di Beppe Rovera.
La mia posizione rispetto ad un dibattito che mi pare stia un po’ deragliando da un binario che chi ha tracciato non ha fatto finire in una stazione. “Cui prodest” tutto 'sto polverone?
Tutti offesi, ma tutti... coinvolti. Ci fosse stato un Achille Beltrami, l’autore delle copertine della Domenica del Corriere, quella serata sull’Asp in Municipio sarebbe stata forse disegnata con un professore ritto a sbracciarsi, e con l’indice accusatorio spesso puntato, in un’aula di Consiglieri rabbuiati e furiosi, al pari del pubblico interessato dietro la balaustra ...
L’iniziativa del sindaco di “rivoltare come un calzino” la più importante azienda di servizi alla città, per fare punto e a capo nella sua gestione, ha generato scontento incrociato. Maggioranza e minoranza si son sentite in dovere di mettere in guardia dal procedere col machete nel disboscamento di intese, accordi, contratti pena lo sfascio di un’azienda che, paradossalmente, proprio lo stesso Rasero ha poi finito per definire “sana e da valorizzare”.
Per Leonardo Falduto, a capo del team di esperti dell’Università del Piemonte Orientale scelto per l’indagine, va ridefinito il rapporto tra Comune e Asp e i suoi soci, minato da storture di varia natura; a partire dai patti parasociali, che nei fatti tali non sarebbero, se non invece “joint venture”, con tutto quanto ne consegue, rincari delle tariffe comprese.
Sullo sfondo, un non chiaro obiettivo dell’operazione, che ha fatto rimbalzare nel dibattito l’interrogativo: cui prodest? A chi giova rivangare nel passato senza manifestare intanto una strategia, una idea, una visione di indirizzo precisa: di disimpegno, magari, con totale privatizzazione dell’azienda; o, al contrario, di un suo ritorno sotto il pieno controllo pubblico.
La “radiografia” consegnata dal gruppo di studiosi appare critica e severa al punto da ipotizzare contesti di illegittimità per taluni atti a suo tempo sottoscritti (che, dunque, renderebbero automaticamente invalidi quelli seguenti?). E ha fatto ritenere all’assemblea consigliare di trovarsi dinanzi ad un vero attacco ad un sistema di rapporti che un po’ tutti, in definitiva, hanno contribuito a costruire. Non per nulla chi più s’è indignato sia dall’opposizione che dalla maggioranza ha tirato in ballo le amministrazioni succedutesi dal 2000 ad oggi: hanno sbagliato tutti quei sindaci, di diverso colore politico, che hanno governato Asti? E hanno agito solo per il proprio tornaconto le società affidatarie dei vari servizi?
Insomma: è un “papocchio” questa relazione Falduto. Doveva chiarire, spazzare dubbi, inchiodare all’evidenza di qualcosa che alla fine non viene nitidamente definito; se non nel rendere trasparente come nella più importante azienda della città la politica, tutta la politica, abbia “navigato” con più o meno disinvoltura, più o meno accortezza, talora intervenendo a gamba tesa, altre volte per itinerari più tortuosi. Come, peraltro, ben testimoniano i pasticci del teleriscaldamento e di Aec, o i contenziosi sulla sempre maggiore ingerenza del socio privato Nos, partecipate comprese.
Senza per questo sminuire il valore di chi, manager o lavoratore semplice, ha cercato, spesso riuscendovi, di far funzionare al meglio i vari servizi: il nostro acquedotto è considerato uno dei migliori d’Italia, stiamo arrivando al 70 per cento di raccolta differenziata (dopo il ‘94 potevamo diventare noi una “terra dei fuochi”) e smaltiamo addirittura rifiuti altrui, Genova in testa, Gaia è stata premiata come modello nazionale da Legambiente, e via elencando.
Per mia passione e impegno sui temi ambientali e sulla vivibilità delle città, riconosco che quando mi candidai immaginavo di poter costruire azioni concrete per Asti, con una visione frutto di trasparenza e di scelte virtuose sui temi dei rifiuti, dell’acqua, dei trasporti, della mobilità urbana.
E guardando ad Asp, indicatami da tanti come modello aziendale, ho percepito spesso non completa trasparenza; la sensazione di non trovarmi di fronte a un palazzo di vetro come immagino debba essere un luogo cui i cittadini danno denaro in cambio di servizi fondamentali, vedono scelte ambientali chiare, politiche di innovazione e occupazionali definite. Basta cliccare sul sito internet per constatare direttamente quanto assai poco delle questioni ad esempio indagate dal team Falduto siano lì considerate.
Dunque, cui prodest? il dibattito innescato sull’Asp...?
Tanto varrebbe cogliere l’occasione per riflettere e valutare, scevri da condizionamenti di sorta e riponendo le asce di guerra, per decidere finalmente se sia o no preferibile il controllo pubblico su una azienda determinante per il buon funzionamento di una città e del suo hinterland, dove le rappresentanze politiche, in totale trasparenza, devono contare, indirizzare scelte, tracciare linee guida.