di Gabriella Sanlorenzo.
L'art. 31 del Piano Territoriale Regionale è stato il tema portante dell'incontro che si è tenuto ad Asti il 26 marzo scorso presso la ex sala consiliare del Municipio. L'evento ha portato ad Asti studiosi e professionisti che hanno presentato interessanti interventi in materia di pianificazione urbanistica.
Sul sito di AltritAsti saranno visibili a breve i video di ciascun intervento della serata. Vorrei però sottolineare alcuni passaggi – taluni riportati testualmente - di maggiore importanza ...
Una lunga e non scontata serie di saluti dei rappresentanti delle autorità e delle associazioni ambientaliste organizzatrici ha introdotto l'incontro, seguita quindi dalla proiezione del commovente discorso di Papa Francesco tenuto nel febbraio scorso, di cui AltritAsti ha pubblicato il contenuto la scorsa settimana. Quindi la parola è passata all'attrice Lorenza Zambon che ha letto con la sua solita "verve" il lungo ed importante articolo 31 del Piano Territoriale Regionale.
Gli interventi tecnici sono stati introdotti dall'architetto Mauro Giudice, della giunta esecutiva nazionale dell'Istituto Nazionale di Urbanistica. Giudice ha ricordato che già dal 1977, con la Legge Regionale 56 (legge Astengo), in Piemonte si era iniziato a parlare della "tutela dell'uso del suolo", principio che viene rimarcato con la L.R. 3/2015. Il Piano Territoriale Regionale, in vigore dal 2011, ha senz'altro avuto il merito di sottolineare ulteriormente la necessità di salvaguardare l'ambiente con un'attenzione particolare alla pianificazione locale. Si legge infatti sulla norma: “I nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali possono prevedersi solo quando sia dimostrata l'inesistenza di alternative di riuso e di riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti. In particolare è da dimostrarsi l'effettiva domanda previa valutazione del patrimonio edilizio esistente e non utilizzato, di quello sotto – utilizzato e di quello da recuperare”.
Il problema principale di questa norma è che dà indirizzi e direttive e non prescrizioni la cui mancata osservanza potrebbe portare a sanzioni. Sta infatti alle altre amministrazioni (province, in primis, che tra l'altro non ci sono più...) a dover recepire gli indirizzi e le direttive stabilite dal PTR. Giudice ha informato quindi che in Piemonte l'unica provincia che ha agito per andare incontro alle indicazioni del PTR è stata quella di Torino e ha infine affermato l'importanza di iniziare a parlare di m² nei Piani Regolatori, anziché di m³, come si è fatto finora.
L'architetto Giovanni Paludi, della Direzione Ambiente, Governo e tutela Territorio della Regione Piemonte, ha illustrato le modalità ed i casi di applicazione dell'art. 31 nel governo delle trasformazioni territoriali, rendendo noto che negli anni '90 le richieste medie di ampliamento dell'edificabile nei piani regolatori riguardavano aumenti del 20% della superficie comunale, mentre ora un piano regolatore difficilmente propone aumenti che vanno oltre il 10 %. L'art. 31 fissa invece un aumento massimo del 3%.
Paludi ritiene di grande importanza che, a lato della normativa che si sta orientando sempre più attentamente a politiche sulla riduzione del consumo di suolo, si creino anche movimenti dal basso che sensibilizzino sulla tematica. Paludi ha inoltre ricordato che, seppur non prescrittive, le direttive espresse dal PTR devono comunque essere recepite dagli strumenti urbanistici. E' stato realizzato dalla Regione Piemonte il Progetto Rurbance per costituire una serie di linee guida per permettere la compensazione dell'uso del suolo con un aumento della naturalità con riqualificazione dell'ambiente, come richiesto dall'art. 31.
Altro aspetto su cui hanno approfondito il lavoro in Regione è il monitoraggio dell'uso del suolo. Uscirà presto il reportage sulla analisi del periodo più recente. Un fatto positivo che è stato riscontrato ultimamente è che dai Piani Regolatori di molti Comuni vengono eliminate sempre più spesso le aree edificabili, anche per evitare ai cittadini il pagamento di tasse superflue.
L'assessore all'Urbanistica del Comune di Asti, avvocato Davide Arri, ha sostenuto la bontà delle scelte dell'amministrazione di cui fa parte, in quanto con la variante 31, è stata ridotta la superficie di nuovo impianto di 292.000 m², anche perché sollecitata da ben 134 osservazioni alla variante stessa. Ha sostenuto anche l'importanza di incentivare il riuso del già costruito. Purtroppo da parte sua e degli altri rappresentanti del Comune che sono intervenuti (l'architetto Filippo Cornero – presidente della commissione urbanistica - e il sindaco stesso, che ha fatto un rapido saluto ai convenuti) non è stata data neanche in quest'occasione alcuna risposta alle richieste del Movimento Stop al Consumo di territorio e delle quasi 2.000 persone che hanno firmato lo scorso anno la petizione in cui, tra le altre cose, già si chiedeva di applicare gli artt. 31 e 32 del piano territoriale regionale.
Il dottor Gabriele Bovo ha poi portato l'esperienza della provincia di Torino, unico Ente che ha aderito al dettato del PTR, raccontando di come il Piano Territoriale Provinciale presenti delle prescrizioni che sono cogenti rispetto tutti i Piani Regolatori dei Comuni della attuale città metropolitana.
L'architetto Fabio Minucci, del Politecnico di Torino, dal canto suo ha sostenuto l'importanza di creare una cultura che responsabilizzi tutti ed ha affermato che per arrivare a questo occorre modificare la normativa italiana e pretendere che la V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica) sia fatta nei suoi tre aspetti: Ambientale, Economica e Sociale. In Italia infatti non si valuta l'aspetto economico, ma si effettua solo la V.I.A. (Valutazione d'Impatto Ambientale). Se si sapesse quanto si spende, la collettività saprebbe e sarebbe responsabilizzata.
Ha chiuso i lavori il professor Bruno Giau, già preside della Facoltà di Agraria di Torino, presidente del Centro Studi per lo Sviluppo Rurale della Collina, Università di Torino, con un ragionamento di tipo economico ma non solo. Giau ha detto infatti che in questa materia ogni approccio monetario risulta sbagliato e deviante. Infatti se si tiene conto solo dei beni apprezzati dal mercato anche il più fertile terreno agrario risulta meno attrattivo rispetto all'utilizzo del suolo rispetto a gran parte degli impieghi non agricoli in termini di ricchezza prodotta e di manodopera impiegata. Quindi bisogna tentare di andare oltre i classici ragionamenti economici, soprattutto trattando della difesa di un bene non rinnovabile quale è il suolo fertile, ed avvalersi di una "convinta e diffusa volontà, fondata sulla condivisione di comuni valori culturali e sorretta da norme prescrittive", in sintonia con la "nuova economia civile" richiamata dalla professoressa Laurana Lajolo.
Videoregistrazione dell'intervento dell'Architetto Mauro Giudice: https://www.youtube.com/watch?v=qzbxxrbeVTc