità di costruirsi una vita dignitosa. La stragrande maggioranza di coloro che emigrano sono mossi da queste esigenze, così è oggi e così era ieri, quando emigravano gli italiani.
In effetti, se ci pensiamo, coloro che lasciano il loro paese e i loro affetti per spirito di avventura o di conoscenza o per seguire un amore o una inclinazione, sono una tale minoranza che, se solo di loro si trattasse, certo non costituirebbero un problema sociale. Qui stiamo parlando delle grandi ondate di immigrazione dovute ai disastri economici, alle guerre, alle persecuzioni politiche e/o razziali. Stiamo parlando di gente che, se avesse potuto, sarebbe stata ben felice di rimanere a casa propria. Tanto per provocare, ciò vale anche per chi delinque, perché comunque è più facile delinquere nel proprio paese, dove si è padroni del territorio, che non doversi misurare con una lingua e con abitudini diverse, doversi conquistare il territorio dove altri sono già insediati. Persino i famosi “delinquenti”, quindi, potendo se ne sarebbero stati a casa. Ma dove non c'è ricchezza, dove si stenta a sopravvivere, anche delinquere non è facilissimo !
Ma lasciamo stare le provocazioni. Stabiliamo quindi che chi parte, lo fa perché ha bisogno. Fin qui molti ci seguono ancora, è difficile che ci sia qualcuno che abbia la faccia di sostenere che “no, se sei nato nella parte sfigata del mondo ... peggio per te, stai pure nella tua miseria, perché il fatto di essere nato lì automaticamente ti rende degno solo di una vita miserabile”.
Comunque, buona parte delle persone non sono così “fetenti”, in genere ammettono che chiunque abbia il diritto di cercare una vita migliore, però sono scocciatissime che lo si debba fare a spese loro. Ad esempio, è facile sentirsi dire “Ma se non ne abbiamo neanche per noi, come facciamo ad aiutare loro?”
Qui bisogna fare due osservazioni, una impopolare e l'altra pure peggio.
Quella poco popolare: è vero che la presenza di immigrati reca anche vantaggi, oltre che svantaggi. Il problema è che i vantaggi e gli svantaggi si abbattono su persone diverse. I vantaggi si chi affitta al nero, su chi sfrutta il lavoro sempre al nero, sul sistema pensionistico, sulle aziende che altrimenti chiuderebbero, sulle famiglie che non saprebbero come fare con gli anziani (beninteso, tutti costoro magari ingrossano le file della Lega, perché guardare al di là del proprio naso è una fatica.....) Gli svantaggi, lo dicevamo prima, si abbattono sui vari sfigati di casa nostra, che magari non accetterebbero mai di pulire il culo ai vecchietti ma si incazzano se altri lo fanno al posto loro. E hanno anche qualche ragione, questo va detto, perché senza immigrati (anzi, in questo caso senza immigrate), l'assistenza agli anziani forse sarebbe pagata a peso d'oro. Una concorrenza al ribasso esiste, è inutile che lo neghiamo! Se continuiamo a dire che gli immigrati fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare, siamo ipocriti, perché gli italiani non vogliono più fare quei lavori alle condizioni a cui li fanno gli immigrati, ma d'altra parte senza immigrati, cioè con una terribile carenza d'offerta di manodopera, le condizioni sarebbero tutt'altre!
Ed ecco l'osservazione ancora più impopolare: a quelli che dicono “ma non ne abbiamo neanche per noi, come facciamo ad aiutare loro?”, bisognerebbe avere il coraggio di rispondere che bestemmiano. Punto. Che la miseria e la fame sono la miseria e la fame. Che le malattie da miseria in Occidente non ci sono, neanche in periferia. Che il sistema sociale europeo (europeo, lo ribadisco), nel secondo dopoguerra, ha garantito forse le migliori condizioni di sussistenza che l'umanità abbia mai conosciuto nella sua storia. Che noi (giustamente) ci ribelliamo al fatto che gli immigrati irregolari possano accedere alle cure mediche ma con il rischio di essere denunciati ma, contemporaneamente, gli americani (americani, non immigrati) senza assicurazione sanitaria, crepano: nessuno li denuncia ma nessuno li cura, crepano. Può darsi che adesso questa crisi finisca per distruggere quello che resta del sistema sociale europeo ma, per il momento, da noi non si muore di lebbra o di colera o di dissenteria.
Comunque, un convincimento molto diffuso tra gli italiani è quello di non voler pagare per la miseria degli altri continenti.. “Non è mica colpa nostra!” E invece lo è. Ovviamente, non colpa loro in senso diretto, ma colpa dell'Occidente (di cui loro sono parte) sì.
Ed ecco cosa dice Agnoletto, proprio riferendosi alla sua esperienza di parlamentare europeo.
L'Unione Europea spende un sacco di soldi, la maggior parte del suo bilancio, per sostenere la sua agricoltura. Ragion per cui l'agricoltura europea è assolutamente drogata: è meccanizzata, fa uso di prodotti chimici ma, soprattutto, è super-sovvenzionata. Senza tali sovvenzioni, gli agricoltori europei non ce la farebbero. Aggiungo io che non dobbiamo pensare ai piccoli coltivatori, ormai in via di estinzione, ma alle grandi aziende del comparto agro-alimentare, delle vere e proprie lobbies che possono influenzare le elezioni di un parlamentare europeo. L'Unione Europea può quindi produrre in eccedenza rispetto ai suoi bisogni e piazzare sul mercato internazionale dei prodotti agricoli a prezzi assolutamente concorrenziali. Se questi prodotti vengono piazzati, ad esempio, in Africa, entrano in competizione con le produzioni locali. I produttori locali sono di piccole dimensioni, non sono meccanizzati e tecnologizzati come i produttori europei, soprattutto non hanno sovvenzioni, non sono una lobby. In breve, soccombono. Gli agricoltori africani, resi perciò ormai disoccupati, non hanno altra scelta che emigrare verso le grandi città africane e andare ad ingrossare il popolo di disperati che vive nelle bidonvilles. Da qui, l'emigrazione verso il ricco Occidente può apparire come un azzardo che val la pena di tentare. Bisognerà raccogliere i soldi per il passaggio, ci saranno deserti e mari da attraversare, ma può apparire l'unica, disperata, opportunità per provare a farsi una vita degna di questo nome.
Approdati in Europa (chi ce la fa), saranno la manodopera a basso prezzo, ricattabile in quanto clandestina, che tornerà utile ai padroni per fare profitti e per “tenere bassi” i lavoratori di casa propria. Ovviamente questi lavoratori europei, oggettivamente penalizzati da questa nuova concorrenza al ribasso, coveranno un profondo rancore verso questi intrusi, e si sentiranno meglio ogni qual volta li potranno maltrattare.
Possiamo aggiungere che molti degli stranieri non ce la faranno ad inserirsi in modo più o meno accettabile, si sbanderanno e tenderanno a delinquere. E anche che, a prescindere, le differenze di culture, di stili di vita, di mentalità, potranno creare frizioni ed incomprensioni anche nei casi migliori. Infine, in tutte le ondate migratorie da che mondo è mondo, c'è una percentuale di chi già delinqueva a casa propria e pensa di farlo più facilmente dove c'è più ricchezza.
E voilà, la miscela esplosiva è servita.
- I lavoratori degli altri continenti sono le vittime e qui diventano i colpevoli.
- I lavoratori europei sono gabbati dai loro governanti, e sono gabbati due volte: perché le sovvenzioni che provocano le ondate migratorie , e quindi la concorrenza al ribasso, chi le paga? Ma i lavoratori dipendenti europei con le loro tasse, naturalmente.
Il bello è che tali lavoratori europei, per esempio gli italiani, votano entusiasticamente per i responsabili di questa situazione e se la prendono con le vittime .
Come se ne esce ? Diceva qualcuno che per ogni problema complesso c'è una risposta facile. Peccato che sia sbagliata.
Noi proviamo almeno ad evitare le risposte sbagliate.