di Gianfranco Miroglio.
Primi sommessi rumors qualche tempo fa, a metà tra una soffiata di confidente e una battuta da bar. “Pirogassificatore” nella piana della Val Tiglione.
Me lo dicono e la mia reazione è: ”Ci risiamo”.
Immediatamente mi si riaprono finestrelle sul passato recente e cigolanti persiane verso paesaggi davvero confezionati oppure da qualcuno soltanto sognati; … ma sempre coerentemente composti di capannoni e piazzali, inceneritori e bitume ...
Anni.
Alla fine dei quali son rimasti profili di cemento e mattoni a camuffar le colline, a ingolfare i piedi di rive o l’imbocco di valli (… ad esempio Vallumida).
Guardare per credere.
E intorno - dove più, dove meno - il tipico indotto dei luoghi che servono (… o dovrebbero) prevalentemente al profitto.
Sacrificio dovuto; ineluttabilità dei progressi. Si sa.
Ci sono avanzi di cantiere abbastanza perenni e cartelli di “Affittasi”.
Ci sono ambizioni ovattate ma anche detriti in vetrina. Cartacce ma anche carcasse.
… Di tronchi, di prati, di tubi e di rete di plastica rossa, di pensieri e forse rimpianti.
Alla sera, poi, tutte le sere, il destino di un silenzio e di una solitudine diversi dal solito, dove la campagna non c’entra.
Più profondi, più amari, nient’affatto sereni. Glassati dalla gelida luce dei lampioni in sequenza.
Sono pozzanghere scure e nature mozzate.
Sono nutrie sperse, in cerca di una palude che, adagio, si copre di asfalto.
Tra indifferenza e abbandono.
E poi un destino - dannato destino - di far rimbalzare parole.
“Ci risiamo”, mi ripeto.
Il comitato di gente comune che si chiede e che chiede perché, a che cosa serva un impianto del genere, chi lo voglia, chi ne abbia certificata l’urgenza. Se qualcuno si è già preso la briga di farlo.
La risposta puntuale del signore di turno, imprenditore del luogo che sul luogo - in passato – ha saputo lasciare un segno che conta.
Adesso ci spiega il meglio del meglio dell’energie rinnovabili; … il buono del ciclo del legno; … il bello della filiera se non proprio corta, almeno non tanto lunga e del chilometro quasi/circa zero.
… Così da usare al minimo le strade, le autostrade ed i tir.
Lo dice o lo lascia capire tra le righe. Argomenti e materia sui quali egli vanta sicura esperienza. E noi ci fidiamo.
Poi eccetera eccetera, compreso il saluto cordiale agli ambientalisti disfattisti e impiccioni.
Infine la chiusa in crescendo, con l’invito a ragionare di crisi e lavoro, dei sette potenziali occupati; … a pensare al Trentino.
Così, mentre provo a contare quanta gente - in un bel posto così, ma solo un po’ meno ferito - potrebbe campare di turismo, di cultura, di memoria e di terra, io penso davvero al Trentino. Lo faccio guardando la valle in cui sto.
Dove un piccolo fiume è stato “tombato” o asfissiato; dove ormai non è facile affatto trovare un bosco degno di indossare quel nome; … dove, nonostante gli sforzi, il bene di tutti è, in concreto, “scocciatura culturale diffusa”.
Oppure è uno slogan per camuffare prima e sdoganare poi il vantaggio di pochi.
Parole.
Di quei pochi che magari - nel racconto del popolo - si scambiano terre e favori.
Potendolo fare, intendiamoci bene! Carte in regola, è chiaro!
Monopoli.
“Io ti do il mio Vicolo largo così tu puoi metter su fabbrica; … ma intanto mi prendo da te il Vicolo stretto e ci piazzo quel che, nel frattempo, m’è venuto alla mente”.
I nomi – si dice - sono sempre gli stessi. Le stesse le loro fantasie.
Penso al Trentino come mi ha detto il signore e non so se mi diano più fastidio o più depresso distacco (… è più il fastidio, lo confesso) le “saggezze” naif delle sue suggestioni.
Ma perché non lo dite che l’obiettivo è far soldi. Come sempre del resto.
Punto.