di Gino Scarsi (estratto della relazione presentata alla conferenza-dibattito "Consumare nuovi suoli pregiudica il nostro futuro”, tenutasi a Bra, sabato 28 settembre 2013).
Siamo ben coscienti del grandissimo lavoro che sta dietro la redazione di un piano regolatore e anche degli enormi interessi in gioco, a volte contrapposti, che intervengono a determinare le scelte in materia urbanistica, proprio per questo il mio breve intervento si limita a considerare i suoli liberi e fertili del territorio di Alba e di Bra che i due piani rendono potenzialmente consumabili ...
Siamo qui a parlare di eccessivo consumo di suolo in una zona che vede presente un formidabile protagonista della difesa dei suoli fertili: Carlin Petrini. Che con le sue parole d’ordine “Fermare il cemento e il consumo di suolo fertile è una delle priorità di un paese che si voglia chiamare civile” invita alla mobilitazione; e noi siamo qui proprio per questo, nella sua città natale, che è anche sede di Slow Food e ci manca molto la sua presenza ... E' vero che un Papa non può partecipare a tutte le messe che si celebrano, ma per questa - officiata proprio nella sua Chiesa di Bra - aspettavamo almeno l’invio di una benedizione.
Il consumo di suolo è una spia di allarme inserita che ormai lampeggia sul rosso a indicarci che è qui che ci giochiamo il futuro; è la spia per noi più diretta ed evidente sullo scenario del riscaldamento globale e punta il dito su di un uomo che consuma il pianeta e le sue risorse non rinnovabili.
Alba ritiene di poter consumare 60 ettari di nuovi suoli, Bra 227.
Se consideriamo che le due città si possono comparare come abitanti, territorio e impostazione economica, balza agli occhi evidente che qualcosa non funziona: per quale motivo Bra, con esigenze abitative e occupazionali e di prospettiva comparabili a quelle di Alba, dovrebbe consumare suoli per ben tre volte tanto ?
Diamo allora un’occhiata al piano virtuoso di Alba, che è certamente virtuoso nei confronti di quello di Bra, ma non è ancora virtuoso rispetto al cambio di marcia imposto dai cambiamenti climatici e non solo da questi.
Se però pensiamo che solo sei/sette anni fa la precedente amministrazione del comune di Alba, con la giunta Rossetto, rincorreva obiettivi antistorici di 400 nuovi ettari da consumare, 4700 nuovi alloggi e 10.000 nuovi abitanti per Alba in dieci anni, allora diventa oggettivo il riconoscimento del cambio di marcia avvenuto, sommandolo alle misure di compensazione negli ambiti speciali e al nuovo sistema dei parchi che il piano prevede.
Con le emergenze ambientali, però, che riscrivono in fretta - e loro - la storia, anche i 60 ettari previsti nel territorio albese ridiventano un valore fuori scala, improponibili già adesso e ancor di più fra qualche anno, stanno soltanto a significare la nostra impotenza o incapacità a voltar pagina a uno sviluppo che pure riteniamo agonizzante e superato.
Il centro storico urbanizzato di Alba per duemila anni ha ospitato, con alti e bassi, metà degli attuali abitanti occupando circa 45 ettari sino all’inizio del ‘900; adesso, dopo aver aumentato in cinquant’anni almeno dieci volte questa superficie, ci concediamo di consumarne di più in soli vent’anni ! Il tutto in un territorio già relativamente molto piccolo.
Bra ha occupato sino al ‘900 circa 600 ettari per 17.000 abitanti, ha conosciuto una espansione tumultuosa e negli ultimi cinquant‘anni ha aumentato ben più del 1000 % il territorio edificato per neanche il 50% in più di abitanti.
Questi 227 ettari di potenziale urbanizzazione, anche se è vero che solo la metà di questi suoli perderà totalmente le sue funzioni, invece che stimolo per una invocata ripresa rischiano di diventare il colpo mortale inferto ad un territorio esausto che non ce la fa più a contenere le nostre esose richieste.
A Bra non si è avuto il coraggio di cambiare rotta, di dare un segnale per una nuova storia che dovrà pur cominciare. Si è preferito la strada del vecchio sviluppo perché il mattone prima o poi riprenderà a tirare
e qui saranno disponibili 227 ettari nuovi di zecca. So che una delle motivazioni che giustificano le scelte di questo piano è la constatazione che il settore edile, in tutte le sue ramificazioni, garantisce il lavoro a
migliaia di occupati ed è attualmente in forte crisi. Ma sappiamo bene da dove arriva questa crisi, da una bolla speculativa e da una enorme quantità di alloggi o e di edifici invenduti.
Che siamo arrivati a una svolta epocale ormai lo abbiamo capito spero tutti e niente tornerà come prima; perché ostinarsi a consumare un territorio che è forse l’unica fabbrica che potrà garantirci prodotti
agricoli di qualità, paesaggio, occupazione benessere e respiro?
Purtroppo il territorio non ancora cementificato è un bene aereo, quasi immateriale; ma per Alba e Bra è la fabbrica con il maggior numero di occupati, si parla di cinquemila addetti solo nel comparto turistico ed
enogastronomico. Proviamo ad immaginare questa entità come una vera fabbrica, il comparto edile non gli è in contrapposizione, anzi è complementare alla sua esistenza quando restaura l’agriturismo e mantiene efficienti le sue strutture, diventa nemico antitetico e mortale quando gli mangia i suoli fertili, è come se demolisse le macchine con cui la fabbrica del territorio produce paesaggio e benessere.
In sostanza, pur esprimendo un giudizio diverso sui due piani regolatori, rimane il fatto che per quel che riguarda il consumo di suolo, non sono al passo con le sensibilità emergenti su questa materia. Sono stati elaborati non tenendo conto, ad esempio, della legislazione regionale; infatti il nuovo P.T.R. nell’art.31 introduce “la valenza strategica della risorsa suolo,in quanto bene non riproducibile”.
Nel suddetto articolo si dice chiaramente che “I nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali possono prevedersi solo quando sia dimostrata l’inesistenza di alternative di riuso e di riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti. In particolare e’ da dimostrarsi l‘effettiva domanda previa valutazione del patrimonio edilizio esistente e non utilizzato, di quello sotto-utilizzato e di quello da recuperare”.
E soprattutto siamo ancora molto distanti dall’entrare nell’ottica della sensibilità maturata dall’Unione Europea in merito al consumo di suolo, che ha comunicato un obiettivo molto ambizioso: consumo netto di suolo zero entro il 2050. Rivolgiamo quindi un accorato e pressante appello agli amministratori braidesi, pur attenti ai temi ambientali, a rivedere radicalmente scelte che mortificano la loro stessa storia.