di Gino Scarsi.
Una notizia apparsa sui principali quotidiani qualche mese fa è passata praticamente inosservata quando meritava invece il massimo dell’attenzione: dal 9 maggio abbiamo passato in atmosfera la soglia di 400 particelle per milione di CO2 (anidride carbonica).
Queste particelle erano 316 nel 1958 e 280 nel periodo preindustriale, per trovarne la stessa quantità in atmosfera occorre tornare indietro di tre milioni di anni quando l’uomo non c’era e i mari erano 30 metri più alti ...
La comunità scientifica internazionale al completo riconosce che la causa primaria di questa situazione è il nostro bruciare petrolio e carbone e le poche voci fuori dal coro risultano a libro paga dei petrolieri più qualche ex ministro che accusa di complotto gli ambientalisti (vedi Brunetta).
Uno scenario annunciato
Ora quel che per noi si presenta già dopodomani (2050) ha la dirompenza di una terza guerra mondiale; ghiacciai che si sciolgono, le città che vanno sott’acqua, stagioni che scompaiono e uragani come bombardieri; il problema è che non riusciamo a collegare questi scenari agli scappamenti dei nostri automezzi, alle caldaie dei nostri riscaldamenti e alla cementificazione che avanza togliendo per sempre ai terreni la capacità di imprigionare CO2.
Stante questo disastro ampiamente annunciato, si vedrebbe come logica naturale una intera comunità in affanno per tentare di ridurre in pochi decenni le emissioni di gas serra di un fattore 10, (non del 10 per cento ma di dieci volte), invece no: orecchie da mercanti, la CO2 è inodore e incolore: avanti Savoia nella costruzione del nostro futuro cimitero.
E i sindaci che fanno?
Qualcosa si muove e le alternative ci sono ma è ancora così massiccia l’adesione al vecchio concetto di sviluppo che si resta avvolti dal fatalismo, dall’impotenza e per molti dal "muoia Sansone con tutti i Filistei".
Prendiamo i nostri sindaci, che dovrebbero essere il faro di una rivoluzione alternativa; invece di difendere strenuamente i terreni fertili rimasti, orientando il costruire sull’esistente, continuano la cementificazione del territorio goccia a goccia.
Un territorio esausto
Nonostante la grande crisi del settore edile, figlia della bolla speculativa e dal troppo costruito (che ha ridotto del trenta per cento il valore degli immobili) si continuano a divorare suoli fertili indispensabili ad una tenuta ambientale complessiva e paesaggistica del territorio.
Provo a riassumere in breve quattro atteggiamenti di sindaci del Roero di cui sono amico,che spero non me ne vorranno se dico come la penso, considerando che è per loro scelta che sono personaggi pubblici.
Marco Perosino, sindaco di Priocca ritiene sia possibile consumare ancora terreni agricoli per stimolare una edilizia altrimenti in sofferenza, da qui il passo al tiepido accoglimento della proposta Unesco, troppo vincolistica, lasciando fuori Priocca,è stato breve. A Priocca il consumo di suolo è già evidente e di notevole impatto, e promette di continuare nonostante le centinaia di case vuote fra il centro storico e i vari borghi. (Anche se occorre dire che le ultime costruzioni sono in genere di eccellente fattura).
Teo Costa, sindaco di Castellinaldo, con cui ho avuto un cordiale confronto, è il meno sensibile ai temi del consumo di suolo: nella classifica di Legambiente riceverebbe la bandiera nera. Nell’ultima variante parziale approvata sono state rigettate in toto le osservazioni dell’Osservatorio per la tutela del paesaggio di Langa e Roero che chiedevano più attenzione per un prezioso territorio. Si prevedono ancora capannoni a S. Salvario quando ve ne sono vuoti o in vendita nel raggio di 500 metri. La sua filosofia: dagli un bel pezzo soleggiato e in sommità di collina e vedrai che qualcuno viene di sicuro, a farsi la casa.
Carla Bonino, sindaco di Vezza; nonostante l’ottima realizzazione del museo Naturalistico del Roero, la sensibilità ambientale dimostrata non tocca il risparmio di suolo; infatti nella lettera inviata ai cittadini invita a consumare in fretta le superfici permesse dal piano regolatore, perché solo il 32 % del possibile è stato utilizzato, in modo da inserire nuove aree nella nuova variante. Anche qui le centinaia di case vuote non fanno testo e a questo punto possiamo solo affidarci alla speranza di non dover piangere lacrime amare con la presentazione della nuova variante.
Silvio Beoletto, sindaco di Canale; il prezzo pagato dal consumo di territorio a Canale in questi ultimi dieci anni è stato altissimo. E’ vero che il Piano Regolatore risale alla precedente amministrazione (di cui anch’io facevo parte) ma occorre dire che negli anni 2000 la sensibilità su questi temi era molto diversa.
Comunque qui mi voglio riferire solo alle scelte di questa amministrazione: ad esempio aver scelto di usare l’ultima piana vicina al centro storico per farne un centro benessere sta rivelando tutto il suo potenziale negativo, saltato il progetto turistico non si riesce a dare un senso ai capannoni commerciali previsti in alternativa che anticipano un risultato sicuro: eccessivo cemento.
Per non parlare dell’ultima variante approvata a fine luglio che prevede nuove costruzioni nell’area preparco di Mombirone, l’unico anfiteatro verde rimasto. Voglio sperare che i Canalesi respingano questa proposta, questa volta collegandola non solo all’effetto serra ma al nostro stresso bisogno di respirare: abbiamo scelto di costruire sulle colline che guardano il paese da ben tre parti, lasciamone almeno una a verde ...