di Carlo Sottile.
La risposta dell’Assessore Cotto all’interrogazione delle opposizioni è la fotocopia di analoghe risposte date a suo tempo dell’Assessore Vercelli. Con qualche riflesso d’ordine in più ...
L'assunto che ne ho tratto, avendola letta per intero, lo riassumerei così: “Tranquilli, è tutto sotto controllo. Abbiamo gli strumenti e i soldi per accompagnare alla normalità, senza conflitti, le persone/famiglie che subiscono problemi alloggiativi. L’emergenza abitativa è in via di risoluzione. Eliminando l’uso improprio degli alloggi Atc e confidando su un maggior apprezzamento dei privati per i contratti di locazione dalla nostra Agenzia Sociale (ASLO), l’anno prossimo andrà ancora meglio. In quanto alle “occupazioni”, poiché sono abusive e dunque illegali, e poiché aggravano l’emergenza abitativa, le sgombereremo tutte. Come abbiamo già fatto per quella di Salita al Fortino".
Tutti i dati i dati forniti dall’Assessore (sull’andamento degli sfratti, sulla disponibilità di case popolari, sull’emergenza), sembrano confermare questo assunto. Invece è solo l’apparenza, che si ottiene separando questi dati dal loro contesto regionale e nazionale. Con lo stesso artificio, la questione abitativa, che si aggrava irrisolta dal 2006, è stata declassata ad “emergenza”. Analogamente, le “occupazioni”, separate dalla loro storia e dal loro “movimento”, sono state ridotte ad abusivismo, i loro protagonisti a comparse, socialmente irrilevanti.
E’ sufficiente consultare alcuni siti web, per smontare l'assunto dell’Assessore. La Regione Piemonte per esempio, nello “Osservatorio regionale della condizione abitativa”, fa sapere che dal 2010 al 2014 solo 8 aspiranti assegnatari su 100 in graduatoria Atc hanno ottenuto una casa popolare. Lo stesso “Osservatorio” mostra a grafico sia le richieste di esecuzione degli sfratti, sia le domande di casa popolare insoddisfatte. Le prime sono salite vertiginosamente dalle 3700 del 2006, alle 8000 del 2014. Le seconde sono salite con lo stesso impeto, dalle 16500 del 2006 alle 23000 circa del 2014. Dunque è dal 2006 che il bisogno abitativo insoddisfatto, annotato ostinatamente come “emergenza”, cresce su se stesso.
Il sito web di Federcasa (associazione delle Atc di tutta Italia) offre i risultati di una inchiesta sul “bisogno abitativo”, commissionata a Nonisma (società di ricerca e consulenza per imprese e pubbliche amministrazioni) per il mese di marzo del 2016. Vi si legge, che nel mercato libero delle locazioni gli sfratti per morosità crescono al ritmo dell'8 % all'anno. Più o meno con la stessa dinamica crescono, nelle case popolari, la morosità sull'affitto e quella sulle spese. I due fenomeni hanno la stessa origine, una precarietà dei redditi che con il passare degli anni si è moltiplicata. Infatti, precisa l'inchiesta, le famiglie che vivono in una situazione di disagio abitativo, sono salite da 650mila degli anni '90 a oltre 1,7 milioni nel 2014.
Ma sono i giudizi a commento di queste rilevazioni che dovrebbero far trasalire l’ineffabile Assessore alle Politiche Sociali. Ne cito alcuni, testualmente: “Serve un piano Casa da 1,3-1,4 miliardi, per creare 150-200 mila alloggi di edilizia residenziale pubblica”, "Bisogna partire dalla dotazione immobiliare esistente, utilizzare il patrimonio costruito" (il direttore generale di Nonisma). E a proposito del fondo immobiliare di social housing (Cassa depositi e prestiti, banche e assicurazioni): “Ad oggi il fondo ha prodotto poco più di tremila alloggi su quasi 17mila deliberati. È una goccia nel mare” (il presidente Federcasa), “Quel sistema non ha funzionato, è stato un fallimento e comunque si rivolge a una utenza di fascia di reddito superiore rispetto all'edilizia popolare” (il direttore di Nomisma). Sono giudizi che rovesciano l'indirizzo di tutte le leggi, dalla abolizione della Gescal e dell’Equo Canone in poi, scritte anteponendo i valori immobiliari ai valori civici. In ultimo la legge Lupi/Renzi 80/2014 e le direttive Minniti.
Chiacchiere, mi verrebbe da dire, perché solo i movimenti sociali hanno provato in questi anni a rovesciare quell’indirizzo. Comunque anche quelle sono il segno di una situazione fuori controllo e tutt’altro che tranquillizzante. Proviamo allora a presupporre che i soldi pubblici a disposizione dell’Assessorato ai Servizi Sociali, siano stati spesi per “ridurre il danno” di una politica della casa che ha sempre anteposto i valori immobiliari ai valori civici, e facciamoci qualche domanda. Dunque, vediamo, da una comunicazione del gennaio del 2017 risulta che il finanziamento regionale dell'Agenzia Sociale per la Locazione (ASLO) e del Fondo per la Morosità Incolpevole (FIMI) ha portato nelle casse dell'Assessorato ai Servizi Sociali, nel biennio 2015/2016, un milione e 55.000 euro. Soldi pubblici spesi per per avviare 236 contratti a canone calmierato e far uscire 236 famiglie da una situazione di emergenza abitativa.
Bene, chi sono i locatori ? Sono compresi nel censimento degli immobili inutilizzati ? Sono risparmiatori, immobiliari, banche, assicurazioni, enti pubblici? Tolti i primi, si può parlare di “proprietà assenteista” e provare ad assoggettare quest'ultima alle funzioni sociali richiamate dagli art. 41 e 42 della Costituzione ? E ancora, come si è evoluta la condizione sociale di quelle 236 famiglie al cessare dei contributi pubblici ? E ancora, come funzionano regolamenti (Regolamento per le assegnazioni fuori graduatoria) e leggi (L.R. 3/2010), il cui significato formale è l'esercizio di un diritto o di una ragionevole opportunità, quando ad una domanda di case popolari in aumento si confronta una offerta sempre più residuale ? La risposta di un sociologo sarebbe: funzionano come “dispositivi di assoggettamento”.
In quanto alla causa dei vistosi riflessi d'ordine dell'Assessore, le “occupazioni”, i cui protagonisti (persone e famiglie) sono ancora coinvolti ad almeno sei processi, trovo sconcertante osservare che siano i giudici e non l'Assessore a saper distinguere tra ciò che è legale e ciò che è giusto o legittimo. E mi appare ancora più sconcertante che un Assessore ai Servizi Sociali, liquidi sommariamente come abusivismo, una esperienza che dura da almeno sette anni. Voglio ricordare che nella ex mutua di via Orfanotrofio - l'obiettivo del prossimo sgombero, ma anche l’occasione per ingrassare di rendita urbana un ignoto immobiliarista - dodici famiglie sfrattate senza alternativa abitativa, hanno ricomposto la loro domiciliarità, fissato il centro dei loro legami sociali e dei loro bisogni di vita. Sei bambini sono venuti al mondo proprio lì, mentre altri venti più grandicelli hanno portato nella scuola dell’obbligo l’immagine di “quella casa”.
Inoltre, prima che l’ostinata ostilità delle istituzioni prevalesse su qualunque progetto di autorecupero o di uso sociale dell’edificio, i protagonisti di quella esperienza hanno ospitato in quell’edificio attività culturali e ludiche senza scopo di lucro, hanno regalato alla città momenti di teatro, musica e lettura fuori dai gusti correnti e dalle imposizioni del mercato. A tutti loro il massimo rispetto.