Tratto da Andrea Camilleri, “La danza del gabbiano”
Appena che il rabdomanti si era fatto ‘na passiata da quelle parti aviva ditto: “Ma qui sotto c’è un mare d’acqua!”.
I Fradella allura avivano fatto scavari il primo pozzo e a ‘na trentina di metri l’acqua era vinuta fora bella frisca. Ni ficiro scavari altri dù e tempo ‘na para d’anni il tirreno, vagnato in continuazioni con il sistema di tubi e paratie, accomenzò ad addivintari virdi. Qualisisiasi cosa ci siminassiro, pigliava ...
‘Nzumma, quella trentina di ettari addivintarono un paradiso tirrestri. Po’ era stato addeciso dal governo regionale di raprire ‘na nova strata a scorrimento veloci tra Montelusa e Trapani, un’opera pubblica di straordinaria ‘mportanza, avivano spiegato i politici. La strada doviva passare all’interno della montagna Scibetta epperciò ci scavarono ‘na galleria che la spirtusava da parti a parti. Finuta la gallaria, finì tutto.
Nel senso che la strata di scorrimento non si fici cchiù pirchì a scorriri troppo veloci erano stati i soldi stanziati, se l’erano messi in sacchetta appaltatori e mafia e, come carrico da unnici, da un jorno all’altro l’acqua delle terre dei Fradella, che erano a ridosso della muntagna, scomparse.
Il pirtuso della gallaria aviva spostato la falda acquifera.
E accussì il terreno era tornato a esseri quello che era sempri stato: arido e improduttivo.
Da: “La danza del gabbiano”