di Guido Bonino.
Mi inserisco nel dibattito circa la trasformazione o meno di alcuni rami delle nostre ferrovie locali in piste ciclabili soprattutto nella convinzione che, se di utilizzo delle due ruote si tratta, i primi ad esprimersi dovrebbero essere gli utilizzatori di tali mezzi ...
Senz’altro muoversi sui pedali su certe distanze richiede non solo mezzi adeguati ed altrettanto adeguate (e quindi costose) piste dedicate, ma altrettanto richiede una preparazione anche fisica che ben pochi hanno. Un conto infatti sono le piste ciclabili che possono ridurre il traffico automobilistico all’interno dell’area urbana, o tra questa e le frazioni circostanti, mentre tutt’altro aspetto può avere il percorrere il viadotto ferroviario che si snoda tra i comuni di Costigliole e Castagnole Lanze: in continua salita se percorso in un senso e tutto in discesa nel senso inverso! Tragitto affatto turistico, ed adatto a pochi ciclisti, quindi.
Per contro se sfoglio la pubblicazione “Dal treno alle vette” posso osservare come numerose sono le tratte ferroviarie minori che vengono utilizzate a scopi turistici in Italia come all’estero (Svizzera soprattutto).
Ed allora, non senza l’abituale vena polemica, mi chiedo: “Se per un verso pare vitale costruire tratte ferroviarie ad alta velocità, perché dall’altro quelle esistenti dovrebbero essere smantellate?”.
Osservando le nostre linee minori, ovvero i vari convogli che Trenitalia pone sotto l’appellativo di “regionali” e “regionali veloci”, mi accorgo come l’unico appeal di tali mezzi di trasporto è l’economia per l’utente rispetto al trasporto privato. A tale aspetto si contrappongono: disservizi, sporcizia, vetustà ed inadeguatezza dei mezzi, che conducono ad un unico risultato, che si può sintetizzare in “Se posso farne a meno non li utilizzo”.
E qui noto la differenza tra i mezzi su rotaia che costituiscono richiamo non solo per i pendolari, ma anche del turismo itinerante. Se le nostre linee ferrate fossero percorse con sistematica puntualità, in condizioni di efficienza e di pulizia come quelli che osservo nella pubblicazione (alcuni con partenza/arrivo da stazioni importanti, ovvero affiancati sui binari da convogli di ultima generazione) probabilmente la loro utenza non sarebbe solo quella dei ragazzi in età scolare, ma avremmo dei veri e propri trasporti pubblici a servizio di un territorio e, perché no, anche delle sue eccellenze storiche, paesaggistiche ed enogastronomiche. Non da ultimo penso alle antiche carrozze, con tanto di locomotive a vapore, che in alcune zone dell’Italia costituiscono vanto e richiamo sia per la popolazione locale, che per i turisti.
Tutto ciò mentre a qualcuno pare più semplice – e forse economico – dire: pedalate!
Ma i periodi di utilizzo delle due ruote sono assai limitati, e poi ci sono le nebbie, la neve, il buio della notte: tutti aspetti che o richiedono grossi investimenti per essere superati, o riducono alquanto l’utilizzo delle piste ciclabili extraurbane.
Probabilmente – complice la crisi economica – il buon senso consiglierebbe di fare buon uso di quanto già esiste e che, con un non certo gravoso impegno economico (specie se rapportato all’utilità) può essere facilmente recuperato e reso più appetibile, ovvero contribuire a convertire adepti dal mercato delle quattro ruote, delle colonnine dei distributori di carburante, dei consumi sia di pneumatici che di asfalto, e soprattutto dal volante, perché nelle varie condizioni atmosferiche avverse, come sotto il sole cocente, il mezzo su rotaia è sempre il più certo e sicuro.