di Carlo Sottile.
I periodici locali hanno dato ampio risalto alla decisione del giudice d'appello di Torino di assolvere e prescrivere i protagonisti della «occupazione», quasi decennale, dell'edificio della ex Mutua di via Orfanotrofio ad Asti.
Il ribaltamento delle decisioni del giudice di primo grado, pesanti condanne penali e onerose richieste di risarcimento, merita infatti rilievo, perché smonta di un sol colpo il castello di elementi accusatori portato al processo a danno dei militanti del Coordinamento Asti-Est. E ne rivaluta indirettamente il ruolo nel corso della «occupazione»...
Nella cronaca giornalistica questo esito non c'è. C'è invece la notizia che adesso quell'edificio è venduto, essendo prossimamente la sede di una nuova RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale). In conclusione, militanti assolti e edificio rigenerato, dunque tutto è bene ciò che finisce bene.
Ma la soddisfazione regge se si nasconde il fatto che sarà una RSA privata, cioè un servizio per cittadini ricchi, che ha come sottostante la valorizzazione immobiliare dell'edificio. Per cittadini poveri, basta la storica Casa di Riposo Maina, che ha a disposizione, per amministrarsi, i redditi più che modesti dei suoi ospiti e i suoi valori storici e architettonici.
Una rigenerazione urbana, quella della ex Mutua, che, a dispetto della cronaca, vanifica uno dei propositi più significativi dei protagonisti di quella decennale «occupazione»: sottrarre alla speculazione immobiliare un edificio di proprietà pubblica, fino a quel momento inutilizzato (privo di funzione sociale, recita la nostra Costituzione), farne un «bene comune», dunque non alienabile, a disposizione della cittadinanza.
Esattamente l'uso che ne è stato fatto dagli «occupanti»: che hanno garantito il diritto all'abitare di dodici famiglie, ed hanno aperto alla città uno spazio in cui si sono svolte attività espressive e ludiche sottratte agli imperativi del mercato.
Quell'esperienza, di una comunità in divenire, si è sviluppata - con tutti i limiti imposti da un accerchiamento sistematico dei poteri pubblici, amministrativi e di polizia, e della opinione pubblica più conservatrice - fino all'epilogo di uno sgombero violento, con le famiglie ricondotte nella loro solitudine e disciplinate, con i militanti del Coordinamento, nei processi e nelle procedure della circolare Minniti.
Dunque, i militanti del Coordinamento e le famiglie senza alternativa abitativa, che hanno condotto quella esperienza, replicandola in altri tre edifici, non hanno violato l'art 633 del c.p. (invasione di edifici, classico reato associativo del codice Rocco) per il gusto di sfidare la giurisdizione ma, molto più concretamente e con una assunzione di responsabilità ben maggiore, per opporsi e sottrarre se stessi ad una spoliazione di diritti costituzionali e a un uso predatorio del tessuto urbano.
Si può ben dire che abbiano condotto una esperienza «per il futuro» più prossimo, perché quella spoliazione e quell'agire predatorio si sono fatti più «costituenti» di una società della disuguaglianza, in cui ingiustizia sociale e ingiustizia ambientale vanno a braccetto; perché quella esperienza, moltiplicata su tutto il territorio nazionale, non è stata spenta ovunque. In molte città ha dettato il testo di delibere che riportano l'esercizio del diritto di proprietà nei limiti del dettato costituzionale e le rigenerazioni urbane nella giurisdizione dei «beni comuni».
La disamina di quelle delibere, sarà messa all'ordine del giorno dei prossimi lavori dell'Osservatorio sull'abitare istituito in Comune ad Asti.
Questa è la buona notizia...