Il territorio astigiano è diventato un pianeta

di Alessandro Mortarino.

La campagna nazionale "Tutti i costi del suolo perduto", avviata da pochi giorni dal nostro Forum nazionale Salviamo il Paesaggio, sta avendo una vasta eco grazie alle attenzioni che i media e i social ci stanno riservando. In fondo, il nostro principale obiettivo era proprio di riaprire (o aprire?) un dibattito sul tema - per noi emergenziale - del consumo di suolo provando a far riflettere non in astratto ma valutando le cifre ufficiali (fonte Istituto Superiore di Protezione e Ricerca Ambientale-ISPRA) di ciascun Comune: percentuale di suolo consumato in totale e negli ultimi 17 anni, nonché il "debito monetario" accusato da ogni Comune sulla base degli ettari di terreno andato perduto. Le risposte dei Sindaci dei Comuni astigiani sono però sconfortanti. Parecchio...

Anzi, troppo. Una ottima inchiesta di Paolo Viarengo sulle pagine de "La Stampa" edizione di Asti, del 12 marzo scorso, ci aiuta ad interpretare il pensiero di alcuni amministratori locali.

I Comuni astigiani che hanno consumato il doppio del suolo rispetto alla media nazionale
Paolo Lanzavecchia, Sindaco (di centrodestra) di Canelli, commenta così la performance negativa: «Le nuove costruzioni residenziali sono ridotte al minimo: in pochi costruiscono case o villette. Sono in molti quelli che preferiscono invece riportare a nuova vita i cascinali o i rustici abbandonati. Per le aziende è diverso. Sono tutte in forte espansione e non è possibile pensare ad ampliamenti lontani dalla sede iniziale: i capannoni devono essere limitrofi».
Gianluca Forno (Partito Democratico), Sindaco di Baldichieri, è ancora più perentorio: «Sono orgoglioso dei risultati raggiunti. Lo ritengo un ottimo risultato considerando l'equilibrio raggiunto tra costruzioni residenziali, industriali e incremento di posti di lavoro e produzione di ricchezza. La crescita dell'urbanizzazione residenziale, ad esempio, è stata contenuta a una unica nuova villetta quadrifamiliare negli ultimi 15 anni, tutto il resto si è costruito recuperando l'esistente». Allora perché questo consumo di suolo così alto? «Sono state molte le imprese del nostro territorio che si sono ampliate, creando nuovi posti di lavoro».
Monica Amasio, Assessora all'Urbanistica di Asti ripete, per l'ennesima volta, il suo mantra sul nuovo Piano Regolatore del capoluogo (iter appena avviato) che, a suo avviso, prevede «forti agevolazioni per chi intende riqualificare un immobile esistente: il nuovo Piano Regolatore sarà incentrato proprio su un minor consumo di suolo a favore di una riqualificazione del patrimonio esistente». Minore?...

I Comuni astigiani a crescita zero urbanistica
Ti aspetti che Carlo Carpignano, Primo cittadino di Soglio, si appunti una medaglia da virtuoso del suolo, invece dice: «Non avere nuove costruzioni è positivo, ma alle casse sono entrate che mancano. Negli ultimi decenni la crisi del settore immobiliare ha colpito parecchio nelle nostre zone: il non costruire non è stata una scelta politica inizialmente. Siamo onesti e non ci nascondiamo dietro un dito. Quelle relative alle nuove costruzioni o insediamenti sono entrate che fanno molto comodo alle casse di un Comune, spesso ridotte all'osso. Purtroppo, e voglio sottolineare purtroppo, è un'entrata che non abbiamo più».

I Comuni astigiani con un basso consumo totale di suolo (meno dell'1% della intera superficie comunale)
Claudio Carretto, Sindaco di Azzano, si discosta dal pensiero unico: «Consumo zero del territorio è la nostra scelta. Non useremo più nemmeno un centimetro di terreno. Ritengo necessario tutelare il territorio. Ci sono già troppe costruzioni, sia residenziali che industriali. Non possiamo lasciarle inutilizzate per utilizzare altro terreno, impermeabilizzando o cementificando».

A parte Azzano, dunque, emerge evidente che la funzione "salvifica" dei servizi ecosistemici offerti dal suolo per contrastare l'emergenza climatica attraverso lo stoccaggio e sequestro di carbonio, garantire qualità degli habitat, produzione agricola, produzione di legname, impollinazione, regolazione del microclima, rimozione di particolato e ozono, protezione dall’erosione, regolazione del regime idrologico, disponibilità di acqua, purificazione dell’acqua... non interessano ai nostri amministratori.
Che, probabilmente, non sanno neppure quanti edifici inutilizzati vi siano nei loro Comuni e le previsioni edificatorie stabilite dai Piani Regolatori vigenti, che l'andamento demografico non giustifica l'iniezione di nuove costruzioni, che il suolo fornisce cibo primario che oggi il nostro Paese deve importare perchè la produzione interna non è tale da sfamare tutta la nostra popolazione (e in periodi di crisi del trasporto commerciale, come questo, potrebbe diventare un bel problema...).
E dimenticano - o non sanno - che, a livello nazionale, il Piano per la transizione ecologica (PTE) (già trasmesso all’UE e dunque difficilmente “rinnegabile”) ha fissato l’obiettivo di arrivare a un consumo netto pari a zero entro il 2030, allineandosi alla data fissata dall’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile.

Ci preoccupiamo del PIL ma non dell'ambiente in cui viviamo, della produzione e non del futuro, dell'occupazione e non della salute.
La siccità... Il surriscaldamento del pianeta... Tutto molto lontano dalle visioni di amministratori e politici che non riescono neppure a farsi sfiorare da qualche dubbio sulla gravità della situazione ambientale globale osservando come i miliardari (l'1% della popolazione mondiale) già stanno preparando il futuro.

Ma non preoccupiamoci: l'astigiano non è più un piccolo punto del pianeta.
E' un pianeta. A sè stante.

E non si chiama Terra (con la T maiuscola).

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