Pitost che niente, l'è mei pitost ...

Imagedi Alessandro Mortarino.

«Piuttosto che niente, è meglio piuttosto». E' con questo significativo epitaffio che il presidente dell'Acquedotto Valtiglione risponde, finalmente, alle istanze del Comitato Astigiano a favore delle Acque Pubbliche sul tema della tentata apertura ai privati della società di gestione dell'acquedotto stesso. La risposta arriva non direttamente al Comitato (nonostante le raccomandate ed e-mail inviate), ma attraverso il quotidiano "La Stampa": capita spesso, purtroppo, che gli amministratori pubblici non amino relazionarsi direttamente con i cittadini e le loro rappresentanze. E che le risposte non siano convincenti; vediamo perchè ...

«Parlo anche da Sindaco, la gestione pubblica tutela e garantisce di più i cittadini. Le decisioni nel tempo sono sempre andate in questo senso. Come quando abbiamo deciso di trasformarci, nel giugno 2005, da azienda consortile a SpA».

Forse Spandonaro dovrebbe spiegarci meglio il suo pensiero: avere trasformato nel 2005 un Consorzio fra Comuni in una Società per Azioni (cioè essere usciti dalla forma rigorosamente pubblica per entrare nel Diritto Privato e, a nostro giudizio, dare "potere" ad un Consiglio di Amministrazione anzichè ad una Assemblea di Sindaci ...) non rappresenta nessuna forma di garanzia per la tutela del controllo pubblico di un vitale servizio come quello acquedottistico. Certamente rappresentava, allora, una modalità per adempiere agli indirizzi di una legge vigente: ad essere sinceri, non un obbligo (come fu interpretato) ma un indirizzo forte.

Lieti che Spandonaro concordi con noi sul fatto che la gestione pubblica tuteli e garantisca maggiormente i cittadini. Ma sarebbe utile che ce lo dimostrasse, ora, con i fatti. E, ad esempio, ci spiegasse perchè nella bozza di delibera da lui trasmessa a tutti i Comuni "allacciati" al Valtiglione, non si facesse neppure un accenno al fatto che tre quesiti referendari "pendevano" sull'applicazione dell'articolo 23 bis della nuova legge voluta dal Ministro Ronchi. Sarebbe stato doveroso (per un amministratore pubblico ...) avvisare i colleghi amministratori che deliberare la scissione dell'acquedotto in due parti (proprietà delle reti e gestione del servizio integrato) e spianare la strada all'ingresso di capitali e soci privati nella seconda società, poteva essere una pura lezione teorica, poichè una vittoria dei comitati referendari poteva stravolgere qualunque volontà deliberata.

E, forse, poteva essere ben più chiara la scadenza richiesta per queste delibere comunali: 31 Dicembre 2010, recitava la tempistica suggerita da Spandonaro, mentre i termini della Ronchi indicano il 31 Dicembre del 2011.

Sarebbe stata sufficiente una frase: "oltre 1.400.000 cittadini italiani hanno sottoscritto tre quesiti referendari (di cui due ammessi dalla Corte Costituzionale), dunque l'eventuale risposta delle urne potrebbe abrogare l'ossatura del Decreto Ronchi e dell'articolo 23 bis. Pertanto l'indirizzo politico/amministrativo che chiediamo a ciascun Consiglio comunale di deliberare non avrà alcun valore operativo fino al responso popolare" ...

«Pitost che niente, l’è mei pitost (piuttosto che niente, è meglio piuttosto). Il rischio è di non riuscire a sfruttare neanche la possibilità che ci dà la legge di privatizzare soltanto una parte. L’unico dato certo finora è che la Corte Costituzionale ha già bocciato ben sette ricorsi delle Regioni. Comunque niente di quello che abbiamo in programma è irreversibile come è stato puntualmente spiegato in assemblea».

Vale quanto detto prima: ora la Corte Costituzionale ha considerato pienamente ammissibili due dei tre quesiti referendari. Ne terrà conto, il presidente Spandonaro ? A cui ricordiamo che qualunque sua azione dovrà considerare i referendum. Con una grande preoccupazione (nostra): e se il Governo dovesse cadere e si arrivasse ad elezioni anticipate in Primavera ? I nostri referendum slitterebbero, probabilmente, al prossimo anno. Dunque, si rischierebbe un cortocircuito di questo genere: Valtiglione "obbligato" a cedere almeno il 40 % ai Privati entro la fine di quest'anno e l'anno prossimo un referendum che abroga la Ronchi. La stalla chiusa dopo che i buoi sono già scappati ! Come si comporterebbero Spandonaro e l'Acquedotto Valtiglione ? Possiamo - tutti assieme - chiedere sin d'ora una "Moratoria" (ovvero: rinvio dei termini di scadenza previsti dal Decreto Ronchi finchè i referendum non si sono compiuti) ?

«Entro gennaio 2011 parte la procedura di scissione, l’atto a giugno e nel mese successivo l’assemblea straordinaria di entrambe le società (immobiliare e gestore) per deliberare l’aumento di capitale. Solo a ottobre 2011 le procedure per la ricerca del partner privato».

Un acquedotto "rende", in termini di profitto d'azienda ? Noi diciamo: No, non DEVE rendere in quanto l'acqua non è una merce, ma un diritto. Certamente, oggi non è la proprietà delle reti a dare risultati economici, ma semmai la gestione del servizio. E cosa ci invita a fare il Decreto Ronchi ? Mantenere pubblica la proprietà delle reti (economicamente in passivo e che necessita di continui investimenti tecnologici) e privatizzare la gestione (che emette le bollette, dunque ha una incidenza economica).

Nel caso dell'Acquedotto Valtiglione, ci pare evidente che ci sia, oggi, un problema di bilanci, perennemente in difficoltà. Ma ci sorge una domanda spontanea: come mai l'Acquedotto del Monferrato (Consorzio fra Comuni e non SpA ...), che ha una rete di distribuzione praticamente doppia rispetto a quella del Valtiglione e utenze molto ricche di "seconde case", chiude i suoi bilanci in attivo, nonostante i costanti investimenti ?

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