Terzo incontro del corso di Libera Asti.
«Se non li chiamiamo profughi o clandestini ma solo esseri umani, capiamo che la cosa ci riguarda. La vita umana come l’opera d’arte va protetta». Così si esprime l’artista Jago, autore della scultura «Marmo italiano» che rappresenta un migrante sofferente disteso su un fianco. L’opera, esposta a Roma sul ponte di Castel Sant’Angelo, è stata ripetutamente sfregiata: un destino simile a quello dei tanti migranti che non vedono riconosciuta la loro umanità...
La scultura è stata scelta come immagine simbolo del Corso e il video sulla sua storia ha introdotto il terzo e ultimo incontro dedicato alla tratta degli esseri umani.
La definizione di clandestino è fuorviante e riduttiva, in quanto riduce l’essere umano a una caratteristica del suo essere e crea pregiudizi che non predispongono all’accoglienza. Lo sottolinea l’avvocato Alberto Pasquero, docente di Diritto internazionale umanitario all’università di Milano, che presenta le politiche di gestione dei flussi migratori in Italia e in Europa, diventate negli ultimi anni sempre più restrittive e repressive.
Le politiche migratorie dei governi non possono però prescindere dalla tutela dei diritti fondamentali dell’uomo garantiti dal Consiglio d’Europa e dalla Convenzione europea (CEDU), strumenti voluti dagli stati europei nel secondo dopoguerra perché non si ripetessero le atrocità della guerra.
L’avvocata Ivana Roagna, con una lunga esperienza nel settore del diritto degli stranieri, paragona il Diritto dei diritti umani allo strato di ozono che ci circonda e ci protegge: gli individui, i gruppi, possono salvaguardare la propria dignità, denunciare la violazione dei diritti da parte dello stato e ottenere giustizia.
Vi è una contraddizione evidente tra una legislazione avanzata e le politiche di respingimento. Luca Rondi, operatore del gruppo Abele di Torino, osserva che si è affermata una retorica dei trafficanti, su cui si costruiscono intere politiche migratorie, che non corrisponde alla realtà, più variegata e complessa di come si racconta. Un esempio: nell’immigrazione clandestina via mare abbiamo sempre più casi in cui il capitano della barca ha lo stesso profilo, dal punto di vista della vulnerabilità, delle altre persone migranti presenti nella barca.
Molto si riesce a fare per le vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale grazie alla legislazione vigente, che prevede la possibilità di rilascio di uno speciale permesso di soggiorno allo straniero sottoposto a violenza o a grave sfruttamento. Chi entra in un percorso di recupero ha un'altissima possibilità di salvarsi. Ce lo racconta Alberto Mossino, coordinatore del PIAM (Progetto Integrazione Accoglienza Migranti) che da quasi 20 anni si batte per offrire alle ragazze costrette a prostituirsi un futuro differente e un completo inserimento nel contesto sociale.
Il Coordinamento di Libera Asti ringrazia insegnanti, studenti, cittadini, rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell'ordine per la partecipazione alla formazione e per la condivisione dell’impegno educativo contro le mafie, le violenze, le diseguaglianze.