A cosa serve manifestare per la Pace? E non manifestare?

Intervista a Simona Franzino e Domenico Massano, a cura di Daniela Grassi.

La breve intervista che segue nasce dal desiderio e dal bisogno di condividere con due amici, Simona Franzino e Domenico Massano, alcuni pensieri espressi attraverso domande che in parte vengono poste anche a me. Mi interessava ascoltarne le risposte da persone con convinzioni precise su cosa significano i diritti umani e su cosa si può fare per ottenerli e salvaguardarli, in un momento storico sconcertante che al contrario sembra spesso aver rimosso il significato di “umano”.
Simona è la rappresentante astigiana di Amnesty International, Domenico il coordinatore della rete di associazioni Welcoming Asti, entrambi fanno parte dell’associazione “Passi solidali” (associazione di volontariato e difesa dei diritti sanitari) e sono convinti attivisti nonviolenti. Ho voluto porre ad entrambi queste domande al loro ritorno dall’ultima “Grande Maraude solidaire”, che si è svolta nello scorso fine settimana, perché mi è parso che questa manifestazione sia un momento particolarmente adatto per riflettere su certi temi. Cos’è la “Grande Maraude solidaire” ve lo spiegano Simona e Domenico...

Sabato 16 marzo, avete partecipato, come altre volte, alla “Grande Maraude solidaire”, ormai alla sua sesta edizione. Che cosa è e perché si organizza?
Come negli scorsi anni eravamo sulla frontiera italo-francese tra Claviere e Monginevro insieme a diverse associazioni e a centinaia di altre persone perché, di fronte ad una situazione sempre più preoccupante e che non accenna a migliorare, è importante continuare a chiedere, come recita l’appello dell’iniziativa, “la fine della militarizzazione del confine e per affermare la nostra determinazione a resistere alle politiche migratorie repressive, discriminatorie e xenofobe. Di fronte agli attacchi senza precedenti ai diritti delle persone in esilio, affermiamo che sono possibili altre politiche migratorie, basate sull’accoglienza e l’integrazione, sul rispetto dei diritti e della dignità delle persone”.
Anche quest’anno si è prima svolto, dalle 18.00, il corteo partito da Monginevro fino alla frontiera dove si son tenuti diversi interventi. Poi, dopo il momento di ristoro collettivo all’aperto con zuppa, pane, formaggio e bevande calde, verso le 22.00 ci si è avviati nei sentieri innevati percorsi dalle persone migranti che cercano di attraversare quotidianamente il confine tra mille pericoli, replicando quanto ogni notte fanno i marauder francesi, attivist* che durante la notte pattugliano i sentieri battuti dalle persone in movimento per portare soccorso a chi è in difficoltà e a rischio della vita.
I luoghi e lo spirito dell’iniziativa sono ben descritti nel docufilm “The Milky Way”, che ne aveva seguita una delle prime edizioni.
Quest’anno, inoltre, per noi la partecipazione ha assunto anche un ulteriore valore, visto che da alcuni mesi incontriamo i volti e le storie delle persone migranti che si apprestano ad attraversare il confine o che sono stati respinti, presso il rifugio Massi a Oulx in cui prestiamo servizio volontario con l’associazione Passi Solidali. Vogliamo ricordare che tra i partecipanti alla manifestazione c’era anche Cedric Herrou, l’agricoltore francese denunciato per aver aiutato i migranti al confine, e poi assolto dal Consiglio Costituzionale francese perché la solidarietà non può essere reato. Il docufilm Libre racconta la sua storia.
 
Spesso, anche quando in altre occasioni si partecipa a manifestazioni in difesa dei diritti (vedi semplicemente i presidi di Welcoming Asti), mi sento chiedere: ma a cosa serve? Potete darmi la vostra risposta?
Ci chiediamo, piuttosto, a cosa serva “non manifestare” in un momento in cui assistiamo ad un progressivo deterioramento dello stato di salute delle nostre democrazie (e al rischio di compressione delle nostre libertà).
Ci chiediamo a cosa serva “non manifestare” di fronte ad un moltiplicarsi delle ingiustizie e delle violazioni dei diritti umani.
Ci chiediamo a cosa serva “non manifestare” di fronte ad una grave emorragia di umanità e a una crescente indifferenza di fronte a tragedie ingiustificabili.
Ci chiediamo a cosa serva “non manifestare” in un contesto globale che sa solo più parlare il linguaggio delle armi, dello scontro, della violenza, della discriminazione e della prevaricazione.
L’evidenza della necessità e dell’utilità di manifestare, finché è ancora possibile farlo, per un mondo più giusto, solidale ed umano, ci sembrano chiare. Il chiedere a cosa serva farlo ci sembra una domanda retorica che spesso pone chi cerca di giustificare la propria indifferenza.
 
Che cosa resta in voi dopo aver partecipato a questa e ad altre esperienze simili? E che cosa cambia nel tempo, perdete fiducia nella politica, nelle istituzioni, nell'umano, oppure ne acquisite, almeno per alcuni di questi aspetti?
Anche quest’anno, come nelle edizioni precedenti, la partecipazione alla Maraude Solidaire è stato per noi occasione di riflessione e testimonianza, nella consapevolezza del dramma che tutti i giorni dell’anno le persone migranti vivono sulle frontiere, lungo pericolosi sentieri in cui sofferenze, lacrime e paure si mescolano alle speranze di vita e di futuro. È stata anche occasione per denunciare le violenze e le violazioni dei diritti che si consumano su tutte le frontiere ed incontrare ed affiancare le persone solidali che, nonostante la criminalizzazione della loro solidarietà, si alternano tutte le notti per portare aiuto e sostegno.
La fiducia si costruisce nell’affrontare le ingiustizie e le contraddizioni che la realtà delle frontiere, come quella delle guerre, delle discriminazioni, delle ingiustizie sociali, fanno toccare con mano. Continuare ad incontrare le persone, i loro volti e le loro storie, continuare a costruire relazioni e a “resistere a braccia aperte” insieme ai tanti solidali che si incontrano lungo il cammino della vita, ci aiuta ad alzare gli occhi e scorgere con lo sguardo un orizzonte di speranza, mentre cerchiamo di portare il nostro piccolo contributo per un mondo più giusto ed umano per tutte e tutti.

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