di Gianfranco Monaca.
Per celebrare il compleanno di Vittorio Alfieri (16 gennaio) lanciamo un Grande concorso letterario in qualunque lingua (parlata e scritta ad Asti) aperto (gratuitamente) a chiunque abbia voglia di scherzare facendo cose serie su un argomento che si possa riconoscere come alfieriano, per composizioni in poesia o prosa (narrativa, teatro, sceneggiatura, satira scritta e/o disegnata).
Se ci sarà partecipazione, una commissione valuterà seriamente i prodotti (purché inediti) e decideremo se e come premiarli. Tempo: entro luglio 2016 ...
Vittorio Alfieri ha inventato la compagnia dei Sansuignon quando si è stabilito a Torino dopo i cinque anni di viaggi in Europa:
Io mi trovava allora in età di ventitré anni; bastantemente ricco, pel mio paese; libero, quanto vi si può essere; esperto, benché cosí alla peggio, delle cose morali e politiche, per aver veduti successivamente tanti diversi paesi e tanti uomini; pensatore, piú assai che non lo comportasse quell'età; e presumente anche piú che ignorante. Con questi dati mi rimaneano necessariamente da farsi molti altri errori, prima che dovessi pur ritrovare un qualche lodevole ed utile sfogo al bollore del mio impetuoso intollerante e superbo carattere. In fine di quell'anno del mio ripatriamento, provvistomi in Torino una magnifica casa posta su la piazza bellissima di San Carlo, e ammobigliatala con lusso e gusto e singolarità, mi posi a far vita di gaudente con gli amici, che allora me ne ritrovai averne a dovizia. Gli antichi miei compagni d'Accademia, e di tutte quelle prime scappataggini di gioventú, furono di nuovo i miei intimi; e tra quelli, forse un dodici e piú persone, stringendoci piú assiduamente insieme, venimmo a stabilire una società permanente, con admissione od esclusiva ad essa per via di voti, e regole, e buffonerie diverse, che poteano forse somigliare, ma non erano però, Libera Muratoreria. Né di tal società altro fine ci proponevamo, fuorché divertirci, cenando spesso insieme (senza però nessunissimo scandalo); e del resto nell'adunanze periodiche settimanali la sera, ragionando o sragionando sovra ogni cosa. Tenevansi queste auguste sessioni in casa mia, perché era e piú bella e piú spaziosa di quelle dei compagni, e perché essendovi io solo si rimanea piú liberi. C'era fra questi giovani (che tutti erano ben nati e dei primari della città) un po' d'ogni cosa; dei ricchi e dei poveri, dei buoni, dei cattivucci, e degli ottimi, degli ingegnosi, degli sciocchetti, e dei colti; onde da sí fatta mistura, che il caso la somministrò ottimamente temperata, risultava che io né vi potea, né avrei voluto potendolo, primeggiare in niun modo, ancorché avessi veduto piú cose di loro. Quindi le leggi che vi si stabilirono furono discusse e non già dettate; e riuscirono
imparziali, egualissime, e giuste; a segno che un corpo di persone come eramo noi, tanto potea fondare una ben equilibrata repubblica, come una ben equilibrata buffoneria. La sorte e le circostanze vollero che si fabbricasse piuttosto questa che quella. Si era stabilito un ceppo assai ben capace, dalla di cui spaccatura superiore vi si introducevano scritti d'ogni specie, da leggersi
poi dal presidente nostro elettivo ebdomadario, il quale tenea di esso ceppo la chiave. Fra quegli scritti se ne sentivano talvolta alcuni assai divertenti e bizzarri; se ne indovinavano per lo piú gli autori, ma non portavano nome. Per nostra comune e piú mia particolare sventura, quegli scritti erano tutti in (non dirò lingua), ma in parole francesi. Io ebbi la sorte d'introdurre varie carte
nel ceppo, le quali divertirono assai la brigata; ed erano cose facete miste di filosofia e d'impertinenza, scritte in un francese che dovea essere almeno non buono, se pure non pessimo, ma riuscivano pure intelligibili e passabili per un uditorio che non era piú dotto di me in quella lingua. E fra gli altri, uno ne introdussi, e tuttavia lo conservo, che fingeva la scena di un Giudizio Universale, in cui Dio domandando alle diverse anime un pieno conto di sé stesse, ci aveva rappresentate diverse persone che dipingevano i loro propri caratteri; e questo ebbe molto incontro perché era fatto con un qualche sale, e molta verità; talché le allusioni, e i ritratti vivissimi e lieti e variati di molti sí uomini che donne della nostra città, venivano riconosciuti e nominati immediatamente da tutto l'uditorio.
Contatti: La Compagnia dei Sansguignon di Asti – TDF onlus (presso CSV di Asti e Alessandria, Via Brofferio 110, Asti) - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.