Zero consumo di suolo: un obiettivo raggiungibile



di Salvatore Lo Balbo, segretario nazionale Fillea Cgil. Relazione tenuta a Roma il 20 settembre scorso all'interno dell'assemblea nazionale del Forum Salviamo il Paesaggio.


Il 18 giugno 2013 abbiamo sottoscritto, Fillea Cgil e Forum Salviamo il Paesaggio, un documento che ha creato le condizioni affinché questi due mondi si potessero incontrare, parlare, agire perseguendo l’obiettivo di “ZERO CONSUMO DI SUOLO”. Questo comune obiettivo ha rafforzato la convinzione, in molti di noi, che è possibile dare piena attuazione ai dettami della Costituzione, a partire dall’articolo 1, “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” e dagli articoli 9 e 42 ...

“... passano gli anni ma otto son lunghi
però quel ragazzo ne ha fatta di strada
ma non si scorda la sua prima casa
ora con i soldi lui può comperarla
torna e non trova gli amici che aveva
solo case su case, catrame e cemento
là dove c’era l’erba ora c’è una città ....
... e se andiamo avanti così
chissà come si farà ...”.


Era il 1966 (48 anni fa), e Adriano Celentano cantava a San Remo questa canzone.
Nel 1963, Francesco Rosi, nel film “Mani sulla città”, ci faceva vedere come un personaggio spregiudicato, che ricopriva il doppio ruolo di costruttore edile e consigliere comunale democristiano della città in questione (era Napoli, ma poteva essere anche un’altra città o paese), manifesta l’idea di comprare la terra, cambiare il piano regolatore per deviare la crescita della città su tale terreno, e costruirvi, guadagnando solo con il cambio di destinazione d'uso 70 volte in più sulla cifra investita per l’acquisto del terreno, oltre ai profitti derivanti dalla costruzione dei palazzi.
Assieme a loro, anche Leonardo Sciascia, era il 1961, nel libro “Il giorno della civetta”, ci raccontava la strettissima commistione tra costruttori, appalti, speculazioni edili, mafia e condizionamento delle istituzioni e, contemporaneamente, Antonio Cederna, con il libro “I vandali in casa”, era il 1965, alzava forte e chiara la denuncia contro gli scempi sul territorio e sulle coscienze che in nome del “boom economico” erano già visibili in tutta Italia.

Assieme a loro, milioni di operai, braccianti, edili ed impiegati, organizzati principalmente dalla CGIL, protestavano contro le privatizzazioni e i palazzinari, per avere case popolari, quartieri dignitosi, luoghi pubblici di aggregazione e servizi sociali.
Negli anni sessanta, senza bisogno di grandi approfondimenti scientifici, “a naso”, era chiaro quale sarebbe stato il futuro del nostro paese.
Cemento, cemento e ancora cemento.

Per troppo tempo il cemento, e tutti gli altri materiali che determinano l’impermeabilizzazione del suolo, sono diventati sinonimo di vampirizzazione del territorio e affermazione  di un modello di società che in tutto il mondo è, falsamente, sinonimo di progresso. Se quattro grandi italiani cinquant’anni fa scrivevano, cantavano e ci facevano vedere il futuro, solo una forte motivazione speculativa e criminale poteva corrompere le coscienze e ingrossare i portafogli di milioni e milioni di italiani.

Ovviamente non sono i materiali a essere nemici del suolo, dell’ambiente e dell’Italia e la Fillea non è il sindacato dei luddisti. A stabilire le “mani sull’Italia” sono i forti interessi di pochi – palazzinari, speculatori fondiari, cattivi e famelici amministratori e burocrati, imprenditori senza scrupoli, mafiosi, ‘ndrachettisti e camorristi – che hanno determinato la realtà che abbiamo di fronte ai nostri occhi. Con precisi dati scientifici è meglio, ma è sotto gli occhi di tutti che in Italia e in gran parte dei paesi europei ci sono milioni di ettari di suoli impermeabilizzati che, se utilizzati totalmente, ci potrebbero far applicare da subito, anzi da ieri, il concetto “ZERO CONSUMO DI SUOLO”, dando, da ora, una forte spinta alla filiera delle costruzioni nell’azione di rigenerazione urbana di cui oggi tanto si parla e poco si fa.

Questa nostra convinzione, frutto di come la filiera delle costruzioni è cresciuta senza sviluppo, l’abbiamo ufficializzata, assieme con il nostro Osservatorio Territorio e Aree Urbane, nel convegno nazionale tenuto a Torino il 22 marzo 2013, dove senza tentennamenti abbiamo sintetizzato la nostra posizione con lo slogan “LA FILLEA PER CONSUMO DI SUOLO ZERO".
Se la Fillea ha posto l’asticella della filiera delle costruzioni ad un livello alto di tutela e conservazione del “BEL PAESE”, perché in tanti e attraverso articoli, atti, disegni di legge, etc.... continuano a giocare con le parole? Sostanzialmente per dire che con una pennellata di verde, di ecologia e di sostenibilità si può continuare ad impermeabilizzare il suolo.

Essendo questo un dramma mondiale, pari al cambiamento climatico
di cui il consumo di suolo è certamente una componente decisiva, e in attesa che ci sia una KYOTO anche per il consumo di suolo, sia il Parlamento europeo sia la Commissione Europea si sono fatti già sentire fin dal 2004 con la Direttiva n. 35. Non è stata, purtroppo, ancora varata una nuova direttiva, ma i recenti “Orientamenti della Commissione Europea in Materia di Buone Pratiche per Limitare, Mitigare e Compensare l'Impermeabilizzazione del Suolo” rappresentano un punto di riferimento chiaro e corretto al quale tutti dobbiamo agganciarci.
Essi sono un punto di orientamento per tutto il continente europeo e ci danno le giuste coordinate per non giocare con le parole e per assumere provvedimenti legislativi o amministrativi in grado di non continuare a impermeabilizzare il suolo, neanche se  questa impermeabilizzazione viene fatta con le parole dell’ambientalismo e con gli obiettivi di una economia verde che di verde ha solo il colore dei dollari (gli euro sono di tanti colori).

Le proposte della Fillea, pertanto, partono dalla chiarezza dei contenuti presenti negli Orientamenti della Commissione Europea, che già a Torino abbiamo fatto nostri, e cioè:

1°) Consumo di suolo: è l’attività umana che “separa il suolo dall’atmosfera, impedendo l’infiltrazione della pioggia e lo scambio di gas tra suolo e aria”.

2°) Impermeabilizzazione del suolo: è la "costante copertura di un’area di terreno e del suolo con materiali impermeabili artificiali”, “come fondamenta di case, edifici industriali e commerciali, infrastrutture per il trasporto e altro”.
L’impermeabilizzazione impatta “sull’acqua”, sul “tasso di infiltrazione”, sul “deflusso superficiale”, su l’”evapotraspirazione”, sulla “biodiversità”, sulla “sicurezza alimentare”, sui “cambiamenti climatici”, su “clima e qualità dell’aria nella città”, sulla “funzione di filtro e cuscinetto”, sull’”impatto sociale e sul benessere umano”. Dovrebbero bastare già queste cause e questi effetti per avere una direttiva comunitaria, una legislazione nazionale, un governo del territorio finalizzato a ritenere l’obiettivo europeo di zero consumo entro il 2050, come un obiettivo troppo distante.

3°) Limitazione del consumo di suolo: vuol dire “impedire la conversione di aree verdi” (o naturali) “e la conseguente impermeabilizzazione del loro stato superficiale o di parte di esso.” Pertanto il “principio di base” ... ”per la protezione del  suolo può essere riassunto come ... IMPERMEABILIZZARE MENO E PIANIFICARE MEGLIO".
Nelle buone prassi, la pianificazione consiste "prima nel limitare l’impermeabilizzazione e poi, se ciò risulta impossibile, nel proteggere i suoli migliori”.

4°) Mitigazione del consumo di suolo: vuol dire che “Laddove si è verificata un’impermeabilizzazione sono” ... “adottate misure” ... “tese a mantenere alcune delle funzioni del suolo e ridurre gli effetti negativi diretti o indiretti significativi sull’ambiente e il benessere umano”.

5°) Compensazione del consumo di suolo: “Qualora le misure di mitigazione adottate in loco siano state ritenute insufficienti”, si passa “facendo altro altrove”. “Le misure di compensazione sono” ... “progettate per recuperare o migliorare le funzioni del suolo evitando gli impatti deleteri dell’impermeabilizzazione”. “Se ciò non è possibile, ma solo come ultima istanza, si possono compensare funzioni del suolo con altre (ad esempio realizzando un parco urbano in cambio di un parcheggio su terreno agricolo)”.
Mai la compensazione dovrebbe essere monetizzata. Il confronto di queste definizioni con il contenuto dei dieci e più disegni di legge (che sembrano arenati in una secca palude) presentati in Parlamento e con i contenuti delle riflessioni che in tanti, legittimamente, producono in questa fase storica, rafforza la nostra convinzione che corriamo il rischio di una nuova colata di cemento e di un ingrossarsi dei portafogli di speculatori e mafiosi. Gli ultimi provvedimenti del governo sull’edilizia vanno chiaramente in questa direzione. Ovviamente il tutto condito “in salsa verde”, come ha scritto Salvatore Settis il 1° giugno 2013 su “La Repubblica”. Le buone azioni e le lotte vanno sviluppate a livello europeo, nazionale e sul territorio.
Al Parlamento Europeo e alla Commissione spetta l’onere di varare una nuova Direttiva Comunitaria, sapendo che essa deve rispondere alle esigenze delle nazioni più impermeabilizzate e di quelle meno impermeabilizzate. In tutti i Paesi europei è reale e forte l’esigenza di ridurre e/o azzerare, e in proporzioni diverse, il consumo di suolo e di utilizzare al massimo il suolo già impermeabilizzato.

Al Parlamento italiano spetta senza ambiguità o giri di parole perbeniste definire cos’è il suolo e che esso va salvaguardato. In questa direzione mi sembra che il ddl predisposto dall’AISSA e presentato da oltre trenta senatori sia il giusto viatico per poi parlare di recupero e rigenerazione urbana.
Non esiste solo il livello europeo e nazionale, sarebbe un grave errore pensarlo. Gli articoli 9, 41, 42, 44, e 137 della Costituzione ci danno il perimetro entro il quale i soggetti del governo e della gestione del territorio si devono muovere. Al parlamento spetta il compito di salvaguardare il “BEL PAESE” e alle istituzioni locali spetta il compito di far convivere il “BEL PAESE” con le necessità economiche, civili e di convivenza dei cittadini.

Pertanto, anche senza una  legge nazionale sulla riduzione o azzeramento del consumo di suolo, gli amministratori locali possono assumere provvedimenti per limitare, mitigare e compensare il consumo di suolo. Basta prendere le opportune decisioni politiche e amministrative.
Basta una delibera del consiglio comunale che disponga: “Alla data di ieri non si può più impermeabizzare il suolo comunale non impermeabilizzato”. Le sole deroghe devono interessare esclusivamente opere pubbliche, a condizione che per il loro realizzo non si possano utilizzare suoli già impermeabilizzati.

Chi può decidere senza una legge nazionale lo faccia senza aspettarla. Chi deve fare una legge nazionale la faccia per la riduzione del consumo del suolo e non per salvaguardare interessi “presumibilmente” eterni (come i bizzarri diritti edificatori) o per proteggere, direttamente o indirettamente, gli interessi dei personaggi di Sciascia o Rosi.
I DDL presenti in parlamento, anche se con sfumature diverse, hanno questo limite: parlano tanto di costruire (anche se con tante varianti e accorgimenti linguistici) e poco di non impermeabilizzare.
Evitiamo di prestare tanta attenzione ai diritti di edificazione (ma perché sono eterni o non annullabili?) o alle tasse che i comuni incassano dalle concessioni.

La Fillea ritiene che ancora qualche milione d’italiani possano e debbano continuare a vedere la filiera delle costruzioni come uno dei settori primari dell’economia italiana. Muratori, carpentieri, piastrellisti, installatori, lavoratori del cemento, lapidei, cavatori, geometri, ingegneri, architetti, restauratori hanno ancora un futuro nelle costruzioni.
Siamo consapevoli che la crisi strutturale della filiera delle costruzioni è troppo forte perché con vuoti provvedimenti governativi si possano recuperare le centinaia di migliaia di posti di lavoro persi a causa di questa crisi strutturale. Certamente il settore è in grado di dare occupazione e reddito a tanti uomini e donne che di questa crisi sono vittime.

Questa volta la filiera delle costruzioni deve valorizzare la bellezza del “BEL PAESE”, e non distruggerla.

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