A cura del Movimento Stop al Consumo di Territorio Astigiano.
Lunedì 10 febbraio, alle ore 20,45 al Centro Culturale San Secondo di Asti (via Carducci 22/24) il Movimento Stop al Consumo di Territorio e la Rete delle 934 organizzazioni che compongono il Forum nazionale Salviamo il Paesaggio organizzano un incontro-dibattito pubblico per ragionare del futuro della città di Asti e dell'intera sua provincia prendendo in esame, in particolare, due progetti che da tempo si affacciano alle possibili trasformazioni urbanistiche cittadine: "Agrivillage" ad ovest e la "Porta del Monferrato, delle Langhe e del Roero" ad Est di Asti ...
Crediamo siano note a tutti le nostre critiche ad entrambe le proposte, per una serie di motivi che saranno oggetto di analisi più dettagliate, durante la serata, da parte di alcuni soggetti che abbiamo voluto coinvolgere in questo dibattito e che appartengono alle categorie economiche e professionali del nostro tessuto locale.
Ci soffermeremo in particolare sul progetto Agrivillage, poichè le valutazioni della maggioranza consiliare ci paiono oggi propendere verso una autorizzazione e, dunque, più necessario ed urgente ci pare un esame della proposta che metta in luce gli aspetti maggiormente critici e ponga questioni sostanziali che consentano un riesame attento da parte dell'amministrazione comunale.
Il progetto Agrivillage significa la nuova costruzione in Val Rilate, ad ovest della città e addirittura a vista dal sagrato della chiesa di Viatosto, di un "finto borgo monferrino" che si estenderebbe su un'area di circa 180 mila metri quadri dove attualmente si vedono prati e tipiche cascine piemontesi, pur trattandosi di una zona prevista - dal vigente attuale piano regolatore - come area di espansione produttiva.
Prevede un centro espositivo permanente di prodotti della filiera agroalimentare che possa essere alternativamente un luogo di cultura alimentare, un cash & carry del prodotto tipico, un grande mercato di vendita diretta dal produttore al consumatore, con aule didattiche, spazi per l'ospitalità e la ricettività (cioè ristoranti, bar, alberghi ...) che coprirebbero 30 mila metri quadri di superficie, con un investimento privato di circa 50 milioni di euro.
Lo definiamo "finto borgo monferrino" perchè avrebbe la tipologia tipica delle cascine e dei centri urbani di paesi rurali piemontesi, con piazzette e centri di aggregazione, torri e punti di osservazione panoramici (si ipotizza una torre Troyana in miniatura ...), spazi ludici per bimbi, spazi di riposo, spazi a verde, aree per la logistica, la viabilità e la manovra, per il parcheggio per auto e pullman.
Gli spazi di commercio sarebbero delle botteghe, le logistiche climatizzate ricorderebbero le vecchie stalle e i depositi di attrezzi e di macchine agricole, lo spazio bimbi prevederebbe una piccola fattoria con l’aia, l’orto ed un piccolo frutteto.
Gli spazi per l’ospitalità seguirebbero le regole dell’albergo diffuso e sfrutterebbero i secondi piani e le torri che, in stile con la tradizione dell’architettura dell’astigiano, caratterizzerebbero il nuovo villaggio.
Un outlet del gusto, insomma ... che la società proponente considera come un "format" e sta tentando di realizzare non solo ad Asti ma anche in altre cinque città italiane, con il medesimo progetto e con identiche perplessità da parte dei cittadini di quelle zone.
Vogliamo prima di tutto sottolineare l'assurdità di un progetto che pretende di mettere a disposizione direttamente ai produttori 200 piccole botteghe, quando si sa che più del 90% delle aziende agricole dell'astigiano sono ditte individuali, il che significa che sono prevalentemente ad organizzazione famigliare: e quindi, come potrebbero trovare le risorse per gestire direttamente questi punti vendita ?
Il progetto prevede poi, nelle "finte cascine", aule didattiche per mostrare alle scolaresche l' ”autentica” vita di campagna. Capirete già da questo ossimoro che si tratta di un'idea poco felice, per di più in una provincia che vanta la presenza di una trentina di "verissime" fattorie didattiche, non costruite col cartongesso.
E ancora, nell'astigiano abbiamo circa 190 aziende agrituristiche, che svolgono attività di accoglienza, ristorazione, degustazione, vendita diretta, equitazione, appunto fattoria didattica: vogliamo ignorarle o piuttosto valorizzarle nella loro autenticità ?
Noi crediamo che se davvero vogliamo promuovere e valorizzare il nostro territorio, dobbiamo fare perno sull'autenticità della nostra offerta e non sull'omologazione. Dobbiamo essere capaci di promuovere il turismo dei borghi, delle piccole produzioni di nicchia, dell'accoglienza vera. E per questo ospiteremo il 10 febbraio alcune proposte nate all'interno della nostre ampia rete locale, che ci piace considerare come "l'opposto dell'Agrivillage"; proposte che parlano di produzioni agricole locali abbinate ad un nuovo utilizzo del Festival delle Sagre, della identificazione di un marchio territoriale del tipico Monferrato, della diffusione di una rete di economia solidale e sostenibile astigiana, basata non sulla competitività ma sulla condivisione.
E non crediamo che la ricaduta occupazionale che i proponenti del progetto Agrivillage agitano come rimedio alle crisi economiche odierne (400 o 500 o 600 nuovi assunti potenziali) debba essere considerata credibile: infatti uno studio della CGIA di Mestre ha dimostrato che, negli ultimi anni, per ogni lavoratore che ha trovato un’occupazione nei centri commerciali, si sono persi ben 6 posti di lavoro tra i piccoli negozianti.
La nuova occupazione potenzialmente assorbile dall'Agrivillage corrisponderebbe insomma a negozi, ristoranti e attività connesse già operanti in città e provincia destinate inesorabilmente alla chiusura ...
E la città di Asti ha un centro storico da rianimare e non da desertificare !
La “Porta del Monferrato, delle Langhe e del Roero” è invece un ambizioso progetto imprenditoriale finalizzato alla costruzione di un grande polo multifunzionale turistico e commerciale, che si definisce rivolto alla "promozione del territorio", utilizzando aree in prossimità dello stabilimento Ages, dunque ad est della città, con la richiesta possibilità di accesso diretto anche dall’autostrada Torino-Piacenza.
Viene definito un "hub piemontese in grado di fungere da centro di raccolta dei turisti diretti ai territori delle Langhe, del Roero e del Monferrato".
Parliamo di una struttura ricettiva che prevede un albergo da circa 120 camere, beauty farm, ristoranti, centro congressi, strutture commerciali di varia grandezza (alimentari e non), un maxi distributore di benzina e di servizi per gli automobilisti, un centro di accoglienza e di organizzazione turistica e diversi spazi espositivi di prodotti dell'eccellenza locale.
Il polo occuperebbe circa 50 mila mq (di cui 16 mila coperti) a cavallo tra l’A21, la tangenziale Est della città e corso Alessandria. Ammonterebbero a circa 5 milioni di euro gli oneri di urbanizzazione e altri contributi previsti nell’eventuale costruzione, con un investimento privato previsto pari a circa 60 milioni di euro e una ricaduta occupazionale che oscilla tra i 300 e i 600 addetti.
Si tratta di un investimento cospicuo, il cui ritorno economico può derivare solo dalla presenza di un - ennesimo - centro commerciale.
Diciamolo pure: un nuovo grande supermercato ...
Ma Asti di strutture commerciali simili ne ha già fin troppe e un nuovo insediamento di queste proporzioni non farebbe altro che far migrare clientela da quelle già esistenti.
Infatti il dibattito attualmente in corso tra i proponenti e l'amministrazione comunale verte proprio su questo punto: se la Porta del Monferrato potrà avere o meno un doppio accesso, cioè dall'autostrada e contemporaneamente dalla città.
Ma secondo noi le due situazioni non differirebbero di molto in termini di "devastazione" ulteriore del territorio, certamente modificherebbero di parecchio l'obiettivo economico da parte dei proponenti ...
I due progetti, come avrete intuito, disegnano un nuovo volto di Asti.
Ma non è questa la città del futuro che vogliamo e non è questa la vera opportunità per dare una rosea prospettiva al nostro tessuto sociale, abitato ed economico.
L'Expo 2015 è alle porte. E nel 2015 ci saranno anche le celebrazioni del bicentenario della nascita di Don Bosco. E, forse, l'agognato riconoscimento Unesco del nostro territorio come patrimonio dell'umanità: abbiamo chance in quantità per costruire su queste opportunità non nuovi insediamenti commerciali, ma una nuova dimensione dell'astigiano.
Autentico.
Vero.
Accogliente.
Ma dobbiamo crederci e, soprattutto, tirarci su le maniche e non commettere sbagli !
E' di questi giorni la notizia della prossima costruzione di un ulteriore supermercato in corso Casale di cui, a nostro avviso, la città non ha assolutamente bisogno !
Modera: Sergio Miravalle, giornalista e direttore della rivista "Astigiani"
Tra i molti INTERVENTI previsti (il programma della serata è in corso di definizione), segnaliamo le relazioni di:
Roberto Burdese, presidente nazionale Slow Food
Stefano Chiarlo, presidente Strada del Vino Astesana
Gianni Cavallero, presidente Federazione Interregionale Architetti PPC del Piemonte e Valle d'Aosta
Marco Pesce, coordinatore della commissione cultura dell'Ordine Architetti della provincia di Asti
Mauro Ardissone, presidente Confesercenti Asti
Alessandro Durando e Mario Porta, presidente e direttore della CIA Asti (Confederazione Italiana Agricoltori)
Luigi Franco, Responsabile Area Economica della Coldiretti Asti
Massimo Longo, Tecnologo alimentare
Un portavoce della costituenda R.E.S.S.A. (Rete di Economia Solidale e Sostenibile Astigiana)
Giovanni Currado, Architetto trasportista
Anna Oliva, rappresentante del Comitato Commercianti di Corso Dante
Seguirà ampio dibattito con interventi del pubblico e degli Amministratori invitati.