A cura di Non una di meno Asti.
Un anno fa abbiamo urlato la nostra rabbia, perché Giulia Cecchettin fosse l’ultima vittima della violenza di genere. Ad Asti scesero in piazza oltre 1500 persone.
Da allora nulla è cambiato.
E, anzi, l’attacco del governo e della destra al potere è frontale alle “femministe” e a inesistenti “teorie gender”.
Tutto pur di non affrontare il problema alla radice con le misure necessarie che da anni e senza sosta continuiamo a chiedere: prima fra tutte l’introduzione di programmi di educazione sessuo-affettiva, relazionale e al consenso in ogni istituto scolastico...
Alla data dell’8 novembre l’Osservatorio di Non Una di Meno ha registrato 104 vittime di violenza di genere e patriarcale. Una ogni tre giorni.
Aurora aveva tredici anni quando, il 25 ottobre, è stata uccisa dall’ex fidanzato che non accettava la fine della loro relazione.
Lo stesso giorno Sara, appena diciottenne, è stata uccisa dal vicino di casa.
Non sono state e non saranno le ultime.
E mentre lo sterminio prosegue non si contano le vittime di violenza di genere non tracciate o la cui storia di violenza non assurge a femminicidio.
Come Non una di meno Asti abbiamo avviato un sondaggio per consentire in forma anonima di raccontare casi di violenza di genere.
Lo abbiamo chiamato “sorell3 io ti credo” perché chi ha subito e subisce atti persecutori, stalking, umiliazioni e altre forme di violenza sappia di essere da noi creduta e, quindi, accolta e protetta.
In meno di due settimane abbiamo ricevuto più di 120 risposte, di cui al 92% appartiene a persone di genere femminile.
Abbiamo così raccolto 18 casi di violenza fisica, 28 di violenza sessuale tra stupri e altri atti sessuali non consensuali e 47 palpeggiamenti. Il 47% ha subito violenza psicologica, verbale o economica da parte di un partner e il 24% stalking. I numeri salgono ancora quando si parla di molestie (61%). Il campione è significativo di quanto la violenza di genere sia un problema sistemico che riguarda tutt* al di là di classe, etnia e condizione sociale.
Servono più fondi e più Centri Antiviolenza (Cav), capillari sul territorio e ben comunicati.
Le istituzioni pubbliche e in particolare quelle scolastiche e le forze dell'ordine devono essere costantemente formate in modo da non sottovalutare i fatti di violenza.
I femminicidi che si sarebbero potuti evitare, perché la vittima aveva denunciato il persecutore, sono di responsabilità di uno Stato che parla di sicurezza solo a fini propagandistici e non si occupa della prevenzione.
Sono poi necessarie nuove case provvisorie di accoglienza per le donne vittime di violenza e per i loro figli e finanziamenti più significativi alle associazioni laiche che se ne occupano.
Contro le molestie sul luogo di lavoro serve una maggiore rete di tutela per permettere di segnalare atti molesti e denunciare in totale sicurezza, senza continui attacchi da parte del governo alle rappresentanze sindacali.
Il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e di genere, non deve essere l’occasione per le istituzioni di farsi belle con discorsi retorici e inaugurazioni di panchine rosse.
Il 25 novembre è un momento di lotta e di rivendicazione per tutte quelle soggettività che non possono più parlare.
Perché non deve esserci una vittima di violenza di genere in più.
Per queste ragioni, quel giorno scenderemo per le strade di Asti, alle 18. Il luogo di partenza e il percorso saranno comunicati a breve.
Disarmiamo insieme il patriarcato.