di Elisa Schiffo, tratto da "La Stampa" (edizione astigiana) di Mercoledì 26 Gennaio 2011.
Divide nel Sud Astigiano la decisione del Valtiglione di accelerare l’iter previsto dal decreto Ronchi.
Il futuro dell'acqua:
Contrari. Il comitato acque pubbliche «Si sta andando nel senso opposto a quanto sta avvenendo nel resto d’Italia».
Il sindaco. Andrea Lajolo (Vinchio): «Un passo da fare legato all’entrata di una serie di Comuni oggi solo convenzionati».
Partire per tempo o aspettare gli sviluppi? Fa discutere nel Sud Astigiano la decisione dell’Acquedotto Valtiglione di iniziare di fatto l’iter che culminerebbe con la privatizzazione parziale (in misura non inferiore al 40%) dei servizi idrici integrati (acquedotto, fognature, depurazione) entro il dicembre 2011, come impone il decreto Ronchi.
«La nostra società non è solo di gestione ma anche proprietaria dell’acquedotto (la proprietà di reti e impianti di fognatura e depurazione è invece rimasta ai Comuni, ndr) – spiega il presidente Giovanni Spandonaro – il primo passo per non arrivare con il fiato in gola alle scadenze imposte è scindere i due rami: una srl per la proprietà mentre l’attuale spa rimarrebbe di gestione, aperta all’eventuale partecipazione di capitale privato».
Un passaggio tecnico necessario, insieme all’aumento di capitale anche per permettere l’ingresso di una serie di Comuni ora solo in convenzione con l’autorità d’ambito che sono Nizza, Canelli, Castagnole Lanze (in parte), Castelrocchero, Azzano, Rocca d’Arazzo, Quaranti, Cerro e Rocchetta Tanaro. «Il primo di una serie di passaggi necessari – precisa il presidente - perchè l’acquedotto possa proseguire nella gestione del servizio idrico integrato fino alla scadenza del contratto, fine 2030. Se nel frattempo qualcosa cambia saremo i primi a dire stop». La situazione tutto intorno è complicata: da una parte il decreto Ronchi che, per ora, non lascia dubbi. Dall’altra la Corte di Cassazione che ha dato il via libera ai tre referendum richiesti dal Forum nazionale dei Movimenti per l’Acqua, oltre 1 milione e 400 mila firme raccolte in tutta Italia, 5.597 astigiane che potrebbe scongiurare il rischio privatizzazione della gestione delle acque pubbliche (si attende il responso della Corte Costituzionale), con la possibile imminente chiamata alle urne. «Mentre in tutta Italia ci si batte per rilanciare la battaglia contro la privatizzazione – sottolinea Alessandro Mortarino, Comitato provinciale Astigiano a favore delle Acque Pubbliche – nell’Astigiano accede l’esatto opposto… questa accelerazione dell’Acquesdotto Valtiglione nell’adeguarsi alla nuova normativa non ha alcun motivo di urgenza… non si capisce quindi il perché di questo accelerato tentativo in punta di piedi…».
Sul tappeto anche un processo di revisione degli ambiti (Ato) con la Regione che potrebbe regolamentare già entro marzo. E c’è il presidente Cota che con una lettera invita i sindaci a soprassedere a ogni decisione vista «la particolarità del momento e in considerazione del fatto che a breve si prefigurerà un nuovo assetto delle competenze degli enti locali coinvolti». I 26 Comuni dell’Acquedotto Valtiglione, chiamati a deliberare sulla scissione anche nei loro Consigli, sono divisi. «Il referendum che potrebbe stravolgere la situazione, la Regione che chiede di aspettare con una delibera ne abbiamo preso atto, posticipando la discussione» dice il sindaco di Costigliole Nanni Borriero (tra chi la pensa così anche i vicini di casa, Castagnole e Coazzolo). Altri ragionano diversamente: «E’ un passo legato all’ingresso di una serie di Comuni che comunque andava fatto – dice il sindaco di Vinchio Andrea Laiolo (così anche Montegrosso e Moasca) per tutto il resto si aspettano gli sviluppi».
«Solo a ottobre la ricerca del partner»
domande a Giovanni Spandonaro presidente Valtiglione [E. SC.]
Giovanni Spandonaro, sindaco di Mombaruzzo, rettore del comitato Palio Torretta, è presidente dell’« Acquedotto Valtiglione dal 1990».
Personalmente che cosa ne pensa di questa operazione?
«Parlo anche da sindaco, la gestione pubblica tutela e garantisce di più i cittadini. Le decisioni nel tempo sono sempre andate in questo senso. Come quando abbiamo deciso di trasformarci, nel giugno 2005, da azienda consortile a spa». Ha chiesto ai sindaci di deliberare sulla scissione, perché tanta fretta? «Pitost che niente l’è mei pitost (piuttosto che niente è meglio piuttosto)».
Cioè?
«Il rischio è di non riuscire a sfruttare neanche la possibilità che ci dà la legge di privatizzare soltanto una parte. L’unico dato certo finora è che la Corte costituzionale ha già bocciato ben sette ricorsi delle Regioni. Comunque niente di quello che abbiamo in programma è irreversibile come è stato puntualmente spiegato in assemblea».
Quali le scadenze?
«Entro gennaio 2011 parte la procedura di scissione, l’atto a giugno e nel mese successivo l’assemblea straordinaria di entrambe le società (immobiliare e gestore) per deliberare l’aumento di capitale. Solo a ottobre 2011 le procedure per la ricerca del partner privato».
I numeri:
26 Comuni
Sono quelli soci dell’Acquedotto Valtiglione. Altri nove sono in convenzione con l’Ato.
5,5 Milioni
E’ il giro d’affari dell’Acquedotto di cui è presidente Giovanni Spandonaro.
25 Dipendenti
E’ il personale in servizio fra tecnici e impiegati.
1000 Chilometri
La lunghezza della rete di distribuzione.
Autorità d’ambito
Gerbi: “Asti e Alessandria potrebbero essere accorpati”
[EL. F.]
Non deve essere letta per forza come una scelta in favore della privatizzazione dell’acqua, secondo Vincenzo Gerbi, l’iter avviato dall’Acquedotto della Valtiglione: «La norma prevede che si debba scegliere un partner privato per la gestione entro fine 2011, altrimenti c’è il rischio di essere estromessi – precisa il presidente dell’Autorità d’ambito – per questo si è scelto di separare la proprietà dalla società di gestione, di cui potrà essere ceduto il 40%».
Diversa la situazione degli altri gestori astigiani che fanno capo all’Ato5: «Per l’Asp, in estrema sintesi, il fatto di essere già una partecipata con certe caratteristiche dovrebbe escluderlo dal nuovo provvedimento – precisa Gerbi – così anche l’Acquedotto del Monferrato, essendo stato istituito per regio decreto, mai abrogato».
Tenta un’altra via d’uscita l’Acquedotto della Piana: «La norma prevede che i gestori che hanno mantenuto tariffe al di sotto della media di mercato possano essere esonerati - aggiunge – i sindaci tenteranno di percorrere questa strada».
Intanto solo lunedì in Regione si è discusso del futuro degli Ambiti di gestione degli acquedotti: «L’abolizione è stata prorogata al 31 marzo 2011, ma è stata ribadita l’intenzione a procedere». L’ipotesi è trasferire le competenze gestionali degli Ato alle Province, con una possibile riduzione degli ambiti da 6 a 5.
E ad essere accorpati, potrebbero essere proprio Asti e Alessandria.