Gaza, l'ultima tragedia

di Alessandro Berruti, Di-Svi.
ImageSami e Paola sono arrivati alla sala del municipio di Asti insieme.
E la prima cosa che hanno mostrato a Vincenzo, pieni di soddisfazione, è un libricino fotografico intitolato “Occupazione” stampato dalle loro organizzazioni (insieme): il Comitato Solidarietà con la Palestina e la Rete Ebrei contro l’occupazione.
Sami Hallac, è nato a Gerusalemme Est e vive in Italia da molti anni. Paola Cannaruto, di origine ebrea, fa parte di una movimento che rivendica una “pace giusta” ...

Vincenzo D’Amore fa il medico ad Alba, ma ogni tre mesi visita i “territori occupati”, cioè la Cisgiordania, dove verifica i progetti di sostegno sanitario della ong Di-Svi.
Sono i tre testimoni che durante la serata organizzata dai pacifisti astigiani, il 22 gennaio, hanno permesso a un pubblico numeroso di provare a capirci qualcosa di più sull’attacco di Israele a Gaza, l’ultima “guerra asimmetrica”, che ha fatto appena capolino sui nostri schermi televisivi a Natale.

L’attacco di Israele è durato quattro settimane e secondo le prima stime, come ha spiegato Hallac, si parla già sul fronte palestinese di 1.300 morti, 4 mila feriti, danni incalcolabili alle strutture civili (scuole, ospedali, strade). «Se fate le proporzioni – ha detto Hallac – e pensate che la popolazione della striscia di Gaza sono un milione e mezzo di persone chiuse in un territorio largo 10 chilometri e lungo 60, è come se fossero stati colpiti 50 mila italiani in 20 giorni».
Da Gaza ufficialmente Israele si è ritirato nel 2005, ma da allora i confini sono sigillati dall’esercito (e non da una forza multinazionale come affermavano gli accordi di pace del ‘93): nessuno può recarsi in Egitto, i 30 mila palestinesi che facevano i pendolari lavorando a Tel Aviv hanno perso il lavoro, verso il Mediterraneo non ci si può avventurare, perché è proibito andare oltre tre miglia dalla costa. In un contesto senza sbocchi la gente sopravvive con mille espedienti, anche grazie agli aiuti umanitari internazionali, e nel 2006 sceglie di farsi governare da Hamas, un “movimento politico per la resistenza palestinese e non terrorista”, secondo Hallac.
I famosi razzi che da Gaza venivano lanciati verso i villaggi israeliani più vicini, avrebbero fatto in sette anni solo 13 vittime e dunque,  ha sottolineato Sami Hallac, «il vero obiettivo di questo attacco era quello di distruggere la resistenza palestinese e far capire chi comanda».

E’ toccato poi a Vincenzo D’Amore portare il punto di vista di un cooperante alle prese con le “incredibili violazioni dei diritti umani che si vedono laggiù”.
Ha raccontato degli insediamenti coloniali israeliani, che continuano a crescere in Cisgiordania, dunque nel mezzo di quello che dovrebbe essere il futuro stato di Palestina, dell’impressione che fa quel muro di cemento armato, alto 10 metri, che taglia in due terre e popoli, e infine dei rischi che una pioggia di aiuti umanitari possa alimentare l’assistenzialismo e le divisioni.

Ma cosa pensano gli israeliani di tutto questo? «Il 90% degli israeliani di origine ebrea è favorevole a questo attacco», ha spiegato Paola Cannaruto. Colpa dei media che non informano correttamente l’opinione pubblica, del divieto per gli israeliani di incontrare i palestinesi, ma anche colpa di paure e ragioni storiche più profonde.
«Questa è una guerra in cui sono state usate armi proibite come il fosforo bianco, fatta per conquistare un territorio e distruggere i palestinesi – ha affermato Cannaruto – e Israele si copre dello sterminio per coprire i suoi atti».
La possibilità di criticare senza prendersi l’insulto di “antisemita”…
E’ un leit-motiv ricorrente durante la serata: in molti hanno ribadito il diritto di criticare un governo che ha violato 72 risoluzioni delle Nazioni Unite e dovrebbe rispondere all’Aja dei crimini di guerra commessi, senza doversi sentire dire che si è “contro gli ebrei”.

Ma cosa può fare un “cittadino qualunque” davanti a questo dramma, solo in apparenza lontano ?
Si possono boicottare i prodotti israeliani (codice a barre 729), cercare informazioni alternative su internet e viaggiare in Cisgiordania, per vedere la realtà con i propri occhi.
Le truppe israeliane si sono ormai ritirate da Gaza, i primi aiuti umanitari cominciano a fluire, ong e Nazioni Unite sono al lavoro per rimarginare le ferite, ma per il futuro cosa accadrà ?
Riusciranno a fiorire due stati indipendenti ? Sarà meglio creare una federazione ?
E la comunità internazionale, con la nuova presidenza di Obama, cambierà posizione nei confronti di una guerra che ha compiuto sessant’anni ?

Ci sarà mai un tribunale internazionale capace di sancire una pace equa, ripartendo torti e ragioni, risarcendo chi ha perso un famigliare in un attentato o a un posto di blocco e chi, con l’occupazione, si è visto sottrarre casa, terra e speranza ?

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