Il paradosso di Elva e il vaccino globale

di Alessandro Mortarino.

Con i suoi 83 residenti Elva, comune della Val Maira, è uno dei borghi meno abitati d'Italia. In questi giorni la tranquilla vita di questo paese è balzato agli onori della cronaca nazionale non per le bellezze del ciclo di affreschi del presbiterio della sua quattrocentesca parrocchiale, opera di Hans Clemer, e neppure per i "caviè" che, un tempo, si adoperavano nella fiorente raccolta di capelli femminili per produrre parrucche poi acquistate nelle corti di tutta Europa. Nè, tanto meno, per le montagne circostanti, i sentieri e valloni da percorrere con sci, ciaspole o semplici scarponi. Ma per una sorta di curioso primato che la vede primeggiare come borgo meno vaccinato d'Italia...

I dati statistici affermano, infatti, che solo 32 degli 83 residenti si siano sottoposti alla vaccinazione anti Covid-19, e solo quattro di essi abbiano già ricevuto la terza dose.
Una notizia "bomba" che ha scatenato la bramosa curiosità dei media (morbosa quando si dedica al morbo!), tanto che "La Stampa" ha immediatamente spedito un suo giornalista sul luogo da indagare e nei panni di "inviato a Elva", un termine che normalmente viene utilizzato per gli inviati di guerra.
Già, dimenticavo: siamo in guerra...

Chissà come sono trapelate le notizie sui pochi vaccinati di Elva, credevamo che il dato appartenesse alla sfera di una privacy che evidentemente così privacy non è, almeno nei suoi numeri totali. Ma questa è una curiosità pura e, forse, maliziosa.

Ciò che invece davvero sorprende è registrare la "sorpresa" di quanti si sono "sorpresi" nello scovare una così considerevole sacca di renitenti alla vaccinazione. Tanti, troppi, pessimo esempio per il resto d'Italia.
Senza neppure un dubbio: la loro scelta (scellerata...) potrebbe dipendere dal fatto che chi vive in un paese minuscolo per abitanti, diffuso su un'area di scarsa concentrazione, in mezzo alla natura, con mestieri esercitati all'aperto, corre gli stessi pericoli di contagio di chi vive in un'area urbana?

Non è una questione di comportamenti e situazioni, di stili di vita, di responsabilità personalizzate e personalizzabili?

Di tutta l'erba si fanno fasci, ma le erbe non sono tutte eguali: alcune sono letali, altre lenitive.

Forse dovremmo concentrarci di più sui modelli di vita e non ripetere all'infinito errori come durante i lockdown, quando il camminare in un bosco veniva additato come azione da sottoporre a divieto insormontabile?

Tutti no Vax?
Chissà...

Intanto a Rivalta (Torino) la dirigente scolastica di una scuola elementare ha deciso di tenere quest'anno il tradizionale saggio natalizio a porte chiuse, cioè con un pubblico composto dai soli bambini e non dalle loro famiglie.
Per evitare una forma di discriminazione, poichè qualche genitore non vaccinato e privo di greenpass (rinforzato/maxi/super...) non avrebbe potuto accedere al piccolo teatro scolastico.
Si è scatenato un putiferio, con genitori vaccinati che hanno gridato alla discriminazione (loro).

Viene così da pensare che in tutte le altre scuole italiane la recita natalizia verrà celebrata senza i genitori non greenpass. Mi immagino i bimbi di queste famiglie come si potranno sentire ("hanno genitori scriteriati" mi dirà qualcuno).

Una proposta: per evitare danni - da una parte e dall'altra - dato che Natale è una convenzione "inventata" da noi umani, perchè quest'anno non decidiamo che Natale cadrà il 25 maggio, in modo da poter allestire le recite all'aperto e non discriminare nessuno (tanto meno gli ignari bimbetti)?
E, già che ci siamo, se evitassimo anche i maxi raduni famigliari e assembramenti festaioli vari, rimandandoli solo di un pochetto?

Stili di vita.
Ogni tanto bisogna avere coraggio e cambiarli. All'occorrenza. E capendo quanto piccoli possano essere i sacrifici di fronte alla grandezza delle vere montagne.

Prima che sia troppo tardi...

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