Ai margini delle iniziative tenutesi a Cortiglione il 29 e 30 settembre scorsi.
di P.E. Bozzola e F. De Caria.
E' ormai consuetudine organizzare nel piccolo museo del nostro paese esposizioni tematiche che descrivano le varie sfaccettature della civiltà contadina; quest'anno abbiamo scelto di raccontare un periodo particolare: gli anni del boom economico (i “favolosi” anni '60) che hanno prodotto uno sconvolgimento significativo nella nostra società ...
Oggetti, testimonianze, immagini e musica per raccontare dal di dentro come è stato visto e vissuto il vero e proprio “assalto” della modernità con il suo portato rivoluzionario di fenomeni epocali quali l'industrializzazione massiccia, l’eccezionale sviluppo tecnologico dai ritmi e dagli esiti inediti per la storia della civiltà occidentale, la “rivoluzione” che i nuovi mezzi di comunicazione hanno causato a vari livelli, dall’informazione, alla lingua e al linguaggio, alla moda, al comportamento.
E' il periodo che segna la definitiva scomparsa della civiltà contadina?
Sicuramente la modifica al punto da renderla irriconoscibile così come l'abbiamo conosciuta e definita in una sintesi millenaria che ha visto poche variazioni formali.
Le memorie dei testimoni aiuteranno, assieme al materiale iconografico, la sintetica ricostruzione di quel passaggio storico dalle inedite caratteristiche.
E molti – in particolare dai sessantenni in su – si scopriranno testimoni di un processo evolutivo che in pochi decenni equivale a millenni della storia tradizionale: la zappa e la vanga, l’aratro e il carro a traino animale, il forno a legna per il pane con cupola in laterizio, la penna che andava intinta nell’inchiostro quasi ad ogni parola hanno avuto una storia documentata di decine di migliaia di anni: oggi un elaboratore o un telefonino sono desueti dopo una manciata di anni.
Non vale più la sapienza tramandata dai vecchi: in molti campi è il figlio, se non il nipote, che deve insegnare al padre o al nonno nuovi linguaggi e nuove tecnologie.
Così pure il dialetto, legato al modo di produzione tradizionale, è destinato a scomparire, dopo essersi contaminato con centinaia di vocaboli di altre lingue e nuovi lessici: nelle varie schede infatti, compaiono neologismi con vocaboli in lingua nazionale (television, telefuno, legatris ...) che poco a poco determineranno il tramonto delle parlate locali, adatte al modo di produzione “arcaico”, ma poi imbastardite con la lingua nazionale o, più tardi, con termini tecnici inglesi.
Questo significa – con buona pace di alcuni – l’inevitabile tramonto di quelle parlate, che potranno rimanere solo per narrare memorie del passato? La lingua è simbiotica con la cultura (civiltà, Kultur) che deve esprimere: quando una civiltà tramonta con tutti i suoi oggetti, anche la lingua che la esprime è destinata al tramonto.