Perché non pensare a una transizione al biologico anche in una grande azienda di successo? L'editoriale del direttore di Terra Nuova, Nicholas Bawtree.
Gentile Giovanni Ferrero,
innanzitutto una confessione: anch’io sono tra i tanti che hanno provato il brivido di affondare il cucchiaino nel suo celebre barattolo. Un atto tanto libidinoso quanto «proibito». E fermiamo per un attimo la retorica salutista – chi è senza peccato scagli la prima nocciola – anche perché il tema che le pongo è un altro, per quanto alla salute inevitabilmente ci si arrivi (ci si arriva sempre).
A fronte della imponente espansione delle monoculture intensive di noccioleti per l’industria dolciaria sul territorio italiano negli ultimi anni, siamo andati sul campo a raccogliere informazioni e testimonianze dirette dagli agricoltori e dai ricercatori. Il quadro che ne è emerso è davvero preoccupante ed evidenzia i grossi rischi a livello ambientale, sociale e sanitario determinati dalle coltivazioni ad alto input chimico. Ma risulta altrettanto evidente la straordinaria opportunità offerta dalla transizione a un’agricoltura sostenibile, un’opportunità anche imprenditoriale, come testimonia il successo delle aziende che producono nocciole bio...
Ma allora perché non pensare ad una transizione al biologico anche per la Ferrero?
E non parlo di prodotti civetta confezionati per accontentare una fetta di mercato, come quelli introdotti da altre aziende (non la sua e apprezzo la vostra coerenza). Intendo una transizione sostanziale e dichiarata, su tutta la linea. Vedo già il titolo sul Sole 24 Ore: «Ferrero: 100% bio entro il 2025. Così l’Italia apre la strada all’agricoltura del futuro». Batterebbe sul tempo la stessa Comunità Europea, che pure entro il 2030 intende ridurre del 50% l’utilizzo di fitofarmaci e aumentare del 25% i terreni coltivati a biologico.
La mia può sembrare una provocazione e un po’ lo è, fa parte del mio mestiere, ma se da un lato imboccare questa strada richiederebbe la riconversione dell’intera filiera, dall’altro è innegabile che si tratterebbe di una strategia lungimirante, perché la scelta ecologica non è più un’opzione. Al piccolo comune di Montefiascone, per fermare l’avanzata dei noccioleti intensivi è bastato richiedere, tramite un’ordinanza comunale, l’applicazione alla lettera dei dettami dell’agricoltura integrata, che come noto sono meno restrittivi di quelli del biologico. Questo dimostra che approcci palesemente insostenibili non sono destinati a durare a lungo, soprattutto quando c’è un’alternativa a portata di mano.
Smettiamo di farci una guerra che non ha futuro. Mettiamoci piuttosto intorno a un tavolo, guardiamoci negli occhi e chiediamoci: che mondo sarebbe senza pesticidi?
Tratto da: https://www.terranuova.it/Il-Mensile/Lettera-aperta-a-Giovanni-Ferrero