di Alessandro Mortarino.
Se è vero che, pur in anni di altalenanti economie, la pubblicità continua ad essere l'anima del commercio, osservando le strategie di promozione e comunicazione delle imprese possiamo ancora comprendere in quale direzione “tiri” il mercato. E quello del fotovoltaico - almeno stando alle paginate che negli ultimi giorni ammiccano da tutti i quotidiani - pare inequivocabile: le aziende e gli investitori puntano ai nuovi impianti su tetti dalle superfici estese, cioè i grandi capannoni. Era ora ...
Era ora, certo. Ma l'ora, a nostro avviso, è scattata con qualche anno di ritardo e ben poco ci rallegra il poter dire oggi: "noi lo avevamo detto".
Sarebbe stato sufficiente che le leggi nazionali (come noi avevamo auspicato, tanto da trasformare le nostre proposte in una campagna nazionale inequivocabile sin dal titolo: "Sì al fotovoltaico, ma non su terreni liberi") avessero escluso dai finanziamenti del loro "conto energia" gli impianti realizzati in aree agricole e su terra.
Sarebbe stato sufficiente per far sì che gli "investitori" (che sanno fare i conti e non sono interessati a eccessivi ragionamenti morali) si trovassero indirizzati verso una strada di vera sostenibilità ambientale, cioè spinti a credere nelle energie rinnovabili ma senza divorare terreni fertili, andando a posizionare milioni di metri quadri di pannelli fotovoltaici proprio là dove alcun danno era possibile arrecare: tetti, cemento, asfalto, aree già antropizzate.
Solo ora e solo in modo parziale (perchè il nuovo "conto energia" non ha smesso di incentivare i nuovi impianti a terra ma ne ha solo dimezzato i bonus) si inizia ad individuare una logica. E le imprese, che nel mercato stanno e devono sapersi barcamenare, giungono facilmente a cambiare rotta o a capire quali saranno i loro obiettivi futuri.
Leggendo la pubblicità di quell'azienda torinese che ricerca "tetti industriali in affitto di almeno 3.000 metri quadri”, offrendo "20 anni di affitto anticipato e la rimozione gratuita dell'amianto", ci siamo ricordati di quando due anni fa alla stessa azienda - la cui pubblicità allora diceva: "avete terreni da affittarci per installare impianti fotovoltaici ?" - inviammo una decisa raccomandata con ricevuta di ritorno per invitarla a modificare il messaggio promozionale e smetterla di "irretire" anziani agricoltori. L'azienda fu con noi correttissima e ci rispose: "siamo d'accordo con voi, ma le leggi oggi incentivano i grandi impianti e noi non possiamo non concentrarci sulle aree estese. E dato che non riusciamo a trovarne in aree industriali, non ci restano che i terreni agricoli ...".
Ora le cose sono cambiate (ma non completamente: non siamo troppo ottimisti !) e una morale finale ci pare non sia fuori luogo. Quale ?
Che spesso, sempre più spesso, i cittadini comprendono le situazioni e annusano i problemi ben prima dei tecnici e anni luce prima dei politici e degli amministratori. Ma farsi sentire da costoro è sempre più difficile.
Dunque la nostra sfida (di noi cittadini, di noi "Movimenti") prossima ventura deve essere un'altra: non più soltanto ostinarci ad essere ascoltati dai poteri politici (che tanto non sono in grado di ascoltarci ...) ma intensificare la ricerca di un dialogo con le componenti economiche sociali che portino alla luce i problemi e individuino soluzioni vantaggiose per tutti. Dobbiamo cioè mettere alla luce i problemi e i guasti, suggerire soluzioni, condividerle con le altre “parti” sociali/economiche, preparare progetti realizzabili, proporli e pretenderne l’applicazione.
Uno sforzo immane, questo è certo.
Che "ci tocca".
Perchè a nessuno di noi, spiaccicato al fondo del baratro, piacerà un giorno dover pronunciare l'ultima parola: "noi l'avevamo detto" ...