Un deciso NO al decreto legge Sblocca Italia



Lo scorso lunedì 29 settembre il nostro Forum nazionale Salviamo il Paesaggio è stato nuovamente convocato dalla Commissione Ambiente della Camera per una audizione formale. Questa volta ci è stata richiesta una nostra valutazione del nuovo DL soprannominato "Sblocca Italia", voluto dal governo Renzi per accelerare l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa delle attività produttive. Ecco il testo del nostro intervento, fortemente critico ...


Quando il 29 ottobre del 2013 il nostro Forum fu ascoltato per la prima volta da questa Commissione, discutevamo in aula e con voi alcune proposte di legge sul tema del "consumo del suolo", che dall'inizio della legislatura sembrava diventato un interesse prioritario del Parlamento e del Governo. Tanto che il ministro dell'Agricoltura Maurizio Martina non più tardi di qualche mese fa aveva assicurato l'approvazione di un provvedimento in materia entro la fine del 2014 (o comunque entro l’Expo).
Queste promesse, oggi, ci paiono lontane anni luce, e se guardiamo ai singoli articoli del cd. decreto "Sblocca Italia" per il quale ci troviamo a intervenire qui oggi e di cui abbiamo preparato un'analisi di dettaglio, che vi consegniamo, non possiamo che riconoscere che esso calpesta ogni idea di intervento organico sui temi cari alle oltre mille tra associazioni e comitati che hanno dato vita al nostro Forum.

Non potremmo giudicare altrimenti una legge che – tra le altre cose:

• rende possibile con un comma cucito ad hoc la costruzione di un inutile monumento d'asfalto, viadotti e cemento come la Orte-Mestre, progetto già bloccato dalla Corte dei Conti;

• limita il potere di controllo delle Soprintendenze, arrivando a creare una sorta di "dissenso-assenso";

• limita la capacità d'intervento delle autonomie locali nell'ambito dei processi di valutazione d'impatto ambientale;

• considera strategico e di pubblica utilità "a prescindere" ogni intervento in ambito energetico, aprendo di fatto le porte a quel piano mai sopito che vorrebbe fare del nostro Paese – e in particolare del suo Meridione – un hub metanifero europeo;

• porta all'estremo il proposito di depauperare il patrimonio pubblico, il Demanio, attraverso la sua cessione e "valorizzazione";

• e infine, invece di prendere atto del fallimento di alcuni grandi progetti autostradali (tra cui il Passante di Mestre e la BREBEMI), offre ai concessionari non una ma due stampelle: la possibile emissione di project bond e l'accorpamento delle concessioni "limitrofe".

Che ne è della lotta al consumo di suolo? Che ne è dell'esigenza di salvaguardare i terreni agricoli da ogni ulteriore cementificazione? C’è in Italia un’immensa fonte di lavoro nelle opere di manutenzione del territorio, delle strade, delle ferrovie, delle scuole, degli ospedali, della pubblica illuminazione, degli autobus. Ma lo Stato sembra abdicare ai propri compiti per consentire a privati di fare nuovi, enormi profitti sulle spalle dei cittadini-utenti. Per qual motivo – tanto per esemplificare – strade statali intensamente utilizzate versano da decenni in condizioni da terzo mondo chiedendo ogni anno il loro tributo di morti e feriti, e la sola soluzione che si riesce a concepire è costruire arterie a pagamento parallele per darle in concessione – uso bancomat – a degli oligopolisti? Perché la loro manutenzione e – se proprio necessario – la riscossione dei pedaggi non viene posta in capo all’ANAS, dopo averne liquidato la posizione debitoria scorporandone (Alitalia docet) la bad company?

Onorevoli, l’Italia non è la Polonia, che dall’ingresso nell’Unione ha dovuto colmare un retaggio di arretratezza realizzando migliaia di km di strade. Non lo è perché è un paese già infrastrutturato, e perciò a bassissima efficienza marginale del capitale speso (dallo Stato) in infrastrutture. Non lo è – e il Governo dovrebbe saperlo molto bene – per paesaggio e turismo: gli esempi di opere inutili per l’economia e letali per il paesaggio sono, in Italia, infiniti. Opere fini a se stesse, che hanno funzionato soltanto da creatori di PIL malato: generato dalla loro costruzione, da incremento dei consumi energetici e, spesso, dalla corruzione. Opere che lasceranno ai posteri i costi della loro manutenzione e l’eredità di un patrimonio paesistico perduto per sempre.

Questo decreto – la cui costituzionalità è già stata messa in dubbio da autorevoli giuristi – andrebbe dunque lasciato scadere.

Ora, poiché è nostra abitudine contribuire agli atti governativi e parlamentari che riguardano la salvaguardia e la corretta gestione del territorio fornendo non soltanto le nostre valutazioni strategiche, ma anche puntuali osservazioni tecniche, abbiamo avviato al nostro interno una disamina completa degli articoli proposti dal DL; essendosi appena conclusa la nostra IV assemblea nazionale e avendo ricevuto la Vostra richiesta di audizione con scarso preavviso, questo processo è ancora in corso. In questa sede provvediamo perciò a fornirVi una valutazione complessiva e un documento parziale che contiene i primi rilievi approfonditi. Prossimamente sarà nostra cura farVi pervenire un documento conclusivo, augurandoci comunque – come sopra considerato – che il decreto non trovi attuazione.

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