di Giancarlo Dapavo, presidente circolo Gaia di Legambiente Asti.
In questi ultimi due anni le proposte per la realizzazione di nuovi impianti a biogas nella provincia di Asti sono state numerose; anzi, esagerate (almeno una dozzina). Sono stati proposti impianti per la produzione di energia elettrica da parte di numerosi agricoltori: tutti impianti pari a 999 kW di potenza che considerano la cogenerazione (sapendo che la legge lo stabilisce). E sapendo che gli impianti da 1 MW non sono di competenza degli agricoltori ma degli industriali ...
La proposta di cogenerazione è sempre parzialmente fasulla, perché non risultano mai esserci effettivi accordi con le amministrazioni comunali per la costruzione della relativa rete di teleriscaldamento. Il progetto prevede quindi l'uso del calore per l'essiccazione dei vegetali utilizzati nel processo di gassificazione, che è sempre una quantità limitata per poter consentire di considerare veramente l'impianto in cogenerazione.
Tutti i progetti non sono dimensionati alle reali esigenze energetiche e alla effettiva produzione di letame, pollina, vegetali delle aziende agricole stesse. In alcuni casi la produzione propria è limitata a un 20 % del fabbisogno.
Il fatto più grave si è verificato in Valle Versa, in territorio di Cocconato, a monte della stessa Valle, dove è stato autorizzato un primo impianto da 999 kw e dove un altro progetto risulta in fase di realizzazione a Scandeluzza (a circa 8 km dall'impianto a biogas di Cocconato).
Lo scorso mese di aprile un altro agricoltore ha presentato un progetto anche a Cunico, a meno di 1 km dall'impianto di Scandeluzza. In una piccola valle verrebbero così realizzati 3 generatori di biogas per un totale di 2.997 kW: ma non è possibile che il territorio circostante possa produrre scarti di prodotti agricoli e deiezioni animali sufficienti per alimentare tutti gli impianti !
Infatti diverse migliaia di tonnellate di insilati provengono da fuori valle e da fuori provincia. Ogni generatore necessita di almeno 35- 36 mila tonnellate di prodotti tra insilati e deiezioni animali, per un totale annuo di 105-108 mila tonnellate, gli insilati necessari sono circa 55 mila tonnellate, non producibili in valle Versa pena un grave deficit di produzione agricola per l'alimentazione, con il probabile incremento dei costi degli alimenti per animali e umani.
Ritengo errato usare vegetali adatti alla alimentazione umana e animale per destinarli alla produzione di energia. Le conseguenze porteranno a un aumento dei costi degli alimentari di base per l'alimentazione.
L'Italia importa i 5/6 del fabbisogno annuo di grano, usare terreni fertili per produrre insilati per consumarli in un “digestore” per la produzione di biogas è assurdo.
Il problema è causato del sistema degli incentivi agli impianti a biomasse e biogas; la legge non prevede nessun vincolo alle dimensioni dei progetti rispetto alle dimensioni delle aziende agricole proponenti. Non vincola la cogenerazione alla produzione di calore alle dimensioni dell'impianto con delle percentuali importanti (per esempio 50% del calore usato direttamente in loco per
riscaldamento).
Un altro problema è il trattamento finale del digestato: è emerso negli ultimi anni, ma noto sin dalla fine degli anni 90, che i digestori non riescono a neutralizzare completamente i batteri presenti, in particolare i clostridi che sono batteri termoresistenti (a questa famiglia appartengono i batteri che provocano botulismo e tetano).
Questi batteri sono presenti nel digestato, cioè nello scarto dei digestori che viene successivamente smaltito nei terreni. I batteri sono presenti sempre in ambienti naturali, un loro incremento artificioso potrebbe causare seri problemi alla popolazione.
Le emissioni in atmosfera di questi sistemi, in genere non sono nocive, non producono micropolveri, nanopolveri, benzene, diossine e altri inquinanti considerati pericolosi. Purtroppo le emissioni nocive in atmosfera sono emesse dai trasporti dei “combustibili” provenienti da distanze varie e in alcuni casi oltre i 60 km.
È nota la recente dichiarazione dell'OMS (Organizzazione Mondiale per la Sanità), la quale afferma che le emissioni in atmosfera della
combustione del gasolio utilizzato per alimentare i motori diesel è sicuramente cancerogena: sono micropolveri (PM10 ) e nanopolveri (PM2,5), le quali raggiungono gli alveoli polmonari.
L'incremento delle malattie dell'apparato respiratorio e della circolazione sono sempre più frequenti in Pianura Padana a causa degli alti livelli di inquinamento già subiti anche in zone rurali. Tutti i territori dei comuni della Valle Versa - tranne Montechiaro - sono in zona di “mantenimento”, ciò significa che è necessario trovare rimedi per ridurre l'inquinamento. Montechiaro è in zona di
“piano” vincolata a non incrementare i livelli di inquinanti. I trasporti per gli impianti proposti in valle Versa incrementano l'inquinamento, in tutti i territori attraversati con mezzi diesel, in alcuni periodi anche oltre 30 viaggi andata e ritorno al giorno. A conseguenza di questi fatti gli impianti della valle Versa vanno limitati alle "materie prime" raccolte in loco.
Il bilancio dell'anidride carbonica è positivo perché vengono usati vegetali che durante la loro crescita hanno assorbito anidride carbonica in misura superiore a quella emessa.
L'amministrazione provinciale - competente per l'autorizzazione - deve tenere conto di queste situazioni, non autorizzare più impianti nella stessa zona, proporre il ridimensionamento degli impianti stessi quando non risultano dimensionati alle produzioni agricole dell'azienda proponente.
La popolazione di Cunico e dintorni si è giustamente mobilitata per impedire che il loro territorio sia devastato da questi tre impianti a biogas; è certamente indispensabile tenere conto delle loro istanze.
Il proliferare degli impianti a biogas è “drogata” dal sistema anomalo degli incentivi; con la Provincia di Asti abbiamo realizzato le “Linee Guida” per regolamentare questi tipi di generatori: vanno applicate rigorosamente.