Nella nostra cooperativa due “squadre” composte da decine di operatori lavorano ogni giorno nelle abitazioni delle persone o negli spazi urbani di Langhe e Roero affiancando bambini, ragazzi e adulti con l’obiettivo di rinforzare le autonomie, creare contenitori per emozioni e sogni, affrontare le difficoltà relazionali, coinvolgere le famiglie e muoversi nelle reti dei servizi. E’ il legame di reciprocità a guidare questo lavoro: operatore e beneficiario si muovono in insieme, individuando nuove risorse e immaginando scenari alternativi all’esistente.
Questa l’identità della cosiddetta Area Territorio di Progetto Emmaus, composta dal servizio territoriale di Alba (attivo dal 2008) e da quello di di Bra (attivo dal 2005): le due realtà operano in collaborazione con il Consorzio socio assistenziale Alba Langhe e Roero. Un frammento descrittivo di questa quotidiana esperienza di cura proviene dalla narrazione di Paola e Silvia, scritta a fine febbraio e che condividiamo di seguito...
“Ore 8:15, arrivo in sede per prendere il mezzo di cooperativa, sono leggermente in ritardo ma per fortuna il doblò è parcheggiato in piazzetta… e parto! C’è L. che mi aspetta e non voglio arrivare in ritardo, lei ci tiene alla puntualità… e anche io. Mi accoglie con un gran sorriso, wow, la giornata inizia alla grande! Sul tavolo in cucina mi attende un bicchiere di the caldo alla menta e deliziosi biscotti alle mandorle.
Qualche pulizia in casa, alcune commissioni e un aiuto per la doccia. Le nostre due ore stanno per scadere ma c’è ancora tempo per fare due chiacchiere, accogliere gli sfoghi con la speranza di riuscire a sollevarle l’umore, ma non è affatto semplice… A volte mi sento impotente e il senso di frustrazione mi accompagna: cosa potrei fare di più per lei? La sensazione spesso è quella di non riuscire a fare abbastanza, ma non sono tutte le azioni concrete che facciamo a rappresentare l’unicità del nostro lavoro, bensì la relazione di cura che ci lega alle persone di cui ci occupiamo.
Con ogni persona bisogna cercare di creare un rapporto di fiducia, leggere e osservare aspetti caratteriali in modo da usare a volte delicatezza, entrare in punta di piedi, altre volte invece decisione e autorevolezza. Dobbiamo avere sempre presente la parola “rispetto”, perché si rischia di far saltare l’intervento se la relazione con l’utente non funziona. È importate quindi dosare vicinanza e distanza a seconda della persona che ci troviamo davanti.
Sono le 10:30 e devo proprio scappare, c’è C. che mi attende. Intanto il cellulare si illumina, è un messaggio di Paola che mi chiede una sostituzione per il giorno dopo, una breve un’occhiata all’agenda… si dai riesco ad incastrare tutto!
Sul territorio lavoriamo da soli ma abbiamo sempre presente che siamo un gruppo di lavoro formato da cinque colleghi, tra cui si respira condivisione e collaborazione, e la nostra coordinatrice, che ci supporta e sostiene quotidianamente. Ci incontriamo una volta a settimana per l’equipe organizzativa, questo perché i nostri orari sono continuamente da ridefinire per emergenze, mutue o per richieste del Servizio Sociale che arrivano all’ultimo momento. Inoltre facciamo una riunione mensile dove ci confrontiamo sui singoli casi, su temi di cooperativa, su come stiamo (pesi, stanchezza ecc.…) e da quest’anno abbiamo anche avuto 5 incontri di supervisione con una psicoterapeuta esterna.
… Intanto arrivo a destinazione, C. è a letto come ormai da diverso tempo, la malattia l’ha resa prigioniera nel suo corpo, ma i suoi occhi parlano e dicono ancora molto. Nei momenti di lucidità lei con un filo di voce mi dice che “sono una brava ragazza” e mi commuovo, perché penso di non aver fatto nulla di speciale. Ma forse non è così perché per C., come per tutte le altre persone che assistiamo a casa, è più importante esserci, con la nostra presenza e il nostro appuntamento fisso settimanale.
Non dobbiamo dimenticare che entriamo nella loro casa, in un sistema di vita e familiare già strutturato, e non possiamo pensare di stravolgerlo, perché a volte i nostri obiettivi non coincidono con quelli dell’utente e va comunque bene così…. Ci viene richiesto, spesso dandolo per scontato, di essere: flessibili, disponibili, pazienti, comprensivi, competenti e tanto altro. Ma non sempre riusciamo a farlo, perché anche noi abbiamo i nostri limiti, risorse e soprattutto fragilità.
Rientro a fine giornata in cooperativa per posare il mezzo e intanto penso. Oggi ho conosciuto lacrime, ho incrociato sguardi tristi, spaventati e stanchi, ma ho anche visto occhi illuminarsi, sorridere e gioire!
E così anche oggi ho concluso la mia giornata…
Per l’equipe OSS di territorio, Silvia Cantamessa e Paola Settimo.
Tratto da: https://progettoemmaus.it/6977/pensieri-di-un-oss-in-una-giornata-sul-territorio/