di Mao Valpiana, Presidente del Movimento Nonviolento.
Nelle scorse settimane è scoppiato lo scandalo dei rimborsi elettorali ai partiti. I tesorieri di due formazioni politiche, Margherita e Lega, sono stati trovati con le mani nel sacco. La magistratura indaga, saranno i processi a dire se si tratta di due mele marce, o se marcio è tutto il sistema, se i dirigenti di quei partiti sono parte lesa o se erano al corrente e conniventi con gli utilizzi illeciti di quel denaro. La pentola è stata finalmente scoperchiata, mostrando all'opinione pubblica una realtà che per troppi anni è stata tenuta nascosta (a chi preferiva non sapere) ...
La storia è lunga. Nel 1974 viene introdotta la Legge che interpreta il sostegno all’iniziativa politica come puro finanziamento riservato alle strutture dei partiti presenti in Parlamento (con l’effetto di penalizzare le formazioni politiche fuori dal Palazzo).
Nel 1978 i radicali tentano la strada del referendum abrogativo, che però non supera il quorum, anche se i “sì” raggiungono il 43,6% (nonostante la contrarietà di tutti i partiti).
Nel 1980 una nuova Legge raddoppia i finanziamenti pubblici ai partiti. Nel 1983 un nuovo Referendum, promosso ancora dai radicali, questa volta valido, ottiene il 90,3% dei consensi e quindi la legge viene abrogata.
Pochi mesi dopo, però, il Parlamento aggiorna la già esistente legge sui rimborsi elettorali, definiti “contributi per le spese elettorali”. Rientra dalla finestra ciò che era uscito dalla porta.
Nel 1999 una nuova legge stabilisce che il rimborso elettorale previsto non ha attinenza diretta con le spese effettivamente sostenute per le campagne elettorali. Sono previsti quattro fondi: per elezioni alla Camera, al Senato, al Parlamento Europeo, alle Regionali, erogati in rate annuali, per 193.713.000 euro in caso di legislatura politica completa (l’erogazione viene interrotta in caso di fine anticipata della legislatura).
Nel 2002 la Legge trasforma in annuale il fondo e abbassa dal 4 all’1% il quorum per ottenere il rimborso elettorale. L’ammontare da erogare, per Camera e Senato, nel caso di legislatura completa raddoppia, passando da 193.713.000 euro a 468.853.675 euro.
Nel 2006 una nuova norma dice che l’erogazione è dovuta per tutti e cinque gli anni di legislatura, anche in caso di conclusione anticipata. Con quest’ultima modifica l’aumento è esponenziale. Con la crisi politica italiana del 2008, i partiti iniziano a percepire il doppio dei fondi!
Le cifre diventano astronomiche: dal 1994 al 2008 i partiti nel loro complesso ricevono più di 2,25 miliardi di euro.
Queste sono le cifre.
Noi non abbiamo mai ceduto al facile populismo; abbiamo il massimo rispetto della politica che vive anche grazie al ruolo fondamentale dei partiti; sappiamo che la democrazia ha i suoi costi, e riconosciamo la funzione fondamentale dei rappresentanti del popolo eletti nelle assemblee legislative. Sappiamo e difendiamo tutto questo.
Tuttavia non possiamo accettare l'abuso e lo sperpero di denaro pubblico a beneficio esclusivo dei partiti che legiferano a vantaggio di se stessi.
La democrazia è rappresentata anche da associazioni e movimenti, da chi lavora nel sociale, nella cultura, nelle arti. Anche questa realtà, comunemente chiamata società civile, ha bisogno del riconoscimento e del sostegno economico. Soldi non ce ne possono essere per tutti, è evidente, e allora lo Stato metta a disposizione di tutti coloro che ne hanno diritto i servizi essenziali, a tariffe agevolate: per la stampa, per le spedizioni, per le affissioni, per l'utilizzo di sale pubbliche; insomma, a tutti sia permesso di fare politica a pari condizioni.
Noi non abbiamo mai ricevuto una lira di finanziamento pubblico. Azione nonviolenta esce da 49 anni senza nessuna sovvenzione, mentre tutti i giornali di partito vivono esclusivamente con quelle prebende. Noi ne siamo orgogliosi, ma l'ingiustizia è palese.
Il finanziamento pubblico ai partiti va abolito e trasformato in servizi garantiti a tutte le associazioni che fanno attività politica sul territorio.
Ma c'è un'ultima considerazione che va fatta, per non cadere nel falso manicheismo per cui tutti i politici sarebbero farabutti (ladri) e tutti i cittadini sarebbero onesti (guardie).
Molti dicono: "Sono tutti uguali, tutti ladri".
Dovrebbero dire: "Siamo tutti uguali, tutti ladri".
La crisi, infatti, non è politica, è antropologica. Il livello di ladroneria che si registra oggi nel sistema dei partiti è lo specchio dell'evasione fiscale presente nel paese ...