Marco Preve, uno degli autori de "La Colata", ha pubblicato nei giorni scorsi sul suo blog queste riflessioni legate al rapporto tra le iniziative per la salvaguardia del patrimonio artistico e paesaggistico e i loro sponsor e finanziatori.
A seguire trovate le riflessioni di Marco e le risposte della presidentessa del FAI: il dibattito è aperto ...
Ho ricevuto dagli amici di Stop al Consumo di Territorio una mail che invita a fare pressione su banca Intesa San Paolo in relazione alla costruzione di nuove autostrade in Lombardia. Di seguito la mia lettera di risposta:
Cari amici, condivido senz’altro questa come tutte le vostre battaglie. L’occasione mi sembra però opportuna per sollecitare una riflessione su un problema che mi sta particolarmente a cuore e che se non sarà risolto, credo confinerà sempre più il “movimento” ambientalista ai margini delle scelte politico strategiche del nostro paese (l’assenza di fatto di un partito verde in Italia lo dimostra).
Vengo al punto che riguarda l’intreccio e la sovrapposizione tra ambientalisti e politica o, in questo caso specifico, ambientalisti e poteri forti.
Mentre voi siete qui a chiedere una pressione su banca Intesa San Paolo, questa stessa banca è partner privilegiato del Fai, il Fondo Ambiente Italia.
Il Fai a ottobre ha addirittura organizzato con Intesa l’evento “Alla scoperta del parco agricolo Sud di Milano” per far conoscere i valori e prodotti della campagna. Oltre a Intesa l’altro partner di Fai era Expò 2015 (vedi: http://www.fondoambiente.it/Attivita-FAI/via-lattea-alla-scoperta-del-parco-agricolo-sud.asp ).
Non mi soffermo su quella che mi sembra una profonda contraddizione e vi lascio questo link
http://www.fondoambiente.it/include/risultati-ricerca.asp per informarvi sulle decine di altre iniziative sviluppate dal Fai in collaborazione con Intesa.
Con i colleghi con cui abbiamo scritto il libro “La colata” per Chiarelettere, avevamo già evidenziato queste situazioni secondo noi poco opportune, ad esempio rievocando la battaglia del Fai contro l’eco mostro di Mediapolis nella piana di Ivrea. Il Fai si è davvero impegnato anima e corpo in questa vicenda ma nel nostro libro avevamo sottolineato un aspetto surreale: uno dei partner finanziari di Mediapolis era proprio banca Intesa che con il Fai in quel periodo sponsorizzava un’iniziativa. Dal Fai nessuna risposta.
Insomma, proprio perché l’Italia non è fino ad oggi riuscita a garantire un movimento verde credibile e in grado di incidere, sarebbe forse l’ora di scelte radicali. Non ideologiche ma morali, etiche, di opportunità. In caso contrario alla fine , al semplice cittadino impegnato nella battaglia per la sopravvivenza tra disoccupazione, crisi e tagli, queste lotte per l’ambiente sembreranno solo lo sfizio di professionisti snob che un giorno scendono in piazza per urlare contro i cementificatori e il giorno dopo invitano quegli stessi cementificatori nel loro salotto per ottenere generosi contributi per salvare un affresco o il boschetto di un santo. Opere meritevoli, ma le scelte ambientali credo richiedano una coerenza ben maggiore e anche dei sacrifici. Il discorso sarebbe lungo e riguarda anche le doppie appartenenze ad associazioni ambientaliste e a partiti politici. In Liguria ci si è resi conto di che cosa voglia dire con lo scandalo della gestione del Parco delle Cinque Terre e il suo presidente ambientalista – esponente Pd. Legambiente ha saputo uscirne bene grazie alla credibilità dei suoi rappresentanti locali, ma i contraccolpi potevano essere assai più pesanti. Insomma, c’è molto da fare e anche un codice deontologico potrebbe servire per partire bene.
Auguri a tutti.
Marco Preve
La risposta del Fai
Desidero prima di tutto ricordare che il FAI non si è mai sottratto a un confronto su questo argomento e, tra gli altri, un esempio è il mio intervento sul blog di Beppe Grillo a proposito di Mediapolis, visibile su YouTube.
Se dovessimo escludere qualsiasi istituzione che in Italia ha avuto presunte connessioni con chi ha favorito, sostenuto o protetto, percorsi singoli o generali nel paese che non sono andati nella direzione di tutela del territorio, questo presupporrebbe il taglio dalla lista dei sostenitori di tutte le fondazioni bancarie, tutte le banche, gran parte delle aziende medio grandi e la conseguenza sarebbe, probabilmente, la chiusura del FAI.
Credo che sia bene ricordare la necessità della nostra Fondazione di mantenere aperti e fruibili per la collettività dopo i restauri decine di beni in tutta la penisola, attività questa che richiede risorse costanti.
Altrettanto, forse, dovrebbero fare altre associazioni ambientaliste che invece si sono identificate con quella o un’altra forza politica perdendo quindi un’indipendenza di giudizio quando si parla di valutazione dell’operato pubblico in questa materia sia localmente che su base nazionale.
Non c’è stato mai in 35 anni di storia del FAI un solo episodio nel quale possa essere dimostrabile o visibile il condizionamento da parte di chi ci sostiene, ed è quindi nei fatti e non nelle supposizioni la prova evidente dell’assoluta indipendenza dell’azione della Fondazione. Non in un solo caso la nostra voce è stata manipolata dalla lista dei nostri sostenitori dalla quale per altro va ricordato vengono automaticamente esclusi, appena ne veniamo a conoscenza alcuni casi e comunque alcuni ambiti precisi: casi di dimostrata inosservanza o violazione delle leggi, aziende che operano internazionalmente non nel rispetto dei diritti umani, produttori di armi, aziende inquinanti sono solo alcuni esempi.
Intesa Sanpaolo è, tra altri, un sostenitore importante con il quale abbiamo sempre avuto un rapporto franco e diretto. Le situazioni che vedevano la Banca dalla parte di chi agiva in modo, secondo noi non consono ad una politica di tutela del paesaggio, ci hanno sempre visto palesemente oppositori senza eccezioni e senza concessioni.
Non credo che serva a questo Paese che ha subito il peggior danno paesaggistico d’Europa negli ultimi vent’anni e con buona pace di tutti, politica, partiti, istituzioni, economia e anche la maggior parte dei cittadini cercare di insinuare che il lavoro del FAI non risponda a criteri di correttezza.
Non credo. Ma per fortuna quello che facciamo è visibile a tutti ed è la miglior risposta. Con fatti, non parole.
Ilaria Borletti Buitoni
Ringrazio la presidente e premetto che ognuno è libero di scegliere strategie e collaborazioni come meglio crede, specie associazioni benemerite e senza fini di lucro come Fai. Mi permetto però di sottolineare un aspetto della sua lettera. Nessuno ha mai detto che siate stati influenzati ma quando dite che nessuno può influenzarvi rientrate in quella categoria – assai diffusa in Italia – che diventa giudice di sè stesso e diventa garante di sé stessa. Quanto poi a non avere rapporti con chi viola la legge, ci mancherebbe altro. Il punto è diverso ed è rappresentato da quella parola, opportunità, che oggi riveste molta importanza per molte persone. Chiudo ricollegandomi alla sua frase:«…questo Paese che ha subito il peggior danno paesaggistico d’Europa negli ultimi vent’anni». Forse se ciò è accaduto è stato anche a causa, non della mancanza di correttezza, ma della scarsa efficacia (e senza il Fai il danno sarebbe stato ancora più grave, ne siamo tutti convinti) del movimento ambientalista in generale, e dentro ci metto anche la categoria dei giornalisti. Spero che le mie parole siano state lette per quel che erano, uno spunto di riflessione.
Auguri e lunga vita al Fai
Marco Preve