di Maurizio Bongioanni.
Ho assistito alla seconda Conferenza dei Servizi con tema la richiesta di autorizzazione per la costruzione della ormai “famosa” centrale a biogas in località Belangero di San Marzanotto d'Asti, che si è conclusa con un'integrazione di aggiornamenti da parte degli Enti interessati, fra cui Comuni, Associazioni e il soggetto proponente. La procedura, iniziata il 28 dicembre e che dovrà risolversi in centottanta giorni, ha visto svolgersi la prima Conferenza il 16 febbraio mentre la prossima è fissata all'8 aprile. Tutti gli Enti partecipanti hanno valutato il progetto come incompatibile ...
Numerosi i documenti pervenuti, che sono stati letti prima di dare la parola ai presenti, tra cui quello del Comune di Revigliasco, decisamente perplesso circa la compatibilità del sito, che invita ad indagare “scrupolosamente” il pericolo di impatto ambientale.
L'Osservatorio Ambientale chiede di chiarire l'aspetto di combustione (nella quale si produrrebbe CO2 pericolosa per la salute), la riconversione del sito e gli scompensi delle acque.
La mancanza, quindi, della documentazione appropriata si è distinto fin da subito come il problema principale di questo progetto: infatti, oltre al tema delle sostanze nocive, mancherebbe anche la parte sulle biomasse utilizzate e la certificazione di filiera corta.
“Le grandi opere hanno grandi costi: il primo è quello paesaggistico” ha aggiunto in un documento l'Osservatorio del Paesaggio per il Monferrato e l’Astigiano.
“La logica di oggi dice che se un terreno è logoro quello diventa il luogo adatto a ospitare impianti industriali invece di essere rivalutato. E poi i ricavi mai vengono divisi fra chi s'è preso il danno ma sempre investiti per la costruzioni di strade e viadotti sui quali vengono costruiti centri commerciali”. Preservare il territorio e la sua cultura, insomma, anche perché la costruzione sorgerebbe appena sotto il castello medievale.
La parola passa poi ai presenti: il settore urbanistico del Comune di Asti classifica il terreno interessato come 1b1, cioè come terreno urbanizzato a espansione alluvionato nel '94 e ora a moderato rischio di esondazione. Sarebbero quindi necessari alcuni interventi di riassetto.
Il Comune di Mongardino introduce invece il discorso dei venti, i quali espanderebbero l'odore sgradevole prodotto dall’impianto, mentre il Comune di Isola d'Asti teme un aumento del traffico su strada a causa del trasporto di materia prima.
Il parere dell'Arpa è quello di apportare maggiore documentazione per quanto riguarda le sostanze emesse nell'aria: Asti è una città che tenta di sanare i propri livelli di inquinamento e perciò si spera che questo sia il più contenuto possibile da parte delle aziende.
Attenzione anche alla falda superficiale lì vicino e alle acque di scarico.
Gli approvvigionamenti idrici sono anche al centro della richiesta dell'Asl di Asti, fermamente contraria al progetto anche per le pericolose ricadute al suolo di sostanze nocive; invita anche a fare studi comparativi e alternativi alle matrici di frumento i cui scarti alimenteranno l'impianto (ad esempio non viene presa in considerazione l'erba medica).
Insomma, ce ne sarebbe da discutere. E questo non è tutto ma mi limito nel riportare per intero tutte le richieste.
Infine il proponente, presente con due tecnici i quali non hanno aperto bocca, ha aggiornato spontaneamente i documenti e verrà dato tempo agli Enti interessati di prendere visione delle integrazioni.
Sorvolando la parte relativa alla combustione, il richiedente si è limitato a chiarire che:
1] l'impianto verrà “mascherato” con del verde riducendo al minimo l'impatto ambientale (ci verrebbe da commentare che tale modalità rappresenta la soluzione con cui un Imprenditore ritiene di poter porre rimedio all'impatto ambientale: con delle belle piante “autoctone” !)
2] che non ci sarà aumento di traffico perché già ora la materia proveniente da Priocca e destinata agli altri impianti non è di intralcio (a lui, forse ?)
3] altri esempi di impianti dimostrano che l'odore non è un problema (chissà se per giungere a questa “sentenza” categorica, il nostro Imprenditore è andato a porre la domanda direttamente agli interessati ?)
4) la filiera corta sarebbe rispettata perché il legname giungerebbe da distanze inferiori ai 30 km, quindi da rientrare nella distanza dei 70 km. previsti dalla legge (ma andrebbe ancora chiarito se la materia prima prelevata entro tale distanza non sia a sua volta di derivazione da altre località … ).