A cura di Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta.
“Al Piemonte serve subito un nuovo e coraggioso piano antismog”. E’ questo l’appello fatto da Legambiente all’assessore regionale all’Ambiente Alberto Valmaggia nel corso dell’iniziativa “Cambiamo aria” organizzata sabato 16 maggio dall’associazione ambientalista al Circolo dei Lettori di Torino. In tutto il Piemonte i livelli di inquinamento continuano ad essere alti, ben oltre i limiti consentiti per legge. Analizzando i dati relativi ai primi 100 giorni dell’anno emerge che Torino, Asti e Alessandria hanno già consumato il “bonus” dei 35 superamenti della soglia massima giornaliera consentita per il PM10. Preoccupanti anche i livelli medi raggiunti dalle polveri PM 2,5 che superano i 25µg/m3 ad Alessandria, Asti, Vercelli, Torino, Ivrea, Borgaro, Chieri e Settimo Torinese ...
Ma oltre i limiti nei primi 100 giorni dell’anno sono anche i valori medi del biossido di azoto a Torino, Novara, Vercelli, Biella, Alessandria e Asti. Da non sottovalutare nei prossimi mesi estivi anche il problema ozono: nell’estate 2014 per l’O3 si sono registrati valori oltre i limiti a Torino e Vercelli ...
“Maggio può sembrare un mese irrituale per parlare di smog ma per superare l’ ”emergenza” permanente in cui si ricade ogni inverno, occorre partire per tempo e con la mente lucida – ha dichiarato Fabio Dovana, presidente Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta -. C’è poi da sottolineare che lo smog non è un problema confinabile ai soli mesi invernali: in piena estate il nemico numero uno per anziani, bambini e cardiopatici è l’ozono troposferico, gas fortemente ossidante e tossico che può portare a diverse patologie cardio-respiratorie. Crediamo che chi ha responsabilità politiche – ha continuato Dovana - debba dare soluzioni concrete per abbandonare o ridurre drasticamente l’uso dell’auto di proprietà, ancora la principale responsabile delle concentrazioni di inquinanti nell’aria. Ma è fondamentale che si incida anche in campo energetico, del verde urbano e dell’agricoltura. Perché ciò avvenga in tutto il Piemonte in modo strutturale e coordinato, facendo un passo avanti rispetto alle politiche emergenziali o alle iniziative spot messe in atto dai diversi comuni, è indispensabile aggiornare il piano regionale sulla qualità dell'aria, vecchio ormai di ben 14 anni”.
L’associazione ambientalista ha accolto con favore la volontà espressa dall’assessore regionale Valmaggia di voler arrivare ad avere entro qualche mese il nuovo Piano di risanamento della qualità dell’aria e ha deciso di presentare alla Regione e ai comuni piemontesi le proprie proposte antismog “concrete ed efficaci a partire dalle città”.
Per Legambiente il nuovo Piano dovrà fissare obiettivi ambiziosi ma anche indicare gli strumenti concreti per raggiungerli: “Non c'è bisogno di nuove analisi, né di enunciazioni di principio, ma sono urgenti misure immediatamente praticabili. Per questo la prima indicazione che ci sentiamo di dare alla Regione è il principio della concretezza con cui deve essere scritto il piano”. Oltre alla concretezza Legambiente raccomanda alla Giunta Chiamparino di seguire in fase di stesura del nuovo Piano antismog un percorso di integrazione con le altre politiche e pianificazioni delle diverse direzioni regionali, in particolar modo con il settore dei trasporti, delle infrastrutture, dell'urbanistica e delle politiche industriali. Sarà inoltre fondamentale attivare strumenti di controllo sull’efficacia del Piano che siano efficaci sia per la stessa Regione, sia per le Amministrazioni comunali.
Per Legambiente la programmazione regionale, così come la pianificazione delle azioni previste nei vari comuni, sarà più efficace se costruita tramite un percorso partecipato, in cui i portatori di interesse siano consultati attraverso un confronto attivo e continuativo nel tempo. “Per questo proponiamo alla Regione Piemonte di attivare un tavolo permanente sul tema della qualità dell'aria, di cui facciano parte le città con più di 20.000 abitanti, i comuni a loro limitrofi e quelli in cui si evidenzia il superamento di uno o più valori limite aumentati del margine di tolleranza; l'Arpa e le Associazioni ambientaliste e impegnate sui temi della mobilità sostenibile”.
L’associazione ha poi indicato quelli che dovrebbero essere i campi d’azione principali delle politiche antismog dei prossimi anni. Per Legambiente la vera sfida per combattere lo smog si gioca nelle città, a partire dalla fonte principale: i trasporti e la mobilità urbana. La riduzione del parco auto circolante deve essere l'obiettivo principale da porsi: “Per muoversi in modo sostenibile dentro le città è indispensabile progettare i nuovi spazi urbani e riadattare quelli esistenti in modo che siano facilitati gli spostamenti a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici. Devono replicarsi in modo capillare le zone 30 nelle aree residenziali (concepite con le caratteristiche europee), estendendo inoltre il limite dei 30 km orari in tutto il territorio cittadino ad eccezione delle grandi vie di scorrimento. Vanno previste delle congestion charge zone al fine di limitare il traffico veicolare privato e reperire risorse economiche da destinare al trasporto pubblico. Vanno aumentati i posteggi per le biciclette, soprattutto nei luoghi di interscambio con i mezzi di trasporti utilizzati dai pendolari, così come vanno costruiti e resi appetibili i posteggi di interscambio alle porte della città”.
Per reperire le risorse necessarie, il piano regionale dovrebbe inserire l'obbligo di destinare alla mobilità ciclabile almeno il 15% dei proventi delle multe destinati alla sicurezza stradale (del 50% previsto per legge e deliberato dai Comuni) e almeno il 10% dei proventi delle sanzioni ad interventi di moderazione del traffico. Le amministrazioni comunali dovrebbero inoltre essere obbligate dal piano regionale ad aggiornare costantemente i propri Pums (Piani urbani della mobilità sostenibile).
“Nel chiedere uno sforzo ai cittadini affinché cambino le loro abitudini di spostamento – si sottolinea nel documento di Legambiente - è indispensabile un incremento dell'offerta dei mezzi pubblici, che hanno visto in questi anni una sostanziale riduzione in termini di risorse e di offerta, sia a livello urbano che extraurbano. Non c'è bisogno di grandi opere molto impattanti per il territorio, molto costose e dalla dubbia utilità, è necessario invece tornare ad investire sul trasporto pubblico per i pendolari, a partire da quello ferroviario, utilizzato quotidianamente da migliaia di persone. In Piemonte dal 2010 ad oggi sono stati effettuati tagli complessivi del 7,5% al servizio e sono state soppresse ben 14 linee; la conseguenza è che ci sono 33 mila persone in meno ogni giorno sui treni piemontesi. Anche in periodo di crisi economica il problema non è l'assenza di risorse ma la loro allocazione: l'investimento regionale per il trasporto ferroviario regionale è pari allo 0,4% del bilancio, mentre dovrebbe essere almeno del 5% e mentre continua ad essere carente l'offerta dei mezzi pubblici si continua ad investire in grandi opere, strade e autostrade. Questa tendenza va assolutamente invertita”.
Anche il settore energetico e di gestione del calore secondo Legambiente può dare un contributo significativo alla riduzione dell'inquinamento in Piemonte: “L'energia solare e le altre fonti energetiche rinnovabili che non prevedono la combustione possono sostituire gli impianti esistenti di produzione energetica o di calore attualmente esistenti, contribuendo al miglioramento della qualità dell'aria. Altrettanto sforzo va poi fatto nella direzione della rigenerazione urbana, per far sì che i tantissimi edifici attualmente poco performanti dal punto di vista dell'efficienza energetica vengano riqualificati, così che venga diminuito il loro fabbisogno energetico per il consumo di energia elettrica e per il riscaldamento/raffrescamento”.
Per Legambiente il Piano dovrebbe inoltre prevedere misure e azioni specifiche per tutelare e potenziare il verde in città, collegando tra loro le aree verdi, in modo tale che si realizzi una vera e propria maglia ecologica urbana connessa alle aree agricole periurbane. Altrettanta attenzione dovrà essere data inoltre al tema dell'agricoltura e a quali misure mettere in campo affinché anche questo settore, spesso trascurato da questo punto di vista, sia più sostenibile. Un esempio è la vecchia pratica agricola dell’abbruciamento delle stoppie del riso, e più in generale dei residui vegetali, che non andrebbe più consentita laddove vengono superati i limiti di inquinamento previsti per legge. Questa vecchia abitudine dovrebbe essere definitivamente archiviata a favore dell’interramento delle stoppie, pratica ormai messa in atto dalla maggior parte delle aziende risicole con benefici sia ambientali che agronomici; mentre i residui vegetali possono utilmente essere compostati a livello domestico o in appositi centri di raccolta.
Il documento integrale di Legambiente è scaricabile qui: http://bit.ly/1EMWsSz