di Gianfranco Miroglio.
Settimana scorsa su La Stampa, titolo a tutta pagina, foto di luoghi e di volti.
Oggetto: tiro a volo e dintorni.
Poi il senso – mimetizzato tra righe e capoversi - di un grande rammarico.
Refrain sottotraccia: ”Che peccato!” ...
Nell’ordine:
che peccato che il tiro a volo-gioiello sia costretto a chiuder bottega;
che peccato che sul prato appena tagliato e sulle linde pedane non ci scorrazzi, non ci giochi e non ci spari nessuno;
che peccato che la zona sia un sito di interesse comunitario (acronimo SIC, …traduzione subliminale sigh!);
che peccato che, nel SIC, ci siano specie protette per legge;
che peccato che, negli stagni del SIC, nonostante ogni aggressione possibile, da anni ci abitino, stabili, famiglie rare di uccelli;
che peccato che ci siano norme, europee, italiane, di buon senso e buon gusto;… e poi che peccato e che assurda fatica doverle rispettare;
che peccato che il “gioiellino” si sia ampliato negli anni (… forse anche a furia di abusi e/o condoni e non solo, …ma su questo l’articolo tace);
che peccato che ci sia la Forestale che, date le leggi vigenti, sia comparsa – pensa un po’ – addirittura Natale, sottraendo il giocattolo ai volenterosi presenti e imponendo pesanti sanzioni per inquinamento diffuso da piombo;
che peccato che il piombo inquini le acque e le falde;
che peccato che, per una innocente, piccola svista, in passato e per anni, la bonifica dovuta per legge, non l’abbia fatta nessuno;
che peccato che ci sia un fiume a 102 metri dalle buche di tiro;
che peccato non poterlo spostare (il fiume) di quarantotto metri e metter così a posto le cose;
che peccato che i controllori di turno non si siano accorti come i volenterosi presenti sparassero sempre dando spalle al corso del Tanaro;
che peccato, però, che anche agli stagni, ai terreni, agli arbusti, alle piante, e – udite! – perfino ai cristiani, il piombo ed affini non facciano poi così bene;
poi ancora e per chiudere in gloria: che peccato la vecchia gestione,… che peccato il mucchio di debiti, ….che peccato dover vender agli zingari.
E voilà.
Nonostante, per costume, io mi imponga rispetto per i disagi degli altri, l’impressione mia, questa volta - da quel Biancaneve che sono – è che al grande rammarico si sostituisca, alla fine, un bel ricatto amministrativo/emotivo.
Quel che, invece, mi spiace davvero è che nel pezzo si preferisca raccontare soltanto gli interessi di pochi, subordinando ad essi, come purtroppo accade di prassi, il bene comune.