"Le riflessioni e le proposte contenute nel documento condiviso e sottoscritto da diverse decine di donne e uomini che sono stati o sono tutt’ora amministratori, impegnati nel sociale e nell’associazionismo, sono, seppure in una dimensione più ampia e articolata, in continuità con l’appello "Una rete per la giustizia ambientale e per la cura" promosso nelle scorse settimane da un gruppo di cittadini del capoluogo, fra i quali alcuni consiglieri in carica. Proprio per tale ragione il nostro documento non solo non nasce in contrapposizione o concorrenza con tale iniziativa, ma ne condivide i valori di fondo (giustizia sociale, svolta nelle politiche ambientali e del territorio, difesa e potenziamento della sanità pubblica). Ne ampliamo l’angolatura e la dimensione dell’analisi a cui abbiamo cercato di dare un respiro provinciale, utile, anche se certamente non esaustivo, per affrontare adeguatamente i tanti problemi del nostro territorio.
Ci battiamo per il rilancio della sanità pubblica e un riordino delle sue strutture e servizi che non si esaurisca nei problemi dell’edilizia ospedaliera. Vogliamo che le nostre città e paesi siano al centro della ripresa economica con un ruolo attivo nel decollo dell’economia circolare, con adeguate scelte di politica energetica, di gestione dei rifiuti, di promozione del recupero e del riuso dei materiali. Ci impegniamo per ridurre, se non annullare, il consumo di suolo fertile, a favore di una agricoltura di qualità, ecosostenibile, e per valorizzare appieno le aree protette. Siamo per un ambientalismo che guardi avanti, socialmente impegnato, il quale riconosce e promuove i diritti dei lavoratori, l’accoglienza dei migranti. Insistiamo sugli interventi di messa in sicurezza del territorio, con un’attenzione stringente per la montagna. Crediamo nelle possibilità di una ripresa del turismo, basato sul rispetto della natura e sulle potenzialità offerte dai beni artistici delle nostre città. Ribadiamo il ruolo fondamentale per l’identità culturale della provincia del patrimonio di sacrifici e di valori della Resistenza.
Il documento, che verrà arricchito da dibattiti online, aperto a nuove adesioni e contributi, è a disposizione di chi nelle prossime elezioni amministrative a partire da quelle autunnali, vorrà costruire liste progressiste e ambientaliste. Vuole anche essere un sasso lanciato nello stagno del dibattito apertosi a Cuneo sul rinnovo del Consiglio comunale del 2022, che rischia seriamente di impantanarsi in questioni di schieramento, ripicche, pregiudiziali. Grandi assenti restano i problemi e le scelte programmatiche. Se il primato assegnato alle “poltrone” è sempre deleterio, oggi, nella congiuntura che stiamo vivendo, diviene inammissibile".
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Le crisi in cui siamo immersi
Prima che scoppiasse la pandemia le crisi che “il mondo doveva fronteggiare” erano tre e ognuna di esse tale da mettere a repentaglio la sorte della civiltà umana: “una crisi climatica, una crisi di diseguaglianza, e una crisi della democrazia” (Stiglitz, 2019). Lo shock sanitario ed economico epocale provocato dal Coronavirus ne ha aggiunta una quarta: una crisi pandemica paventata a suo tempo dalla preveggenza di alcuni, ma non prevista dalle classi dirigenti del cosiddetto “mondo avanzato”. Nessun governo aveva programmato misure preventive o precauzionali per tutelare la salute della popolazione. Al contrario, benché si tratti di uno dei settori in cui l’interdipendenza con gli altri ambiti della vita umana si manifesta in modo più stretto, i sistemi sanitari nazionali sono stati negli ultimi decenni falcidiati da continui tagli di risorse. Nei paesi con offerta di cura “mista” (pubblica e privata), la contrazione della spesa statale e/o regionale imposta dalle politiche di austerità ha colpito il primo settore in maniera netta. Quanto più la popolazione è composta da soggetti ad alto rischio di malattia, tanto più i ricchi desiderano uscire dalla sanità pubblica per assicurare la propria salute sul mercato, tanto meno finisce per essere finanziato il sistema pubblico di mutua assicurazione dal rischio: ciò penalizza in primo luogo i poveri, i meno abbienti, i meno tutelati.
Gli studi dei virologi, ecologi e climatologi hanno d’altro canto dimostrato come un utilizzo dissennato del territorio aumenti il pericolo di diffusione delle malattie virali o batteriche nocive per l’uomo, provenienti da altre specie animali. L’inquinamento atmosferico si è rivelato pesante concausa nelle complicazioni respiratorie provocate non solo dal Covid, ma anche dalle più comuni forme influenzali o allergiche.
E’ vero che il lockdown con la riduzione del traffico e la chiusura di molte attività industriali ha comportato una forte riduzione degli ossidi di azoto, una delle sostanze più pericolose per la salute, ma non ha inciso su altri inquinanti altrettanto diffusi come le polveri sottili, che in particolare nella pianura padana vengono prodotte non solo dal traffico, ma anche dagli impianti di riscaldamento, dalle attività agricole e zootecniche ecc. A riguardo di queste ultime andrebbe avviata la sperimentazione su allevamenti del territorio per valutare la fattibilità e l’efficacia di recenti brevetti che permettono la depurazione delle deiezioni animali con procedure biologiche e senza consumo di energia elettrica.
Contro l’aumento delle diseguaglianze
Diversamente da altre epidemie epocali (la peste nera del ‘300, quella manzoniana), il contagio da Covid non ha colpito la società in modo indiscriminato, provocando un rimescolamento fra le classi tale da ridurre, almeno per qualche decennio, ingiustizie e diseguaglianze (la peste come “scopa di don Abbondio”, nell’arguta definizione di Luciano Canfora). Ha semmai accentuato gli squilibri a livello planetario, con i paesi poveri tagliati fuori dai circuiti del vaccino, e interni, dove hanno pagato un prezzo elevato gli anziani, i lavoratori precari, i cassintegrati, artigiani e commercianti operanti soprattutto nel settore della cultura, dello sport e del turismo, mentre categorie privilegiate (finanza, commercio on line, detentori di grandi patrimoni) hanno incrementato i loro assets, senza essere chiamate, come doveroso in simili frangenti, a versare un contributo fiscale straordinario.
Ambientalismo sociale e giustizia, riconversione ecologica e circolare dell'economia sono i nostri valori di riferimento. Gli strumenti, che riteniamo necessari, dovranno essere volti a eliminare le forti disuguaglianze con un fisco a maggiore progressività e un sostegno al reddito tendenzialmente universale, un reale impegno per creare occupazione buona e stabile, riducendo l'orario di lavoro, una tutela intelligente dell'ambiente che prevenga forme di riscaldamento irreversibile del pianeta, la difesa del paesaggio che privilegi opere rispettose della bellezza dei territori (un esempio concreto: nella realizzazione dell'Asti-Cuneo va valutato se sono fattibili, in termini di costi e di tempi, opere come la galleria di Verduno - al posto di un tratto a cielo aperto, come voluto dal concessionario -, che meno impattano sullo skyline Unesco), una politica di accoglienza giusta ed efficace, che dia opportunità di vita dignitose ai lavoratori immigrati, resi peraltro indispensabili dall'attuale crisi demografica per lo svolgimento delle nostre attività produttive.
Questi valori e queste possibilità strumentali sono presenti nella nostra Costituzione, nata dalla Resistenza, e chiedono di trovare piena applicazione nella prospettiva di una “società dei beni comuni e della cura” per tutte le persone, il nostro prossimo cui dobbiamo vicinanza e solidarietà.
Le sfide a livello locale e amministrativo
Tali obiettivi e le misure idonee per conseguirli dovranno essere al centro del confronto che si svolgerà nei quasi trenta comuni che andranno al voto nel 2021 (fra cui Caramagna P.te, Cavallermaggiore, Dronero, centri minori delle valli Varaita, Po, Gesso, Stura, delle Langhe) e nelle città chiamate alle urne l’anno prossimo (Cuneo, Mondovì, Racconigi). La scadenza assume particolare valore (per il ruolo della città e per la forte presenza di centri di governance come fondazioni bancarie e ospedaliere) nel capoluogo di provincia, dove volgono al termine i due mandati di Federico Borgna a capo di una giunta di centro-centro-sinistra.
Qui la nuova amministrazione dovrà aprirsi a forme di democrazia sostanziale come l'adozione di schemi di bilancio partecipato e l'inserimento nello Statuto comunale del Regolamento dei beni comuni e la conseguente adozione dei patti di collaborazione per la loro gestione (ad esempio le cooperative di comunità). Andrà riqualificata e rivitalizzata la macchina comunale, progressivamente indebolita dalle politiche di austerità e dall'obbligo del pareggio di bilancio a risorse limitate, per evitare su questioni cruciali l’affidamento della gestione a organizzazioni aziendali private.
E’ l’unico modo per evitare di finire in un cul-de-sac, come è successo con il contestato parcheggio sotto Piazza Europa, o per utilizzare al meglio, cioè con la più ampia ricaduta di benefici, fondi cospicui come quelli del Bando Periferie o quelli europei.
La tutela dell’ambiente, la minimizzazione del consumo di suolo devono tornare ad essere al centro delle politiche urbanistiche.
Le amministrazioni comunali devono sottrarsi al meccanismo perverso innescato dai tagli governativi alla finanza locale e al parallelo ampliamento delle possibilità di utilizzo degli oneri di edificazione nella copertura di una spesa corrente in continua crescita. Il che porta ad autorizzare interventi non necessari né utili, se non alla speculazione edilizia.
Per una sanità non concentrata sulla sola edilizia ospedaliera
Quanto alla realizzazione del nuovo ospedale unico di Cuneo, considerando da una parte le sue funzioni di hub, a servizio all'area vasta provinciale (di competenza dell'Assemblea dei comuni dell'ASL CN1), dall'altra la scelta dell'area (di competenza del comune di Cuneo), se è vero che il responso degli architetti incaricati dalla Fondazione per il nuovo ospedale ha indicato l'area Carle di Confreria come soluzione più favorevole, riteniamo che alla luce dell'enorme impatto non solo finanziario, ma soprattutto per le ricadute economico-sociali, paesaggistiche ed ambientali che l'opera determinerà per il territorio, sarebbe stato necessario che la decisione definitiva maturasse dopo un ampio dibattito. Sono invece arrivate a breve giro di tempo la delibera assertiva del Consiglio comunale e l’adesione dell’Assemblea dei sindaci dell’Asl Cn 1.
Il processo di partecipazione, che è mancato in questa prima fase, deve essere recuperato nelle fasi successive di un iter che non si presenta comunque né semplice né breve.
Se le due opzioni in campo (ampliamento e adeguamento del S. Croce, nuova edificazione a Confreria) presentano punti di forza e criticità quasi complementari e se sono quindi comprensibili scelte divergenti, non possiamo transigere sulla necessità della trasparenza nel processo decisionale, sul coinvolgimento partecipativo non solo degli amministratori, ma anche della popolazione e delle associazioni ambientaliste, sociali, sindacali e del lavoro autonomo.
Occorrerà poi garantire presidi sanitari alla zona dell’altipiano e impedire usi speculativi del patrimonio immobiliare dismesso in pieno centro, assieme con il recupero delle aree verdi, così da compensare con la rinaturalizzazione di spazi prima edificati il terreno agricolo che verrà edificato/ asfaltato a Confreria, qualora questo dovesse confermarsi sito definitivo del nuovo ospedale.
Considerazioni metodologiche analoghe valgono per la programmazione del nuovo ospedale o di un riassetto dei presidi sanitari al servizio dell’ex comprensorio di Saluzzo-Savigliano-Fossano, oltreché per il riuso delle ex sedi del S. Spirito di Bra e il S. Lazzaro di Alba.
La posizione baricentrica di Saluzzo rispetto a tre vallate con una età media della popolazione superiore a quella della pianura, la quale va ad aggiungersi al disagio delle comunicazioni, richiede che i servizi di urgenza (DEA, Rianimazione) non vengano ridotti, ma anzi potenziati, con assunzioni di personale e anche conservando tutti quei servizi che sono funzionali a trattamenti di urgenza sicuri ed efficaci.
Tuttavia pensare di riorganizzare la sanità locale partendo dai contenitori è miope, se dettato da logiche campanilistiche e propagandistiche, riduttivo, se le esigenze di nuovi manufatti si riducono a ragioni urbanistiche o edilizie piuttosto che sanitarie.
Gli attuali problemi del servizio sanitario, nazionale, regionale e locale, nascono dai disastri di una aziendalizzazione selvaggia, che, anziché introdurre efficacia e attenzione ai bilanci, si è incaponita nei tagli di spesa, nella riduzione delle risorse umane e tecniche, nella corsa alla produttività/fatturazione con una progressiva disumanizzazione del rapporto medico-paziente.
La pandemia da Sars Cov 2 ha messo a nudo le criticità latenti del sistema sanitario italiano, che all’improvviso si è scoperto povero di posti letto, di specialisti della area medica intensiva, sguarnito di presidi dedicati alle malattie infettive. Ma al di là dell’odierna emergenza una riorganizzazione della sanità locale deve passare attraverso l’interazione dei presidi esistenti, più facile se si arrivasse ad un’unica azienda sanitaria, almeno del territorio dell’Asl Cn1, ivi compreso l’ospedale di Cuneo, in modo da coordinare in rete le attività, evitando doppioni, competizioni inutili e spesso dispendiose, disomogeneità vistose nei tempi di attesa, con spazi in periferia inutilizzati, mentre a Cuneo sono ingolfati, anche per le misure del distanziamento.
Va ridimensionata una visione ospedalocentrica della sanità che tanti problemi ha creato nella gestione della pandemia, ad es. nel sistema lombardo.
Per questo occorre aumentare le borse di studio e i posti nelle scuole di specializzazione, assumere personale per tornare agli elevati livelli di assistenza che il nostro SSN ha conosciuto sino alla stagione dei tagli indiscriminati, potenziare la rete dell’assistenza domiciliare e dei primi soccorsi (oltre i DEA ospedalieri il servizio di Guardia medica), irrobustire il ruolo della medicina del territorio (medici di famiglia, distretti, Usca, Servizi di igiene pubblica).
Salvaguardare territorio e suolo fertile
I nuovi interventi edilizi, seriamente programmati nella loro necessità e tempistica, siano il più possibile ecosostenibili e non solo mere operazioni di urbanizzazione e cementificazione, con sottrazione di risorse finanziarie e suolo pubblico.
Il calcolo del suolo agricolo o verde da consumare (e da recuperare o compensare) è pratica consolidata da decenni nei paesi del Nord Europa.
Dovrebbe diventare la bussola di orientamento dell’Amministrazione provinciale, a cominciare dalla ricollocazione delle zolle di humus sui reliquati di strade che risultano dalle correzioni di tracciati stradali.
La Resistenza, pilastro dell’identità culturale e morale della provincia
Le elezioni amministrative nel capoluogo hanno infatti una doppia valenza, per la consistenza demografica della città e perché mettono in gioco la concomitante presidenza della provincia. Una vittoria del centrodestra, che ormai anche da noi ha poco di liberale, ma oscilla fra sovranismo, nostalgie per il ventennio e xenofobia, con tolleranze in certi settori verso i movimenti neofascisti, sarebbe esiziale per una istituzione fondamentale per la vita culturale e civile della provincia come l’Istituto storico della Resistenza, fondato nel 1964 da un patto fra partigiani e partiti dell’arco costituzionale in memoria del sangue versato da 15.000 vittime nelle guerre fasciste, negli eccidi tedeschi e durante la guerra di liberazione.
Ma, se anche Cuneo reggesse all’ennesimo, metaforico assedio, senza una battaglia culturale e politica nel resto del circondario, anzi della provincia, una maggioranza anche più esplicitamente progressista dell’attuale si troverebbe isolata.
Il numero di sindaci di piccoli comuni che si dichiarano, prima e dopo l’elezione, leghisti o adepti di Fratelli d’Italia è in crescita esponenziale, con conseguente logoramento di quell’antifascismo di massa, diffuso, che aveva connotato la nostra provincia senza contraddizione con la lunga egemonia di una Dc conscia della responsabilità che la storia e il vissuto dei cittadini le consegnavano.
L’associazionismo intercomunale strumento indispensabile per la riduzione dei rifiuti, il recupero e il riuso delle materie, una nuova politica energetica
Il passaggio alla destra di molti comuni delle vallate o di piccoli centri di pianura comporta anche un incremento del campanilismo, versione ruspante del nazionalismo, a detrimento di unioni montane e altre forme associative.
La soppressione delle Comunità montane e la riduzione progressiva dei finanziamenti statali destinati ai territori di montagna e di alta collina, già in difficoltà per lo spopolamento e la mancanza di servizi, ne ha di fatto disconosciuto la specificità ed il ruolo di polmone verde (oggi esaltato dalla pandemia) legato alla presenza dell’uomo sul territorio. In Piemonte la L. R. 11 del 2012 ha quindi indebolito pesantemente le associazioni intercomunali che dovevano sostituire le CM. Ora la modifica della legge regionale 24, con l’abolizione dell’obbligatorietà dell’adesione su base territoriale ai consorzi per la raccolta e smaltimento rifiuti avrà effetti disgreganti anche in questo settore: l’abolizione dell’adesione obbligatoria su base territoriale ai consorzi accenderà separatismi e contrapposizioni, a scapito delle economie di scala e della razionalità programmatoria degli impianti.
Ora per ridurre la produzione dei rifiuti occorre adottare estese pratiche di compostaggio domestico e di comunità, il ridimensionamento dei consumi di plastica (valorizzando l’acqua del rubinetto), il recupero e il riutilizzo dei materiali, per i quali attorno alle principali aree ecologiche dei consorzi vanno costruite delle reti di riparazione e riuso. Nella riparazione e nel riuso rientrano la rigenerazione per i Raee (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) e la condivisione per i vestiti, i servizi a domicilio come il lavaggio dei pannolini e pannoloni, una rete efficiente per l’acqua pubblica (anche gasata), gli accordi con il commercio locale per la vendita di prodotti sfusi e a minor contenuto di imballaggio modello Spesa Sballata di Varese o Ecospedia dell’Ascom di Abbiategrasso, ecc. Il tutto con l’obiettivo di far calare in provincia i rifiuti a 220mila t/a con l’85% di raccolta differenziata entro il 2030.
Contro il dissesto idrogeologico
I particolarismi locali trascinano con sé la moltiplicazione di assi viari, aree artigianali, consumo di suolo, azioni non organiche contro il dissesto idrogeologico.
Le ultime alluvioni hanno drammaticamente messo in luce, ad es. a monte di Garessio, la perdita di manutenzione del Tanaro e dei suoi affluenti conseguente allo spopolamento delle frazioni, mentre in valle Vermenagna ha pesato la cementificazione del suolo e il disordine urbanistico (esempio emblematico: la casa di Limone costruita in pieno alveo e travolta dalla furia delle acque).
In valle Bormida la fragilità del territorio preappenninico è aggravata da una bonifica del suolo non ancora conclusa a più di vent’anni dalla chiusura dell’ACNA di Cengio, anzi l’ex sito dello stabilimento chimico non ha ancora trovato una destinazione condivisa e dal vicino alessandrino incombe il tema irrisolto dello stoccaggio delle scorie radioattive.
Ma, mentre occorrerebbe avviare una seria politica contro il dissesto idrogeologico e la sistemazione bio-ecologica dei bacini idrografici, con grossi benefici per l'occupazione, lobbies di varia estrazione sostengono la necessità di utilizzare sempre più biomassa allo scopo di ridurre la dipendenza dal legname estero per scopi termici senza considerare che, se è pur vero che la biomassa sta aumentando sulle nostre montagne, è anche vero che le piante producono ossigeno e non polveri sottili (come invece accade con un loro eccessivo utilizzo nel riscaldamento). I boschi inoltre sono la prima garanzia contro il dissesto e la riduzione dell'acqua nel sistema idrografico durante gli eventi meteo critici.
E’ fondamentale una battaglia per la ricostruzione di un tessuto agro-silvo-pastorale nelle nostre vallate: progetti come GestAlp in valle Varaita, oggi conclusosi per la mancanza di sensibilità e disponibilità degli Enti locali interessati, o l’iniziativa per il distretto biologico del Monviso BIODOC o anche la proposta SMART VALLEY in valle Po con un progetto di pulmini elettrici a quattro ruote motrici (mobilità a chiamata), un servizio per la testata di valle (Pian del Re) e il trasporto scolastico invernale, non possono più essere ignorati o avversati da miopie amministrative. La gestione del suolo travalica le cinte daziarie. Il Consiglio comunale di Cuneo può deliberare su 120 kmq di territorio; per restare in valle Varaita, i quattro comuni che vanno tra pochi mesi al voto ne coprono quasi 200 con il 5% della popolazione del capoluogo.
Per una mobilità sostenibile
Occorre riflettere attentamente su quale sistema di trasporto si desidera per la nostra provincia: da anni è in corso un attacco alla rete ferroviaria che potrebbe di contro rappresentare, anche nelle linee minori, un asse importante per il turismo sostenibile a cui il territorio dal Langhe e Roero alle valli montane è vocato. L’idea di un collegamento ferroviario (Asti) Alba – Bra – Cavallermaggiore - Savigliano – Saluzzo – Cuneo (Ventimiglia) a propulsione sostenibile (idrogeno? elettrica?) potrebbe trovare sinergia tra spostamenti per gli ospedali, dli studenti delle superiori e delle università locali e turismo.
Nei maggiori centri cittadini vanno favoriti in ogni modo la mobilità lenta, i percorsi pedonali per favorire l’autonomia dei giovani e l’uso della bicicletta, andando anche oltre l’idea delle piste ciclabili sfruttando ad esempio le novità normative quali corsie ciclabili e strade ciclabili che permettono di invertire la priorità tra veicoli a motore e quelli a propulsione muscolare e cercando di intercettare i percorsi casa-lavoro di operai e impiegati. Solo in questo modo possiamo contribuire sensibilmente alla lotta contro i cambiamenti climatici.
Infine, un serio raccordo tra sistema ferroviario e ciclabile extra-urbano, potrebbe attrarre un turismo diffuso e sostenibile dal nord Europa, già interessato alle nostre colline e alle valli, magari scoprendo il fascino della pianura intermedia che con le sue cascine ha un potenziale turistico inespresso.
Il calcolo costi-benefici, un ambientalismo razionale e progressivo
Il polo logistico di Mondovì è un progetto in cui è ben presente l’iniziativa del privato, mentre è mancato finora il concorso degli enti pubblici. Questo è decisivo per far sì che esso non si riduca un grande deposito di automezzi senza alcuna connessione con la rete ferroviaria. Vanno altresì valutati i costi che l’infrastruttura avrebbe per l’ambiente (forte consumo di suolo agricolo, carico di traffico su strada). Diverso è il caso di opere viarie come la circonvallazione di Demonte e Aisone o di Cherasco, volte a liberare centri storici da attraversamento di TIR e smog, o la bretella necessaria a sostenere il traffico pesante generato a Verzuolo dalla riconversione produttiva della Burgo (dalla carta patinata al cartone).
Un’opera, da tempo ventilata e mai avviata per l’impegno finanziario esorbitante, come il terzo ponte sul Tanaro per l’accesso ad Alba, richiede un’analisi puntuale dei vari aspetti e risvolti connessi, perché la sua realizzazione non sia fine a sé stante, ma trovi continuità in una tangenziale est alla quale occorre trovare gli spazi. Per attenuare intanto l’ingorgo che si verifica soprattutto sulle direttrici di Bra e Canale, appare funzionale ed ecologicamente sostenibile, molto meno gravosa quanto a costi, una pedancola ciclopedonale da agganciare a fianco del ponte albertino (come proposto nel 2004 dall’ex assessore all’ambiente R. Cavallo).
Proponiamo, per converso, la creazione di corridoi vegetali in tutti nove centri più densamente popolati della provincia, compresi Racconigi e Borgo, così da ricavare aree d’ombra capaci di mitigare il microclima cittadino, la salvaguardia del bosco storico all'interno della caserma Montezemolo a Cuneo, l’efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati con l’obiettivo di consumi inferiori a 80 kWh/m2 entro il 2030, lo sviluppo delle energie rinnovabili distribuite con l’obiettivo del 100% per i palazzi di proprietà comunale e del 50% per quelli privati autonomi, anche attraverso le comunità energetiche, la sistematica captazione delle acque piovane e il loro riutilizzo a fini domestici e di irrigazione pubblica, la salvaguardia della biodiversità minacciata dall’agricoltura industriale intensiva e dalla progressiva cementificazione.
Il nostro ambientalismo non ha nulla a che fare con le varie forme di sindrome di Nimby né con chiusure aprioristiche o nostalgie per una società bucolica, irrimediabilmente perduta, ma punta sulle risorse della conoscenza, per costruire il passaggio, per dirla con Lewis Mumford e Giorgio Nebbia, dall’età della paleotecnica a quello della neotecnica, superando definitivamente il mondo del carbone e del petrolio, con i suoi abissali squilibri internazionali e sociali.
Per questi scopi oggi più che mai occorre mettere in campo un processo di unità di tutte le forze individuali e collettive che si riconoscono nella lotta per la giustizia sociale, civile ed ambientale, partendo dalla società per rinnovare le istituzioni.
Firme: Laura Arena, consigliere comunale di Bagnolo P.te, già assessore; Fernando Arnolfo, già direttore dell’Istituto zooprofilattico di Torino e sindaco di Scarnafigi; Associazione per la rinascita della valle Bormida “Valle Bormida pulita” (Direttivo); Fabio Bailo, presidente del Consiglio comunale di Bra; Dario Ballatore, già sindaco di Venasca; Fulvio Baralis, attivista Sardine (Cuneo); Sergio Beccio, consigliere comunale di Paesana, primo presidente del Parco del Po; Pinuccio Bellone, già presidente del Consiglio comunale di Fossano; Meo Beoletto, già sindaco di Brossasco; Livio Berardo, già amministratore provinciale e comunale a Bra e nel saluzzese; Luigi Bernardi, consigliere comunale, capogruppo di “Per Dronero verso il futuro”; Fabrizio Biolè, già consigliere regionale, sindaco di Gaiola e assessore dell’Unione montana Valle Stura; Mirella Boaglio, già assessore e vicesindaco a Bagnolo P.te; Patrizio Bono, già consigliere comunale di Manta; Pier Mario Borgna, già segretario regionale Sindacato Pensionati Cgil; Simone Borio, attivista Sardine (Cuneo); Fabrizio Botta, impiegato attivista, Cuneo; Franco Canavese, ex consigliere comunale a Garessio; Carlo Casavecchia (Bra), già membro della Segreteria provinciale Cgil; Maria Teresa Caselle, ex consigliere comunale di Manta; Melchiorre Cavallo, già assessore al bilancio a Racconigi; Roberto Cavallo, già assessore all’ambiente di Alba; Guido Chiesa, presidente della Consulta ecologica di Savigliano; Dario Colombano, assessore all’ambiente di Caramagna P.te; Massimo Colombo, segreteria provinciale Spi-Cgil (Mondovì); Aldo Comina, presidente del consiglio comunale di Savigliano, già sindaco; Davide Cravero, ex vicesindaco di Villafalletto; Giovanni Cravero, già consigliere comunale a Bra; Mario Cravero, già responsabile categorie Cgil provinciale; Cesare Cuniberto, presidente di Comuneroero; Guido Delzoppo, ex consigliere comunale a Gambasca; Daniele Demaria, assessore all’ambiente, Bra; Mario Dalmasso, consigliere comunale di Robilante; Cecco Dematteis, consigliere comunale a Sampeyre; Claudio Dutto, agrario, ex dirigente scolastico, Cuneo; Elena Elia, attivista nell’associazionismo socio-ambientale (Cuneo); Marcello Faloppa, già segretario provinciale Cgil (Mondovì); Massimiliano Flora, Arci Cuneo-Monviso APS; Barbara Giolitti, già assessore comunale a Verzuolo; Corrado Lauro, medico oncologo all’ospedale S. Croce, consigliere comunale a Saluzzo; Giacomo Lombardo, vicesindaco di Ostana; Grazia Novellini, collaboratrice Slow Flow Editore (Bra); Pierfranco Occelli, già consigliere comunale di Racconigi, segretario Anpi; Marina Olivero, già assessore al bilancio a Fossano; Rosita Oreglia, Enpa (Carrù); Gaspare Palermo Segreteria provinciale Funzione Pubblica Cgil; Rosalba Pasero, già assessore alla cultura e alla scuola di Manta; Gianfranco Peano, Legambiente Cuneo; Rosina Peiretti, ex vicesindaco di Paesana; Roberto Pignatta, già assessore alla cultura a Saluzzo; Giancarlo Ramonda, attivista nell’associazionismo sociale (Cuneo); Giacomo Riberi, già sindaco di Brossasco; Luisella Ribotta, già consigliere comunale di Barge; Adolfo Ricca, ex consigliere comunale di Alba; Antonino Rimbici, consigliere comunale a Savigliano; Elisabetta Roberti, Legambiente, Circolo di Barge; Mariangela Roggero, farmacista, già assessore a Brossasco; Fiammetta Rosso, assessore alle politiche sociali e alla scuola a Saluzzo; Domenico Sanino, Pro natura, Cuneo; Emanuela Serra, già vicesindaco a Brossasco; Andrea Silvestro, vice presidente Anpi Fossano; Piera Ternavasio, capogruppo consiliare di “Cambia Canale”; Giulio Testa, già sindaco di Verzuolo; Fabio Tripaldi, consigliere comunale di “Alba città per vivere”; Giorgio Tuninetti, consigliere comunale Racconigi; Nicolò Valenzano, consigliere comunale a Saluzzo; Luigi Vallome, consigliere comunale a Verzuolo.
Il documento è aperto ad altre adesioni e contributi. Servirà anche per l’apertura di forum tematici online. Chiunque sia interessato a condividere e magari portare il proprio contributo di idee e di proposte per arricchire il documento può farlo andando sulla pagina Facebook Con+Voce (@conpiuvoce) o scrivendo all’indirizzo mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..