Per la Costituzione la proprietà è un diritto, ma solo se assicura la funzione sociale del bene

di Alessandro Mortarino.

Dal 2017 un Comune italiano applica un Regolamento «per l’acquisizione al patrimonio comunale, la riqualificazione e il riuso, anche attraverso la concessione a terzi, di beni in stato di abbandono nel proprio territorio»...

Da anni il nostro Forum Salviamo il Paesaggio sostiene la necessità “politica” di approfondire i contenuti di un articolo importante della nostra Costituzione, ovvero il 42, e della sua corretta applicazione che ci vede allineati alle tesi proposte da Paolo Maddalena, Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale, tanto da averle richiamate anche nell’articolato della nostra Proposta di Legge “Norme per l’arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli urbanizzati” (già Disegno di Legge al Senato nella scorsa legislatura e ora nuovamente riproposto alla Camera).

Come ben sapete, Maddalena ha minuziosamente ricostruito la genesi della proprietà che vede le sue radici nella proprietà collettiva, la quale precede storicamente la proprietà individuale e ancora oggi mantiene la sua prevalenza logica e giuridica su quest’ultima. La proprietà fondiaria individuale deve, quindi, essere concepita come «una cessione del territorio all’utilizzazione dei singoli: la sovranità non si risolve in puro potere normativo e lo Stato assume in proprio dominio il territorio, sia per utilizzarlo personalmente e sia per poterlo concedere all’utilizzazione dei propri cittadini».

L’iniziativa economica privata, secondo la Costituzione, è libera ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana; l’articolo 42 della Costituzione infatti recita che la legge riconosce e garantisce la proprietà privata… allo scopo di assicurarne la funzione sociale e l’accessibilità a tutti. E’ evidente come non ci si riferisca all’accessibilità alla “grande proprietà“, inconcepibile se si pensa alla concreta impossibilità di poterla garantire a tutti.

In Italia, secondo i dati Istat, quasi un terzo delle abitazioni esistenti sono vuote, sfitte, inutilizzate: un patrimonio di oltre 10 milioni di abitazioni a cui si sommano capannoni produttivi/commerciali a formare uno stock enorme di edifici “passivi”: qual è la loro funzione sociale?

E poiché questa rilevante parte edificata non assolve a un “ruolo” sociale, ci ritroviamo sistematicamente con Piani Regolatori o Piani di Gestione del Territorio che prevedono abbondanti possibilità di nuove costruzioni e, ovviamente, di ulteriori danni alle collettività causati dal conseguente consumo di suolo. Nonostante un andamento demografico in costante calo.

Non si tratta, quindi, di un tema secondario e se si osserva la situazione di un qualunque Comune italiano si nota con grande immediatezza che il patrimonio edilizio esistente e non utilizzato corrisponde alle previsioni edificatorie dei Piani urbanistici. Banalmente significa che ciò che si ritiene occorra ancora costruire, nella realtà già è (sarebbe…) disponibile.

E in molti casi, questo patrimonio inutilizzato risulta anche degradato, una “macchia” particolarmente stonata all’interno di un territorio.

Il Regolamento di Terre Roveresche

Da anni riceviamo da Sindaci di città e paesi richieste di suggerimenti per poter procedere nei confronti di proprietari di edifici in forte degrado e a tutti abbiamo suggerito di seguire l’esempio di un Comune marchigiano che, con l’aiuto del prof. Maddalena e di alcuni legali, ha già messo in pratica un iter per fronteggiare il preoccupante fenomeno degli immobili abbandonati nel territorio, mettendo quindi anche in atto iniziative tendenti ad arrestare lo spopolamento e l’abbandono dello stesso.

Si tratta di un Regolamento comunale, approvato nel 2017 e ulteriormente perfezionato nel 2022, che già ha prodotto quattro acquisizioni al patrimonio comunale e suggerisce, dunque, una strada applicabile ovunque.

Una scelta “politica” che non deve essere confusa come un atto di “esproprio”, poiché storicamente il popolo cede ai singoli parte di territorio, che in origine è suo: ma se il singolo non lo utilizza, il popolo sovrano se lo riprende. In tema di proprietà, va sempre operata una distinzione tra la proprietà comune o collettiva, che ha il suo fondamento nella sovranità, e la proprietà privata, che ha il suo fondamento nella legge. E in quest’ultimo caso va ricordato, secondo Costituzione, che se non c’è funzione sociale non c’è tutela giuridica, e non c’è quindi proprietà privata.

Avremo certamente modo di approfondire la questione, ora però ci preme sottoporre a tutte e tutti (in particolare agli amministratori pubblici) qualche documento su cui riflettere.

Innanzitutto la delibera del consiglio comunale di Terre Roveresche (questo è il Comune che per primo ha avviato l’applicazione corretta delle tesi di Maddalena), che potete leggere, analizzare, studiare e (ci auguriamo) “copiare” nel vostro Comune. La trovate qui e sul sito di Terre Roveresche.

Qui invece la videoregistrazione del webinar organizzato dal nostro Forum lo scorso 25 marzo con la “lectio magistralis” di Paolo Maddalena e un intervento finale di Antonio Sebastianelli, Sindaco di Terre Roveresche.

E qui, infine, l’intervento dello stesso Sebastianelli alla recente assemblea nazionale del nostro Forum a Verbania (dal minuto 54’20”).

Attendiamo riscontri!…

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